Caro Ben Sulayem, quand’è che lo sport diventa veramente politica?

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Credits: Ben Sulayem on Twitter

Una bici arcobaleno e un casco sulla salute mentale: queste sì che sono le vere minacce all’integrità del nostro sport

Il presidente della FIA Mohammed Ben Sulayem è stato recentemente intervistato da Grandprix247.com. In particolare, uno degli argomenti affrontati ha suscitato scalpore e indignazione. Il presidente ha infatti espresso il suo parere circa le dimostrazioni, sempre più frequenti, di vicinanza alle tematiche più importanti dei nostri tempi. Tra cui l’impegno di Hamilton e Vettel nell’affermare la validità dei diritti per le persone nere e della comunità LGBTQ+. Oltre alla sensibilizzazione di Lando Norris sull’importanza della salute mentale, nello sport e nella vita quotidiana: Ben Sulayem ha infatti criticato l’eccessiva politica che domina lo sport oggigiorno.

Il presidente FIA ha dichiarato: “Penso che, purtroppo, il motorsport abbia la tendenza a essere troppo politico. Dovremmo separare lo sport dalla politica. La FIA ha uno status neutrale. Ma penso che alcune persone vedano la neutralità solo quando va bene loro. Noi siamo qui per una sola e unica ragione, che è lo sport. Devi essere politico qualche volta, ma non realmente un politico. La FIA deve essere attenta a non essere trascinata nella politica, senza dimenticare le radici del motorsport”.

Riguardo a cosa debba o non debba essere il motorsport, Ben Sulayem ha aggiunto: “Niki Lauda e Alain Prost pensavano soltanto a guidare. Ora, Vettel pedala su una bicicletta arcobaleno. A Hamilton interessano i diritti umani e Norris si dedica alla salute mentale. Tutti hanno il diritto di vederla come si vuole. Per me, si tratta di decidere se dobbiamo imporre le nostre vedute su qualcosa nello sport per tutto il tempo. Io vengo da una cultura araba. Sono internazionale e musulmano. Impongo i miei valori sugli altri? Assolutamente no!“.

BEN SULAYEM, SIAMO SICURI CHE TUTTO QUESTO SIA POLITICA?

Ben Sulayem ha ragione: lo sport non è politica e i piloti non sono politici. Difatti, non mi risulta che Ricciardo abbia mai espresso la sua opinione sulle leggi economiche vigenti in Australia. O che Verstappen abbia parlato parlato delle politiche internazionali in Europa. Dare visibilità ai problemi sociali delle comunità meno rappresentate non è politica: si tratta di diritti umani. E i diritti umani non hanno nulla a che vedere con le opinioni e i valori.


Lo sport è uno dei fenomeni di massa più forti che esistono. Unisce persone di ogni età, di ogni genere, di ogni nazionalità ed estrazione sociale. E perciò rappresenta un potentissimo mezzo di comunicazione: è allora diritto e dovere di ogni sportivo utilizzarlo per dare voce a chi non ce l’ha. La vera politica sarebbe evitare che tutto questo accada, mettere a tacere la libera espressione.

Non saranno delle scritte sulle magliette o dei calzini colorati a nuocere all’integrità del motorsport. A questo già provvedono i regolamenti sempre più vaghi, lasciati alla libera interpretazione. O gli investimenti su progetti che di sportivo non hanno nulla, e servono soltanto ad aumentare la spettacolarizzazione. Ma lì evidentemente il presidente non si pone problemi su cosa dovrebbe essere lo sport e cosa, invece, no.