Curiosità dalla F1 21 anni dopo. Ciao Jules. 18 Luglio 2015 Anna Polimeni Credits: Sauber Press Ares Sto per uscire di casa, sono in ritardo, guardo distrattamente il cellulare e tra le notifiche ne scorgo una… un senso di vuoto mi assale. Vuoto. Jules da ieri notte non c’è più, il suo cuore ha smesso di battere. Quel muscolo involontario che non aveva ceduto, quando tutto il corpo aveva detto “basta” lui aveva detto “no, io lotto”; Jules si è aggrappato al suo cuore e con lui ha lottato fino alla fine. Non c’è stato nulla da fare. Non ho un pilota preferito, ne ammiro alcuni; Jules mi piaceva, era forte, era un ferrarista, se ne andava in giro con quella classica aria da francesino e sfoggiava il suo sorriso da bravo ragazzo. Quando ami uno sport come quello della F1 ti affezioni un po’ a tutti i piloti, ti abitui a vederli tramite la tv girare per il paddock e quando se ne vanno ti dispiace anche, ma la realtà è che entrano a far parte della storia di questo sport e non se ne vanno mai. Allo stesso modo tutti speravamo di vedere Jules la gara successiva in Russia; ma lui e il suo cuore in quel momento erano in Giappone e avevano iniziato la loro battaglia. Per tutte le gare che rimanevano, leggendo la griglia di partenza una parte di noi era convinta che quel nome sarebbe saltato fuori. Andavo a curiosare nel profilo Instagram di Camille, la sua ragazza storica: foto di loro due insieme, scorci di vita, felicità e spensieratezza; testimonianze della normalità che ci sembra sempre impossibile per persone che corrono a 300km/h. Amarezza. È sempre brutto quando viene a mancare un ragazzo, perché con lui se ne va una vita che stava per iniziare. Aveva 25 anni, a vent’anni sei un “affamato della vita“, vuoi farcela, vivi di sogni. Il sogno di Jules era appena iniziato, qualche mese prima aveva concquistato i primi punti nella sua carriera; scorrono le immagini di Monaco, del Team che lo festeggia come se avesse vinto il GP. La faccenda è difficile da sopportare, diventa impossibile se una domanda continua ad assillarti: si poteva evitare?! La polemica è aperta, come lo è ancora quella su Ayrton e su tutti gli altri; su questi argomenti le polemiche non cessano mai e mai troveremo una risposta a questa domanda. Ovvio, quella spirale di dubbio fa male; purtroppo le vite sono appese al filo del caso. Ci siamo illusi che dopo Imola la sicurezza avesse raggiunto l’apice, ci siamo abituati a botti spettacolari e piloti uscire dall’abitacolo e tornare ai box con le loro gambe; per un attimo quasi abbiamo dimenticato che questo è uno sport dove la vita si rischia e se poi sei in grado di raccontarla vuol dire che hai solo avuto tanta fortuna, ecco che 21 anni dopo ci troviamo a commentare un’altra esistenza interrotta. Dolore. Non si riesce e non si deve neanche immaginare quello che si prova a perdere un figlio, un fratello, l’amore; quello che si può fare è lasciare i suoi cari affrontarlo degnamente e con rispetto; come hanno fatto da 9 mesi a questa parte. In tutto questo non dobbiamo e non possiamo dimenticare Adrian Sutil, lui c’era, la gru stava rimuovendo la sua di monoposto, lui ha visto e quello che ha visto non lo dimenticherà mai.E alla fine cosa resta?! Un casco, una macchina col il sedile vuoto, l’affetto e la commozione e il sorriso di un ragazzo di 25 anni che il senso a tutto lo aveva trovato gareggiando.Ciao Jules, continua a correre. Tags: #CiaoJules, #ForzaJules, Jules Bianchi Continue ReadingPrevious Formula 1, Gastaldi risponde a Fittipaldi: «Piloti-robot? Colpa dei media»Next La Formula 1 dice addio a Jules Bianchi a Nizza