VIDEO Formula 1 | Classic Cars: McLaren MP4/4, l’asso nella manica di Ayrton Senna
Dopo tre appuntamenti di prova in cui ho sondato il terreno, la rubrica Classic mi ha messo di fronte ad un bivio: cambiare di nuovo argomento e cimentarmi in qualcosa di ancora differente, come le gare più belle di sempre…
Oppure proseguire su questa via, considerata la fotogallery della Lotus 98T ed il successivo video della Comparativa Motori in cui ho presentato i sound di ieri e di oggi?
Allora mi sono detto: “Facciamo un passo alla volta e proviamo a vedere cosa succede a continuare su questa strada…”.
https://www.youtube.com/watch?v=HNEjj5B3u-w&t=19s
Eccoci quindi al quarto appuntamento in cui ho deciso di portare in scena l’ultima capostipite dei motori turbo di Formula 1: si tratta della McLaren-Honda MP4/4, con la quale Ayrton Senna ha vinto il Mondiale nel 1988.
L‘origine del progetto di Gordon Murray e Steve Nichols risale tuttavia a due anni prima, quando nel 1986 l’ingegnere sudafricano portò alla luce la Brabham BT55: la vettura inglese voleva essere una macchina particolarmente competitiva sotto il profilo fluidodinamico, ma non riuscì nel proprio intento a causa della scarsa affidabilità e delle scarse prestazioni del motore BMW inclinato.
Il propulsore tedesco era un 4 cilindri in linea con la peculiarità di essere molto alto nel suo sviluppo: proprio il contrario di ciò che era richiesto per ottenere una monoposto filante e con la minima altezza da terra.
Al fine di ottenere un miglioramento aerodinamico, fu inclinato di 72° ma questa soluzione comportò gravi problemi di lubrificazione e di combustione, oltre ad essere del tutto sbilanciato per il centro di gravità dinamico posto sopra la linea di cintura della vettura.
A livello di prestazioni, in più, il motore BMW non era decisamente all’altezza della concorrenza a causa di una scarsa risposta all’acceleratore che produceva un ritardo nell’entrata in funzione della turbina di circa due secondi.
Nonostante ciò, la Brabham BT55 aveva nel suo mazzo delle carte importanti che furono poi utilizzate nei progetti McLaren MP4 degli anni successivi: secondo Gordon Murray utilizzare le linee della monoposto britannica avrebbe ridotto del 30% la sezione frontale il che, assieme alla già citata linea di cintura particolarmente bassa, avrebbe diminuito di conseguenza la resistenza all’avanzamento a tutto vantaggio della velocità di punta e dei consumi.
In aggiunta, un layout del genere avrebbe generato anche una maggiore massa d’aria in direzione dell’alettone posteriore, incrementando il carico aerodinamico sulle ruote motrici.
In soldoni? Maggiore trazione e velocità di percorrenza in curva.
Di fronte a tanto margine di sviluppo, nel 1987 l’ingegnere sudafricano fece da consulente a Steve Nichols, progettista della MP4/3 per la quale riprese ciò che c’era di buono della precedente MP4/2 di John Barnard: a parte il musetto, tutta la vettura venne riprogettata abbassando il centro di gravità e la linea di cintura, ma anche ridisegnando le fiancate con le prese d’aria di sfogo dei radiatori ai lati anziché sulla parte superiore.
La diretta conseguenza fu un abbassamento dell’altezza complessiva della monoposto, che tuttavia non si dimostrò comunque all’altezza della concorrenza a causa del motore: il TAG Porsche TTE PO1, un V6 con angolo tra le bancate dei cilindri di 80°, si dimostrò poco affidabile per via delle modifiche al regolamento che videro un abbassamento della capacità massima dei serbatoi da 220 a 195 litri e della restrizione della pressione di sovralimentazione, limitata a soli 4 bar.
Poi fu la volta della MP4/4: era il 1988 e le regole erano cambiate di nuovo, dal momento che si poteva scegliere tra i motori aspirati di 3500cc senza limiti di consumo oppure quelli turbocompressi (banditi dall’anno successivo) limitati a 1500cc di cilindrata con una pressione di sovralimentazione ulteriormente ridotta a 2,5 bar e serbatoi da 150 Litri per la distanza di gara.
Riservando la prima al 1989 per la successiva MP4/5, la McLaren optò per la seconda soluzione: durante l’inverno Ron Dennis riuscì a convincere la Honda a fornirgli i propri motori anziché proseguire la partnership con la Williams e così il nuovo progetto potè partire con un inedito V6 con angolo di bancata di 80°.
Si trattava dell’unità RA168E, un biturbo da circa 650 cavalli modificato per limitare al massimo il consumo di carburante e per sfruttare nel migliore dei modi la potenza ai medi regimi.
A livello di propulsore, fu l’unica monoposto progettata appositamente per gareggiare con un motore turbo, dal momento che tutte le altre scuderie avevano pensato di adattare ex vetture turbo con la tecnologia aspirata oppure di riutilizzare progetti vecchi dell’anno precedente.
