Giovinazzi: “Pochi italiani in F1? Ecco perché”

Giovinazzi 2020

Credits: Alfa Romeo Racing Twitter

Giovinazzi ha commentato la situazione italiana in F1, che lo  vede unico rappresentante della nostra bandiera

Lo scorso decennio di F1 ha fatto registrare un record tristemente negativo per i colori azzurri, che hanno visto solo tre piloti, complessivamente, al via di un Gran Premio iridato. Ma colpisce ancora di più quel digiuno di sei anni in cui nessun italiano ha preso parte a una corsa, ossia il periodo dal 2011 (quando in griglia c’erano Vitantonio Liuzzi su HRT e Jarno Trulli su Caterham) al 2017, quando a Melbourne si presentò ai nastri di partenza Antonio Giovinazzi al volante della Sauber come sostituto dell’infortunato Pascal Wehrlein.

L’esperienza del pilota di Martina Franca fu comunque breve, dal momento che abbracciò due sole corse, a Melbourne e Shanghai. Giovinazzi è tornato poi in griglia in pianta stabile lo scorso anno nelle fila dell’Alfa Romeo e di fianco all’esperto Kimi Raikkonen, nell’ambito di un’operazione voluta da Sergio Marchionne che mirava a rilanciare il marchio del Biscione in F1 con un pilota italiano, formatosi nell’academy Ferrari.

POCA ITALIA

Giovinazzi sarà l’unico italiano in griglia anche nel 2020, essendo riuscito a difendere il posto dalle grinfie dell’appiedato Nico Hulkenberg, che a ottobre scorso aveva messo in dubbio la permanenza del pugliese in Alfa Romeo. Lo stesso pilota di Martina Franca ha commentato i motivi di una presenza così sparuta degli italiani nel Circus, riconducendola a motivazioni economiche: “La base nel motorsport è molto importante e questa è costituita dal denaro – ha detto l’alfiere del Biscione a RacingNews365Per andare lontano in questo ambito devi disporre di una notevole base di denaro, cosa che spesso mi è stata richiesta per progredire”.

“Trovare tutti quei soldi non è mai facile, dal momento che i costi sono elevati fin dal momento che un bambino sale su un kart. Devo dire che è molto importante, in questa situazione, il lavoro delle academy e ce ne sono diverse che hanno sotto contratto giovani talenti italiani. Riconosco poi il valore del lavoro di Nicolas Todt, che ha dato delle chance ai giovani meno avvantaggiati”