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La Formula 1 degli anni 2010 è caratterizzata da una serie di sfortunati eventi legati non tanto alla dominazione Mercedes, quanto alle personalità non sufficientemente corrispondenti alla vera natura della categoria. Al centro delle problematiche risiedono lotte titaniche e distruttivi scontri generazionali.

Il Titanismo, nel senso romantico del termine, è approdato in Formula 1 con una delle lotte più appassionate degli ultimi anni: Alonso contro la Red Bull. Un duello del tutto impari, dell’underdog sul mezzo inferiore contro la macchina migliore che, se da un lato ha contribuito generosamente a definire maggiormente il talento di Fernando Alonso, dall’altro si è rivelato autodistruttivo per Sebastian Vettel, in grande crisi nelle occasioni per dimostrarsi meritevole dei titoli conquistati.

Nel 2014 la Red Bull ha inconsciamente offerto al tedesco l’opportunità di provare le proprie capacità, che però è stata ampiamente sprecata. L’apoteosi è stata raggiunta nella rivincita del GP Gran Bretagna quando Alonso ha difeso strenuamente la quinta posizione per diversi giri malgrado un problema meccanico fino a quando la Red Bull, ancora una volta più performante, lo ha passato con il DRS. A rovinare tutto ancora una volta-dejà vu- Vettel con le proprie lamentele via radio sulle manovre difensive di Alonso.

Un altro tema fondamentale è la parzialità della FIA nelle decisioni, totalmente fuori controllo e priva di criterio in molteplici occasioni. Dall’episodio più recente in Messico alla lontana vendita di indulgenze di Interlagos 2012, in cui Vettel, ora molto fiscale sulle bandiere blu, ha compiuto una serie di sorpassi ignorando il regime di bandiere gialle, venendo a sua volta ignorato dagli Stewards riguardo a un’azione che avrebbe cambiato le sorti iridate.

L’incompetenza si estende ad ulteriori fatti discutibili, come la doppia Safety Car in Corea nel 2013. Almeno una delle due vetture di sicurezza sarebbe servita invece a Hockenheim 2014: Nico Rosberg ha vinto il proprio gran premio di casa con il vantaggio della Safety Car, assolutamente necessaria, che mai entrò in pista. Eppure una vettura (Sauber di Adrian Sutil, ndr) piantata sul rettilineo del traguardo non sembra corrispondere esattamente alla definizione di “sicurezza” pluripredicata di recente in Formula 1!

Spaziando nell’incoerenza della Federazione, si giunge al cambio degli pneumatici a metà 2013. Ex abrupto. Alla Red Bull non comodano le mescole create da Pirelli per il 2013 e, dopo un repentino e fallimentare cambio di gomme esplosive con la cintura in kevlar, si torna a quelle del 2012. Inutile dire che, dopo questa “piccola” modifica le forze in campo sono state ridimensionate radicalmente.

Poi, un grande classico: il flowgate del GP Australia 2014, con la clamorosa squalifica di Ricciardo per il flussometro fraudolento del team Red Bull. Ha addirittura avuto luogo un processo, in cui Horner ha presentato una serie di prove a proprio favore, ma nulla è servito, irremovibile la FIA. La linea dura, però, è qualcosa che la FIA non sa proprio mantenere e, anzi, è andata ammorbidendosi progressivamente alla luce di alcuni episodi che talvolta ricompaiono sulla questione flussometro. Ma non c’è bisogno di dirlo: puntualmente tutto riprecipita nel più religioso silenzio.

Andando al lato umano, parliamo di baby piloti, argomento più che attuale. Magnussen, Palmer, Sainz, Verstappen sono solo alcuni dei figli “d’arte motoristica” che hanno avuto la precedenza su altri meritevoli che, per qualche oscura ragione, sono entrati in infinite liste di attesa come se fossero al pronto soccorso in codice bianco.

Verstappen ha avuto la fortuna di avere Helmut Marko come mentore, il quale gli ha regalato il sedile Red Bull prima di metà stagione a scapito di Kvyat. Il giovane russo, precipitato per dirla all’inglese “from hero to zero”, è stato retrocesso in Toro Rosso e la riconferma è stata presentata come un atto caritatevole nei suoi confronti, del tutto inaccettabile per l’integrità di un pilota a inizio carriera.

Tuttavia anche gli episodi comici (nonostante i connotati tragici) vogliono la loro parte: Austin 2015, pioggia a catinelle durante le qualifiche, sessioni procrastinate ad oltranza, che fare? Ballare, giocare, mimare, per intrattenere dalla pitlane i temerari nelle tribune. Una gag divertente gradita da tutti, eccetto Maurizio Arrivabene che ha ricordato: “Non siamo il Cirque Du Soleil!”. Lavorare a testa bassa ed essere scorbutici con i giornalisti è la chiave fino a quando non si ottiene un terzo posto grazie alla penalità del pilota davanti e si esulta come se fosse la vittoria di un titolo meritato…

Le critiche vanno a parare sulla mancanza di personalità efficaci all’interno degli abitacoli, ma il rimedio come può essere individuato se i piloti della vecchia generazione se ne stanno andando e a rimpiazzarli ci sono teenager ancora in crisi di identità?