Gara bagnata gara fortunata: non è un insegnamento?
Con gara bagnata il divertimento è assicurato. Lo si dice da tanti anni ma non si impara niente
Diceva Bernie Ecclestone che ogni gara dovrebbe essere bagnata, così non ci sarebbero più stati Gran Premi noiosi. Tutti a ridere. Ma siccome quando apre bocca il vecchio Bernie c’è sempre qualcosa da imparare, invece che prenderla sullo scherzo conviene forse fare qualche passo in avanti nella riflessione. E magari capire in che direzione dovrebbe andare la Formula 1 per assicurare incertezza, spettacolo e adeguata valorizzazione dei meriti dei piloti.
Certo Bernie scopriva l’acqua calda. Basta andare indietro nel calendario per avere la prova che in condizioni di bagnato vengono fuori gare pazze, che mettono a dura prova la capacità dei piloti di non sbagliare e forniscono ordini d’arrivo sorprendenti. Il recente Gran Premio dell’Emilia Romagna, la roulette di Istanbul e la corsa di Budapest nel 2020, quello in cui Verstappen sfasciò una sospensione nel giro di allineamento, stanno lì a dimostrarlo, anche a chi avesse memoria corta.
E allora perché a chi governa la Formula 1 questa evidente coincidenza non ha suggerito decisioni incisive?
TAGLIO NETTO ALL’AERODINAMICA E GARE SU PISTE IMPEGNATIVE: LA LEZIONE DELLA GARA BAGNATA DI IMOLA
Non è che ci voglia un ingegnere aerospaziale. Quando la pista è bagnata l’aderenza delle vetture scende vertiginosamente. La sofisticatissima aerodinamica moderna non riesce più a garantire il grip necessario a percorrere le curve come se si fosse sui binari, e quindi ecco che arrivano errori, controsterzi e sorpassi con traiettorie inusuali. Insomma lo spettacolo di cui da anni si sente la mancanza e che tutti rimpiangono dopo aver passato la domenica a guardare i trenini di Sochi e le “splendide” notturne di Abu Dhabi.
E allora perché non si è mai tratto spunto da questa evidenza per decidere un taglio deciso all’aerodinamica, in modo da costringere i piloti a domare “veramente” una bestia di mille cavalli che non vuole saperne di andare dritta? Per taglio deciso si intende una cosa un po’ più seria dei pochi centimetri in meno di pavimento del fondo imposti nel 2021, che gli ingegneri aerodinamici si saranno messi a ridere quando l’hanno saputo.
Anzi avranno pensato che finalmente avevano qualche idea per passare l’inverno. No no. Ci vuole una diminuzione fortissima del carico verticale. Adesso supera la tonnellata? Che si trovi un modo di ridurla a trecento chili, poi vediamo chi è più bravo a tenere in strada una Formula 1 su un circuito “vero”.
FORGHIERI E TOMBASZIS: IL PRIMO INDICA LA VIA E L’ALTRO LA PRENDE NELLA DIREZIONE OPPOSTA
Non poco tempo fa Mauro Forghieri, parlando del livello di carico aerodinamico raggiunto dalle moderne Formula 1, aveva già indicato la via da intraprendere. In un incontro abbastanza informale con gli amici, e col fare abbastanza annoiato di uno che sa di dire una cosa poco meno che ovvia, l’ex progettista della Ferrari quantificava in un quarto (!) la deportanza che rispetto ad oggi si sarebbe dovuta consentire. Le auto sarebbero diventate più difficili da guidare, sarebbe diminuito l’effetto negativo della macchina che precede e si sarebbero ottenute corse (ma non in versione bagnata) con più sorpassi, ritiri ed emozioni. Chiaro come il sole.
E la Federazione che fa? Intanto incarica il responsabile aerodinamico Nicholas Tombazis di studiare un regolamento tutto nuovo, quello che andrà in vigore il prossimo anno. E nel regolamento nuovo si tagliano le appendici aerodinamiche odierne e l’efficienza delle ali, ma si introduce di nuovo l’effetto suolo!!! Quindi l’aerodinamica esce dalla porta e rientra dalla finestra.
Anzi probabilmente il carico aerodinamico ne risulterà incrementato. “Sì, ma sarà generato con un sistema che non nuoce alla monoposto che segue!“. Risponderà Tombazis. Probabilmente è vero, ma speriamo che non abbia ragione il San Tommaso di turno, meno esperto di aerodinamica ma sicuramente stufo di vedere sorpassi solo col DRS.
ALLA TOSA NON E’ BANALE NEMMENO UN DOPPIAGGIO, VERO LEWIS? LO DICIAMO ANCHE A TILKE?
A braccetto con l’idea di gara bagnata, e quindi difficile per definizione, come non citare anche il livello tecnico dei circuiti? Insomma, ormai gli indizi sono talmente tanti da non fare solo una prova, ma diverse decine. Sarà un caso ma a Imola, Spa, Portimao, Istanbul (e purtroppo la lista non è lunga come dovrebbe essere) i piloti sono portati a un livello di stress sicuramente superiore rispetto a piste di più recente costruzione. Arrivano alla fine stanchi, e spesso hanno messo le ruote sull’erba o nella ghiaia, lasciandoci anche diversi punti in classifica.
Non entriamo di nuovo nella diatriba dei track limits, ma è lampante che correre su piste delimitate da righe bianche in cui le vie di fuga sono ampiamente percorribili non ha senso. E purtroppo i Tilkodromi sono fatti tutti così. Quindi l’architetto tedesco dovrebbe costruire, o essere aiutato a costruire, piste più difficili, in cui l’errore si paga e che esaltano le capacità dei piloti più bravi. Finora non pare un’esigenza recepita agli alti livelli, ma solo dai tifosi più nostalgici.
E quindi continuiamo così, sognando ogni tanto una gara bagnata e dando ragione al vecchio Bernie.