Mattia Binotto Ferrari 2020

Credits: Scuderia Ferrari Press Area

 

Non vedevamo l’ora che il Mondiale di Formula Uno potesse riprendere, e resta comunque un’ottima notizia: la salute viene prima di tutto, e di certo non c’era alcun divertimento a restare chiusi in casa trascorrendo magari i pomeriggi a rivedere i vecchi GP trasmessi a ripetizione.

Ecco, ora che però il Mondiale è finalmente iniziato con un ritardo di quattro mesi, per chi sostiene la Ferrari, in fondo, rivedersi la prima vittoria di Schumacher in Spagna nel 1996 o il trionfo di Suzuka nel 2000, o ancora la vittoria di Barrichello in Germania nello stesso anno, sarebbe stato certamente meglio, fossero stati avvisati di quanto li attendeva a inizio luglio.

La Ferrari, già in crisi, già mortificata, già sciupata, conferma il suo surreale disvalore: come se non bastasse tutto il resto, anche l’audacia di Leclerc, tanto spesso lodata, finisce per essere deleteria: laddove Coulthard aveva buttato fuori il compagno di squadra Hakkinen nel 1999 (il finlandese vinse comunque il titolo) e anche Hamilton e Rosberg cozzarono a vicenda nel 2016, Leclerc, dopo Sainz, ha sbaragliato Vettel nello stesso punto. Una settimana dopo, e proprio i due futuri piloti del Cavallino.

La Ferrari rimase quattro anni senza vincere una gara negli anni Novanta: Alain Prost vinse in Spagna nel 1990 e il digiuno fu interrotto solo nel 1994 con Berger che vinse il GP di Germania a Hockenheim, con Jean Todt subentrato dodici mesi prima e una rivoluzione che stava arrivando da lontano per riportare il Mondiale a Maranello. Che mancava da 21 anni, altro buco nero della macchina rossa. O magari ricordiamo anche il 2005: in piena era Schumi, macchina sbagliata e Mondiale disastroso dopo cinque anni di successi.

Insomma, l’elenco di queste disgrazie serve in primo luogo a ricordare che i tempi peggiori sono già arrivati e sono stati superati, di sicuro quel “siamo inesperti, siamo giovani” troppo spesso sfoderato da Binotto assume un suo perché. Macchina non competitiva, nuove regole nel 2021 spostate poi al 2022 che probabilmente hanno fatto rendere questa stagione, divenuta poi anomala per altri motivi, un anno di transizione in vista dei profondi cambiamenti futuri che il coronavirus ha inceppato.  Con l’ombra dell’accordo segreto con la FIA sul motore 2019, elemento sul quale questa macchina era stata già progettata salvo poi ritrovarsi con le carte in tavola cambiate.

E gli altri? Giorgio Terruzzi, ammirabile e storica penna e voce dell’automobilismo, ha decantato Lewis Hamilton dopo la grande qualifica di sabato scomodando paragoni con Sua Maestà Ayrton Senna. E ci ho visto una licenza di esagerare giusta e coerente. Dopo i pasticci di domenica scorsa, è tornato il vecchio Lewis: assolo, giri record e vittoria numero 85 che lo porta a 6 lunghezze dai 91 primi posti di Michael Schumacher, di cui, come ben noto, ha anche il settimo Mondiale nel mirino. “Ho dormito e mangiato bene: ho lavorato bene questo week-end”: colgo questa frase di Lewis, che serve a spiegare quanto anche cibo e sonno siano elementi imprescindibili della sua maniacalità. 

Bei segni di battaglia anche da Racing Point (Perez scatenato, 7+) e McLaren, (con un Norris sempre più top) che ormai non sono quasi più una novità. Verstappen, terzo, ha beffato Bottas soltanto momentaneamente ma con un paio di sorpassi e contro sorpassi tutti da vedere. Decimo Gasly con una buonissima Alpha Tauri, mentre Ocon è l’unico altro ritirato oltre ai due ferraristi.

Ora, comprendiamo che se Seb e Charles fossero rimasti in gara forse non avrebbero fatto granché ugualmente, ma sedersi ai box a osservare 70 giri di una corsa alla quale non hanno praticamente mai partecipato, mette ulteriore benzina sulla questione. Dal bocchettone sbagliato.

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