Formula 1 | Brexit: il Regno Unito vota per uscire dall’UE. Cosa accadrà al Circus?
Gli abitanti del Regno Unito hanno scelto: a vincere, anche se per una manciata di voti, è stata la corazzata che ha chiesto l’uscita dall’Unione Europea. Nel referendum che si è svolto ieri i Leave hanno raccolto il 52% delle preferenze mentre i Remain hanno ricevuto il 48% dei voti. Il Regno Unito si è visto letteralmente spaccato a metà tra giovani, che avrebbero preferito restare in UE, e anziani, che hanno votato per la definitiva uscita, una frattura generazionale enorme. Anche se in tanti non capiranno il nesso tra Brexit e Formula 1, il problema è reale solo che si tratta di una di quelle cose che vengono ritenute come dei mezzi tabù.
L’uscita dall’Unione Europea influenzerà il futuro delle case automobilistiche attive in Gran Bretagna con conseguenze molto gravi su tutto il mercato europeo delle quattro ruote passando anche e soprattutto dalle otto scuderie di Formula 1 che hanno fatto della campagna londinese la loro Silicon Valley. Anche se la Formula 1 è considerato a tutti gli effetti uno sport internazionale la maggior parte delle scuderie che prendono parte al Mondiale hanno fatto della Gran Bretagna la loro base operativa. Mercedes, Williams, Red Bull, Force India, Renault, McLaren, Manor e Haas hanno eretto il loro headquarter nel Regno Unito con la sola eccezione di Ferrari, Toro Rosso e Sauber.
Anche se nessuno ne parla con l’80% delle scuderie di Formula 1 che hanno sede proprio nel Regno Unito una delle questioni che maggiormente attanaglia il Circus riguarda la possibile svalutazione della sterlina, la moneta con cui opera la maggior parte dei team, un problema che non tocca però Bernie Ecclestone, favorevole all’uscita, e la FOM visto che i contratti firmati con il patron inglese sono tutti in dollari. Altro punto dolente di questo cambio epocale riguarda i lavoratori. Tanti sono gli italiani che si sono trasferito in Gran Bretagna per lavorare e tanti nostri connazionali hanno deciso di trovare successo con McLaren, Mercedes, Renault e in quante altre scuderie. Se per chi già lavora nel Regno Unito non cambierà nulla perché conserverà i diritti finora acquisiti grazie alla Convenzione di Vienna del 1969, i problemi sorgeranno per chi deve ancora trasferirsi. Anche se i sostenitori della Brexit hanno cercato di placare le ansie dei lavoratori, il Guardian ha interpellato numerosi specialisti dell’immigrazione che si sono mostrati scettici a tal riguardo.
In Formula 1 quasi nessuno ha preso una posizione trincerandosi dietro a un troppo comodo no comment. Ma le eccezioni ci sono state, eccome. Se Bernie Ecclestone, noto euroscettico, non ha nascosto di essere uno dei più fervidi sostenitori del Leave, nei giorni scorsi Ron Dennis, patron della McLaren, ha scritto una lunga lettera al Times per spiegare il suo no alla Brexit: «Il Regno Unito, fin dalla Seconda Guerra Mondiale, ha svolto un ruolo chiave nella creazione di un’Europa unita, con lo scopo di sviluppare pace e prosperità – si legge sul giornale inglese – Io sono un patriota ma il patriottismo non deve confondersi col fanatismo. Sperare di essere competitivi da soli, contro quanto noi stessi abbiamo contribuito a costruire, sarebbe illogico e potrebbe avere serie conseguenze. Le aziende dovrebbero avere libero accesso al mercato europeo, composto da 500 milioni di persone. Crediamo che lasciare l’UE potrebbe danneggiare non solo gli investimenti e la nostra economia ma anche i posti di lavoro».
Una cosa è certa: gli effetti però non si vedranno nell’immediato. Regno Unito e Unione Europea avranno tempo due anni per rinegoziare gli accordi che regolano il loro rapporto ma in questo spazio di tempo il paese che intende uscire dovrà continuare a rispettare i regolamenti europei. Tempo al tempo.