Hamilton: “Voglio essere il pilota più puro del Circus”

Hamilton pilota

Credits: Pirelli Press Area

Velocità, determinazione e tanto lavoro: questa è la ricetta del campione del mondo per diventare la miglior versione di se stesso

La lotta per il titolo è entrata nella fase più calda: due gare al termine e soli otto punti a separare i contendenti. Senza lasciarsi sopraffare dalla tensione, Lewis Hamilton ha analizzato la situazione con grande lucidità di pensiero, proponendo un concetto molto interessante: vincere non è l’unica cosa che conta, è altrettanto importante come si vince. L’inglese ha sempre puntato a tenere una condotta irreprensibile, per sentirsi un pilota migliore ed essere considerato tale. “Questo è ciò che mi ha insegnato mio padre“, ha affermato Hamilton, “mi ha sempre detto di far parlare la pista“.

Da bambino sono stato bullizzato, non solo a scuola ma anche nei circuiti. Bene, io e mio padre volevamo battere i nostri rivali in maniera pulita, non per qualche guasto meccanico o con una collisione. Se riesco a vincere in questo modo, nessuno può negare che mi sia rivelato il migliore. In caso di contatto, per esempio, qualcuno potrà mettere in dubbio il mio comportamento in pista, lasciando intendere che l’abbia fatto di proposito. Voglio essere il più puro tra tutti i piloti, attraverso la mia velocità, il duro lavoro e la determinazione. Allora, nessuno potrà dire che sarò stato indegno dei traguardi raggiunti“.

IL DUELLO HAMILTON-VERSTAPPEN

A Hamilton, immancabilmente, è stato chiesto quale sia l’approccio migliore da tenere contro un pilota coriaceo e aggressivo come Verstappen. “Devo essere molto, molto prudente. Più prudente che contro qualunque altro pilota“, ha risposto l’inglese. “A Max non posso concedere il beneficio del dubbio: quando incrocio le ruote con lui, so che l’incidente è sempre dietro l’angolo. Dunque, devo essere pronto a evitarlo a tutti i costi, anche se questo significa finire largo, perché in fin dei conti l’obiettivo principale è vedere la bandiera a scacchi, dico bene?

Se invece sono ostinato e provo a tenere la mia traiettoria senza cedere terreno, la collisione è quasi inevitabile. Io mi sono adattato di conseguenza, cercando quanto più possibile di evitare questo scenario. Credo di esserci riuscito bene, nella maggior parte dei casi, tenendo presente che non si può essere sempre impeccabili“, ha proseguito Hamilton. “Ci sono poi altri piloti con cui ti confronti in pista che sono aggressivi, ma anche rispettosi, ognuno in maniera diversa. Se mi guardo indietro, tuttavia, devo dire che Max non è unico nel suo genere: ho affrontato altri piloti con uno stile molto simile“.

Nella mia lunga carriera, ho duellato con avversari di ogni tipo, ognuno con le sue peculiarità: questo è molto interessante. Adesso che sono più maturo, cerco di analizzarli più in profondità, valutandone il carattere, l’educazione e il contesto in cui si sono formati. La nostra educazione è ciò che determina come ci comportiamo, se le nostre azioni sono più orientate al bene o al male. Cerco di carpire anche questi aspetti nei miei avversari, nel tentativo di comprendere più a fondo chi sono le persone contro cui sto gareggiando“.

EVITARE UNA COLLISIONE CON UN PILOTA AGGRESSIVO

Secondo Hamilton, non necessariamente il pilota che alza per primo il piede è più debole: “Se sono affiancato ad un’altra monoposto e mi trovo all’esterno, cedere il passo è quasi sempre l’opzione migliore, perché voglio finire la gara. Se invece sono all’interno, lo scenario cambia. Prendiamo l’esempio di Silverstone: le mie ruote anteriori erano affiancate alle anteriori di Verstappen, non certo alle posteriori. In uno scenario del genere, che sarebbe successo se avessi adottato un approccio simile a quello di Max in Brasile, tenendo giù il piede, finendo largo e mantenendo la posizione? I commissari avrebbero dato un’occhiata alle regole?

Il fatto che abbia vinto tanto non significa che sia poco dignitoso, da parte mia, alzare il piede. A volte è necessario farlo: tra i duellanti, devo essere quello che usa il cervello. Capita che questo approccio mi faccia perdere punti, ma le decisioni che prendo in pista non riguardano solo me: ci sono altre duemila persone coinvolte nella preparazione della monoposto. Se mi intestardisco nella difesa della posizione e finisco fuori dalla gara, tutta la squadra ne risente in negativo: i possibili bonus di fine anno se ne vanno, e c’è una vettura da riparare“.

Hamilton si è lanciato quindi in un confronto intergenerazionale. “I piloti più giovani sono cresciuti su piste caratterizzate da ampie vie di fuga. Per me è stato diverso: quando ho cominciato, i circuiti non avevano vie di fuga così larghe. Era più pericoloso ma anche più divertente, e imparavi a gestire il rischio. Per trovare il limite della pista dovevi procedere per gradi: adesso i giovani possono spingere sempre al limite, perché se anche sbagliano non vengono puniti, finiscono semplicemente larghi e rientrano. Tuttavia, devo dire che i nuovi piloti sembrano davvero motivati. Molti di loro provengono da famiglie benestanti, questo capita più che in passato. Ma dietro al volante sono molto validi, nessun dubbio su questo“.

PAROLA D’ORDINE: NESSUN RISENTIMENTO

Hamilton ha sottolineato che nei confronti di Verstappen non prova ostilità, e non ne avverte da parte del pilota rivale. Probabilmente, molte delle incomprensioni in pista dipendono dalla differenza di età, da cui derivano due approcci differenti. “Nel corso della mia carriera ho visto piloti comportarsi in un modo, e poi rivelare tutt’altra faccia. Ho 36 anni, sono piuttosto esperto ormai, quindi non è la prima volta che affronto un pilota dalla condotta ambivalente, a volte buona, a volte meno. Credo di trovarmi nella posizione giusta per gestire al meglio la situazione“.

So bene che Max è un pilota velocissimo“, ha proseguito Hamilton, “e che acquisendo esperienza continuerà a migliorare. Prendete me a 24 o 25 anni: quanti errori facevo ancora! La velocità non mi mancava, ma c’erano troppi aspetti da gestire, la pressione dei riflettori e della lotta al vertice mi mandava in confusione. Credo di aver commesso diverse sciocchezze all’epoca, per cui non mi sento in diritto di dare lezioni a nessuno“, ha concluso il campione del mondo.

Alessandro Bargiacchi