Strategie, che passione. La performance da sola non basta

Strategie performances

Credits: Redbull

A parità di performance le strategie attuate della squadre sono un fattore imprescindibile per ottenere i risultati voluti

E’ inevitabile osservare come da diversi anni si parli sempre di più di strategie, oltre che di performance, quando si valuta l’esito di un Gran Premio. Volenti o nolenti ci si è dovuto fare un po’ il callo, al fatto che le gare non sono più decise solo dalle prestazioni di auto e piloti, ma anche dalle opportunità sfruttate o mancate dal muretto box. Non vi appassiona, vero? Beh, neanche a chi scrive. L’emozione di Villeneuve-Arnoux a Digione o il primo giro di Senna a Donington stanno su un altro pianeta emozionale, rispetto a un tentativo di undercut qualsiasi.

Però se si vuole capire che cosa succede ogni domenica in pista è indispensabile conoscere un minimo la materia. Facciamo così. Rimaniamo tutti appassionati di staccate a ruote fumanti, sovrasterzi di potenza e duelli con le fiancate a dieci centimetri. Però impegnamoci un minimo anche ad imparare le basi di questa nuova disciplina. Come un esame universitario alquanto impegnativo, che si studia d’estate e poi non ci si pensa più.

LE STRATEGIE DECISE AI BOX, O ANCORA PRIMA NELLE RIUNIONI TECNICHE. I CONCETTI DI BASE

In principio, diciamo fino a che non si sono inventati i pit stop (anno ’82, “colpa” di Bernie Ecclestone e di Gordon Murray alla Brabham) la strategia era una e una sola. E cioè portare in fondo la macchina il più velocemente possibile senza romperla. Erano strane, quelle macchine. Erano compromessi “tiratissimi” tra performance e affidabilità. In qualche modo se la forzavi troppo all’inizio la vettura “si stancava” (in realtà era la fragilissima meccanica a dare segni di cedimento) e negli ultimi giri dovevi fare i conti con chi aveva avuto più pazienza. Tutto qua.

Strategie Performance
Credits: MercedesAMGF1

Quando si iniziò a spezzare le gare in “stint”, invece, entrarono in gioco altre variabili. Prima di tutte la gestione delle gomme, poi il peso della benzina e infine la necessità di far girare il proprio pilota il più possibile in “aria libera”, cioè senza diturbi aerodinamici della vettura che precede. Ci sono già abbastanza ingredienti per un argomento di studio di grande complessità…e infatti nelle scuderie nacque la figura dello “stratega” e successivamente un team vero e proprio, dedicato a studiare in tempo reale ogni possibilità tattica, con strumenti di calcolo e simulazione sempre più complicati.

I PIANI E LE STRATEGIE STUDIATE PRIMA DELLA PARTENZA: UNA STRADA TRACCIATA NON SEMPRE ATTUABILE

Da quando la sostituzione delle gomme è stata resa obbligatoria e il disturbo aerodinamico delle vettura che precede ha reso molto difficili i sorpassi lo studio delle strategie di gara ha assunto un’importanza almeno paritaria rispetto alla performance della vettura.

In genere “si fa così”. Le squadre sfruttano le prove libere per capire il funzionamento delle gomme con diversi carichi di benzina e impostano nelle riunioni pre gara una strategia di base, quella che ottimizza il tempo finale. Lo chiamano piano A (citatissimo nei team radio, se ci fate caso),  e definisce quanti pit stop fare, quali gomme usare e per quanti giri. Per non restare impreparati studiano anche piani alternativi, che comportano una diversa durata delle frazioni tra i pit stop e l’uso di mescole diverse da quella “ottimale”. Almeno un paio, il piano B e il piano C, utili nel caso qualche inconveniente impedisca al pilota l’adozione della strategia in teoria più veloce.

Il resto è frutto dell’adattamento immediato alle situazioni di gara (quanto rompe le scatole una safety car!) e dell’intesa tra pilota e team, non sempre scontata.

