VIDEO Formula 1 | GP USA 2016, Austin: analisi del circuito
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Quando si parla di Stati Uniti d’America si va subito a pensare al grande patriottismo, a quel sogno a stelle e strisce inseguito da molti e realizzato da pochi.
Girare sulla pista di Austin è più o meno la stessa cosa: costruito sotto la supervisione di quel genio che prende il nome di Hermann Tilke per ospitare appositamente la Formula 1, il COTA (Circuit of The Americas) è stato terminato nel 2012 seguendo la tradizione europea di scolpire il proprio layout all’interno del paesaggio circostante.
Non è un caso quindi che il design scelto includa curve che emulino le varianti dei circuiti più blasonati del vecchio continente, come la “Senna S” di Interlagos, la #8 di Istanbul, le “arena bends” di Hockenheim, la sequenza Maggotts-Becketts-Chapel di Silverstone e la Sebring-Auspuffkurve del Red Bull Ring austriaco.
Un’altra particolarità di Austin sta nel fatto che è uno dei pochissimi tracciati, assieme al Marina Bay stradale di Singapore ed allo Yas Marina di Abu Dhabi, su cui si corre in senso antiorario.
Per questo motivo contiene un numero di svolte a sinistra maggiore rispetto a quelle verso destra il che costringe i piloti ad uno sforzo gravitazionale superiore soprattutto nella zona del collo, di gran lunga più abituato alle forze laterali dei tracciati da percorrere in senso orario.
Lungo 5 chilometri e 515 metri, ospita annualmente oltre alla Formula 1 anche la MotoGP ed il campionato FIA di Endurance.
Il record del circuito appartiene a Nico Rosberg, fatto segnare durante le qualifiche del 2014: 1’36”067, saprò fare di meglio?
Sul rettilineo di partenza e d’arrivo di Austin si toccano punte di oltre 300 km/h ma tutto finisce in un istante perchè subito c’è da affrontare la Prima Curva: è tutta in salita ed il cordolo è posto all’apice dello scollinamento, dall’ottava marcia si scala in terza e si tiene una traiettoria molto larga in entrata per poi stringere e successivamente riallargare in uscita.
La #2 è tutta in appoggio e si inseriscono tutte le marce fino alla settima, pronti per affrontare il settore delle Esse.
Dalla curva #3 alla #10 ci si immerge in una lunga fila di “esse” da aggredire inizialmente con il gas completamente aperto per poi lasciar scorrere la monoposto correggendo la traiettoria con piccoli tocchi di freno.
La prima entrata va attaccata tutta all’interno in modo da mantenere la velocità e tuffarsi nelle successive: qua la vettura tenderà facilmente ad allargare e quindi bisogna essere molto decisi sullo sterzo per mantenere l’assetto.
Dalla settima marcia si arriverà all’ultima esse in quarta pelando molto l’acceleratore, ma non c’è tempo per rilassarsi: si sta avvicinando il Rampino.
Eccolo qua, il Rampino: mi sembra di averlo già visto…
Ah già, Suzuka! Ed infatti questa stretta svolta ad U riprende molto la curva #11 del tracciato giapponese, il famoso Hairpin.
Si arriva sparati in settima marcia a quasi 280 km/h ma subito bisogna frenare forte per buttarsi dentro verso il cordolo interno: si scala in terza per poi riallargare in uscita e mantenere la trazione necessaria per non andare in testacoda.
Ora si deve riaccelerare per affrontare il lungo rettifilo di 1 km che ci porterà nel settore dello “stadio”, molto simile a quello di Hockenheim.
Ottava marcia: 280, 290, 300, 310… Ma attenzione al cartello dei 100 metri, perchè poco prima bisogna assolutamente attaccarsi ai freni: forte decelerazione negativa in cui si percorrerà il tornantino finale a poco più dei 90 all’ora in terza.
Di nuovo gas, dentro la quarta per poi scalare di nuovo ed inserirsi nel doppio curvino a destra: qua bisogna stare attenti in uscita perchè è facile perdere il posteriore quando è il momento di riprendere l’acceleratore in mano.
Di seguito ci aspetta una speculare doppia curva a sinistra in cui bisogna evitare di andare subito alla corda: al contrario è necessario stare larghi all’inizio per poi stringere in corrispondenza della #16 in modo da potersi lanciare velocemente nel curvone che raccorda la #17 e la #18.
Lo si affronta in quinta a pieni giri, si entra pelando il gas in modo da uscire leggermente al centro per poi stringere, inserire la sesta e tuffarsi verso l’ultima parte del circuito.
Ci siamo, mancano solo due curve e poi vedremo se siamo stati abbastanza veloci da entrare almeno nella top ten: la #19 è una curva cieca in cui non si vede né il punto di corda né l’uscita.
Bisogna fidarsi dell’istinto, tirare via una marcia, toccare leggermente il pedale del freno e lasciar scorrere la vettura che passa dai 260 km/h a poco meno dei 180.
Si punta poi verso l’esterno, di nuovo un passaggio in sesta ed ecco la nostra ultima fatica: via tre marce, traiettoria esterno-cordolo interno-esterno curva ed in uscita ricordiamoci di parzializzare per bene l’acceleratore, per evitare di buttare alle ortiche tutti i nostri sforzi!