Revoca patente: ora la tolgono per ‘mancanza di requisiti morali’ | La legge etica miete le sue prime vittime

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La revoca della patente per “mancanza di requisiti morali” rappresenta un terreno scivoloso e apre scenari inediti

Il Codice della Strada (art. 120, comma 2) prevede la possibilità di revocare la patente a coloro che non possiedono i requisiti morali necessari. La gamma di comportamenti che potrebbero essere considerati moralmente inaccettabili è potenzialmente vastissima. Si va dalle infrazioni al codice della strada più gravi, come la guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, fino a condotte considerate socialmente riprovevoli, anche se non specificamente previste dal codice penale. La nuova normativa, che si inserisce nel più ampio contesto di una crescente attenzione verso una “legge etica”, solleva numerosi interrogativi: quali comportamenti possono essere considerati moralmente inaccettabili al punto da privare un individuo della libertà di guidare? E chi ha il potere di stabilire tale giudizio?

Le critiche alla nuova normativa

Il concetto di “requisiti morali” è estremamente vago e suscettibile di interpretazioni soggettive. La legge, infatti, non fornisce una definizione precisa di ciò che si intende per “comportamento immorale” al volante. Questa indeterminatezza crea un terreno fertile per l’arbitrarietà e per l’applicazione discrezionale della norma da parte delle autorità. La nuova normativa è stata oggetto di numerose critiche da parte di giuristi, associazioni per i diritti civili e opinionisti. Tra le principali perplessità si segnalano vaghezza della norma e potenziale per abusi. L’eccessiva genericità della definizione di “requisiti morali” rende la norma difficilmente applicabile in modo uniforme e prevedibile. Il potere di revocare la patente per mancanza di requisiti morali spetta al Prefetto. È lui, infatti, che valuterà caso per caso se la condotta di un individuo giustifica la perdita del diritto a guidare.

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La Sentenza della Corte Costituzionale n. 152/2021

La sentenza in questione ha affermato l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni che prevedevano il diniego automatico del rilascio della patente in presenza di determinate condanne o misure di prevenzione. La Corte ha sottolineato l’importanza di una valutazione caso per caso, tenendo conto della natura del reato commesso, del tempo trascorso dalla condanna e della condotta successiva del soggetto. La sentenza della Corte Costituzionale ha importanti implicazioni sia sul piano giuridico che sociale. Da un lato, essa rappresenta un passo avanti verso una maggiore personalizzazione delle sanzioni e un riconoscimento del diritto alla riabilitazione. Dall’altro lato, solleva interrogativi sulla definizione dei requisiti morali e sulla possibilità di conciliare la tutela della sicurezza stradale con il rispetto dei diritti individuali.