Per quanto riguarda il layout, la modifica più tangibile fu sicuramente il muso, più slanciato e rastremato: venne ridotta ulteriormente la sezione frontale il che portò ad un incremento nelle dimensioni dell’alettone anteriore ed una riduzione dell’altezza da terra, adattamenti necessari per la nuova norma di collocare la pedaliera delle scocche di nuova concezione dietro l’asse delle ruote anteriori. Quest’innovazione ha donato alla MP4/4 anche un’altra caratteristica, ovvero la posizione di guida quasi sdraiata anziché seduta, che ha fatto da precursore a quelle che vediamo nelle monoposto di oggi.
Un’altra novità fu l’eliminazione delle prese d’aria delle turbine, perchè si pensava potessero creare dei vortici in grado di disturbare il flusso d’aria verso la superficie alare posteriore.
Nella fase pre-stagionale venne testato anche un sistema di sospensioni attive, poi abbandonato perchè ritenuto inaffidabile; inoltre, dal momento che la competitività fu subito ai massimi livelli, non furono previsti troppi “upgrade” come possibili evoluzioni durante il Campionato, tranne alcuni profili alari specifici per i circuiti rispettivamente da basso e da alto carico aerodinamico.
Passiamo al palmares sportivo: nei test pre-season di Imola la MP4/4 si rivelò subito un’arma estremamente vincente con al volante la coppia Alain Prost ed il neo-acquisto Ayrton Senna.
Il record del circuito venne abbattuto dopo pochi giri, a dimostrazione che la nuova monoposto britannica avrebbe fatto vedere i sorci verdi a tutti quanti una volta scesa in pista con le rivali.
Nella prima gara in Brasile il francese vinse al primo colpo, mentre il brasiliano, dopo aver conquistato la pole position, ruppe il cambio ancora prima di schierarsi sulla griglia e dovette partire con la monoposto muletto… per poi ottenere una squalifica perchè era vietato da regolamento.
Nonostante ciò, le indagini della FIA a fine gara rivelarono fondati i consumi bassissimi della McLaren, tant’è che nel serbatoio di Prost era rimasto addirittura un litro e mezzo di carburante precisamente segnalato dal computer di bordo.
Ciò che successe nel secondo GP sul circuito del Santerno fu la prova schiacciante della superiorità della MP4/4: Senna conquistò di nuovo la prima casella con uno stratosferico 1.27.148, seguito da Prost a sette decimi e dal Campione del Mondo in carica Nelson Piquet con la Lotus… a poco meno di tre secondi e mezzo di distacco.
Un gap riconfermato nella gara della domenica, in cui il duo McLaren-Honda, gli unici a girare costantemente sotto l’1.30, sbaragliò la concorrenza doppiando tutti entro la distanza stabilita dei 60 giri previsti.
Nell’arco della stagione le uniche difficoltà furono incontrate a Monaco, Monza e Silverstone.
Sul circuito cittadino di Montecarlo Ayrton Senna, dopo l’ennesima pole position con cui si era messo dietro Prost addirittura di 1.4 secondi, era davanti al compagno di squadra francese con un margine di oltre 50 secondi quando al giro 66 andò a sbattere contro le barriere di protezione della curva 8, la Portier prima del curvone a tunnel.
Un errore dovuto al fatto che, a detta sua, non stava più guidando “coscientemente” e ad ogni tornata voleva essere sempre più veloce: così facendo è caduto nella trappola dell’esagerazione regalando al rivale una vittoria sul piatto d’argento.
A Monza, invece, la battuta d’arresto venne accusata da entrambi: Alain si dovette ritirare per l‘unico problema meccanico della stagione (al motore), mentre il brasiliano entrò in contatto durante il doppiaggio della Williams di Jean-Louis Schlesser alla prima variante proprio quando era in testa alla corsa. Questa fu l’unica occasione in cui una vettura che non fosse una MP4/4 riuscì ad arrivare alla vittoria: la doppietta di Gehrard Berger assieme a Michele Alboreto sul circuito brianzolo fu quasi un miracolo dal cielo, orchestrato da quell’Enzo Ferrari morto due settimane prima.
Sul circuito inglese, infine, fu il solo transalpino che tornò ai box con le orecchie basse per via di un GP bagnato che aveva portato ben oltre il suo limite la sua capacità di guida in condizioni difficili.
Insomma, il 1988 fu un anno magico per il team McLaren e per un Ayrton Senna che vinse il suo primo Titolo Mondiale portando la MP4/4 sul tetto del Mondo: ad oggi la monoposto britannica è ancora la più vincente di tutti i tempi, con 15 trionfi su 16 GP disputati, 15 pole position e 199 punti nella classifica Costruttori.
Un record ineguagliabile, che la fa entrare di diritto nella Hall of Fame delle vetture più iconiche della storia della Formula 1 come l’ultima a segnare la fine della pazza epoca turbo: i 333 km/h sul lungo rettilineo nella foresta di Hockenheim con quel fischio inconfondibile della turbina in pressione rimarranno delle immagini indelebili nella memoria di tutti gli appassionati.