Piloti furiosi con la FIA: sarà “rivolta” negli Stati Uniti?

FIA Giappone

Credits: Red Bull Content Pool

L’episodio accaduto in Giappone con il mezzo di recupero in pista ha fatto, indubbiamente, infuriare i piloti: si attende una risposta dalla FIA, ma i piloti potrebbero farsi sentire al prossimo briefing

La FIA deve al più presto analizzare quanto accaduto in Giappone, affrontare il problema e fornire prontamente delle risposte. Comprensibilmente, i piloti hanno alzato la voce dopo aver visto un mezzo di recupero in pista, sotto regime di Safety Car, quando ancora alcune vetture si trovavano sul tracciato (poco dopo rientrate ai box causa bandiera rossa). È stato in particolare Pierre Gasly a sollevare la questione: dal suo onboard, che evidenzia la scarsa visibilità presente al momento, si nota che il veicolo avesse addirittura le luci spente e fosse davvero difficile da individuare.

Viste le condizioni di bagnato estremo e soprattutto visti i precedenti, sebbene la FIA abbia appuntato che il recupero di veicoli in regime di Safety Car sia prassi normale, non è possibile giustificare l’evento. Proprio a Suzuka, sotto la pioggia battente, a causa di una gru in zona pericolosa, Jules Bianchi ha subito il tragico incidente, risultato poi fatale, nel GP del Giappone del 2014. La Federazione non ha dunque scusanti e deve agire quanto prima. Sam Bird, pilota di Formula E, ritiene che i piloti ad Austin, nel consueto briefing del venerdì, saranno “in rivolta” e chiederanno risposte alla FIA.

Bird chiama, FIA risponde

Non vorrei essere uno dei funzionari o dei commissari ad Austin” ha detto Bird nel podcast “Chequered Flag” della BBC. “Perché tutti i piloti, all’unanimità, saranno furiosi per quello che è successo e perché è successo, chiedendo un cambiamento e affrontando il problema. Spero che la FIA rilasci una dichiarazione che affronti la questione e comunichi, perché se pensano che la penalizzazione di Pierre Gasly sia la fine della questione, allora si sbagliano di grosso. Perché credo che noi piloti, tutti i piloti che sono là fuori oggi e la comunità delle corse, meritino una risposta sul perché questa cosa sia successa oggi. Per quale motivo e cosa faranno per apportare cambiamenti per la sicurezza dei piloti in futuro”.

Il comunicato richiesto da Bird è poi arrivato. “Sebbene sia prassi normale recuperare le vetture in condizioni di Safety Car e bandiera rossa, a causa delle particolari circostanze e tenendo conto dei commenti di alcuni piloti, la FIA ha avviato una revisione approfondita degli eventi che hanno coinvolto l’impiego di veicoli di recupero durante il Gran Premio del Giappone. Questo fa parte della prassi comune di analisi di tutti gli incidenti di gara per garantire un continuo miglioramento dei processi e delle procedure”, così recita la dichiarazione rilasciata dalla Federazione. Ora bisogna solo attendere delle risposte concrete.

I piloti fanno bene ad essere arrabbiati

La Formula 1 non sarà mai uno sport sicuro al cento percento e i piloti lo sanno: quasi ogni fine settimana mettono a repentaglio la propria vita, ma si sa che per fare delle corse il proprio lavoro, si deve mettere in conto questo rischio. Però perché mai si dovrebbe aggiungere un elemento di pericolosità completamente innecessario? Domenica è stato commesso un grosso errore che non può essere nascosto come della polvere sotto un tappeto.

Jules rimane l’esempio più recente di un incidente mortale in Formula 1, ma la storia si sarebbe potuta ripetere. L’incidente di Bianchi ha portato tantissime novità nel Circus circa la sicurezza, alcune delle quali si sono rivelate preziosissime nel salvaguardare i piloti, vedesi l’Halo e incidenti come quello di Grosjean in Bahrain nel 2020 o quello di Zhou qualche mese fa, in Gran Bretagna. È dunque imperdonabile che, dopo tutto ciò che è stato fatto, si faccia un passo indietro clamoroso come a Suzuka. In certe condizioni è impensabile avere un veicolo come quello con le monoposto che, seppur a velocità ridotta, passano a fianco. Fortunatamente non ci sono state conseguenze, ma non sarebbe realistico se i piloti non cercassero chiarimenti al prossimo Gran Premio.