L’OVERCUT E L’UNDERCUT, L’USO DELLE MESCOLE, I GIOCHI DI SQUADRA: UN RISIKO INFINITO

Le deviazioni dal piano A sono necessarie in particolare quando si deve superare ai box un avversario che precede. Due sono gli strumenti a disposizione: l’undercut e l’overcut. Nel primo caso si fa la sosta prima dell’avversario, nel secondo la si fa dopo. Diciamo subito che l’overcut era molto più efficace quando si doveva rabboccare la benzina e le gomme avevano una durata maggiore. Infatti in quel caso fermarsi dopo l’avversario diretto garantiva la possibilità di fare qualche giro in “aria libera”, con pneumatici ancora in buono stato e (soprattutto) con la macchina leggerissima. Se ne sono visti tanti, nella prima decade del nuovo millennio, di Gran Premi decisi da un overcut.

Col regolamento attuale, invece, l’undercut è molto più utile: si fa la sosta e si rientra in pista in aria libera con gomme nuove. Se l’avversario non si ferma subito (come si dice in gergo, non “si copre“) facile che in quei giri si riesca a girare più veloce di lui e a sopravanzarlo quando sarà il suo turno di fermarsi ai box. Ecco perchè i pit stop tra macchine che duellano tra loro sono quasi simultanei. Nessuno vuole subire un undercut!

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Credits: MercedesAMGF1

Ovviamente non sempre le ciambelle riescono col buco. I problemi ai pit stop sono sempre dietro l’angolo, come pure la presenza dei doppiati (che tutti vorrebbero evitare in quei giri in cui si cerca di effettuare un “cut”) o gli imprevedibili ingressi delle safety car. Le squadre e i piloti devono quindi essere pronti anche ad usare mescole diverse da quanto preventivato oppure ad attuare giochi di squadra usando il pilota più lento per ostacolare (in maniera regolare) la corsa di un avversario diretto. Un mestiere impegnativo, davvero, quello dello strategy engineer!

QUANDO LE STRATEGIE HANNO DECISO UN MONDIALE. UN PO’ DI CASI…A CASO

Per finire, e per chi ancora non fosse convinto di quanto importanti sono le strategie nella Formula 1, andiamo a raccontare brevemente tre Gran Premi decisivi per il mondiale, in cui le performance delle vetture nulla hanno potuto contro la furbizia, o la dabbenaggine, di chi decideva le soste ai box. Per qualche lettore sarà doloroso.

Adelaide 1986: Mansell, Piquet e Prost si giocano il mondiale. Le Williams hanno una performance inavvicinabile, ma la McLaren fa partire Rosberg (Keke, al suo ultimo Gran Premio e disposto ad aiutare il compagno di squadra francese) a tutto gas, trascinandosi dietro i due galletti di Frank. A metà gara Prost si ferma per il cambio gomme, mentre i tre là davanti continuano a tirare come matti. A venti giri dalla fine Rosberg e Mansell vedono distruggersi la loro posteriore sinistra, Piquet deve fermarsi ai box per non fare la stessa fine. La formichina Prost, e chi con lui studia le strategie, trionfano. Un capolavoro geniale.

AHI AHI FERRARI: QUELLE VOLTE IN CUI PER COLPA DELLE STRATEGIE…

Abu Dhabi 2010: è il caso più famoso. In lizza per il titolo ci sono ancora Alonso (primo in classifica), Webber, Vettel e Hamilton. Un incidente al primo giro causa la safety car, si fermano ai box in tanti, soprattutto a centroclassifica. Dopo una quindicina di giri Webber tenta l’undercut su Alonso, che si copre fermandosi anche lui. Entrambi rientrano dietro a quel gruppetto (Kubica, Rosberg, Petrov) che non si fermerà più. Vettel si fermerà più tardi, a vantaggio acquisito, e non mollerà più nè il primo posto nè la vittoria del suo primo titolo. Il team addetto alle strategie della Ferrari verrà smantellato la sera stessa.

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Credits: Pirelli Press Area

Monza 2018: è, ancora più che Hockenheim, la gara in cui Vettel perde il mondiale del 2018. Il tedesco si gira alla Roggia e perde le ruote dei primi. Comanda Raikkonen con Hamilton alle costole. Fallisce l’overcut di Hamilton, ma la Mercedes tiene fuori Bottas davanti al ferrarista e gli fa letteralmente spappolare le gomme. Quando Bottas finalmente si ferma Raikkonen ha Hamilton negli specchietti e non può resistere al sorpasso. Vince l’inglese e allunga definitivamente nel campionato.

Chi pensa ancora che le strategie non contino quanto le performance alzi la mano…