Formula 1 | Fernando Alonso e il fuoco che arde ancora: “Mi manca lottare per il titolo”
The fire still burns. Così il giornalista britannico Andrew Benson aveva intitolato un pezzo su Fernando Alonso nel corso del 2016. Una combinazione di sfortuna e deal giusti ma nel momento sbagliato hanno precluso al bicampione spagnolo di aumentare i numeri del suo palmarès, che non rende giustizia al suo talento. Nel corso del disastroso biennio McLaren-Honda, Alonso è stato accusato di essere arrendevole, in condizioni in cui tutti i suoi 21 colleghi avrebbero già fatto le valigie e indossato colori diversi.
Eppure non ha smesso di dare il massimo, spremere le sue McLaren-Honda oltre i loro innumerevoli limiti ed è rimasto per onorare un contratto in attesa di un 2017 rivoluzionario per tornare in alto mentre la fame aumenta. L’obiettivo è il terzo titolo, senza il quale Alonso ha promesso che non si ritirerà ed è intenzionato a tornare in alto e vincerlo con la squadra di Woking.
“Ho avuto la fortuna di provare quella sensazione per ben 5 volte. Ti alleni, guidi al simulatore, vai nella factory, partecipi agli eventi, rilasci interviste con i media, fai qualunque cosa per essere competitivo la domenica e lottare per il titolo.”
“Negli ultimi quattro anni ho sentito la mancanza di arrivare con delle possibilità. Ma d’altro canto mi sento fortunato per aver avvertito la pressione e quelle emozioni già cinque volte e vincendone due, perché ci sono molti colleghi talentuosi che non avranno mai l’opportunità di lottare per il campionato.”
“Alcuni raggiungono la Formula 1 ma non faranno mai l’esperienza del podio, della conferenza stampa per i migliori 3, della partenza dalla pole position o di vincere un gran premio e sono molto, molto bravi. Quindi ovviamente sono fortunato ma mi manca tutto questo.”
Se le stagioni 2012 e 2014 sono state le migliori per Alonso, l’una per la lotta e le vittorie, l’altra per il confronto devastante con Raikkonen, il 2016 è stato il suo terzo migliore anno a suo dire. Nella sua top 3 non figurano il 2005 e il 2006, anni per lui iridati, dai quali ha tratto battaglie fenomenali con Michael Schumacher al centro del doppio duello Renault-Ferrari e Michelin-Bridgestone. Il Kaiser è stato dipinto da Alonso come il suo avversario più forte, resiliente e tosto, anche in condizioni di svantaggio.
“Quando le Bridgestone andavano bene quell’anno, lui ha sempre fatto ciò che doveva e vinceva; e quando la Michelin aveva un vantaggio e ci sentivamo sicuri, lui era lì. Quindi pensavamo di conquistare più punti di Michael, ma lui era sempre terzo, quarto, secondo, a dare sempre qualcosa in più. Tra tutti i piloti con cui ho lottato, lui è l’unico in grado di farlo.”
Parole in cui Fernando può certamente rispecchiarsi, dopo aver dimostrato per cinque anni in Ferrari le proprie capacità di rendere oltre il reale potenziale del mezzo di cui dispone. Attualmente a tarpargli le ali c’è il gap notevole del motore Honda, ma con tre quinti posti tra 2015 e 2016, l’asturiano ha lenito le ferite del glorioso team in difficoltà.
“La McLaren è il secondo miglior team nella storia della Formula 1 e se lotti per il Q1, c’è qualcosa che non va. Tutti all’interno della squadra sentono la pressione, le aspettative che non siamo ancora riusciti a soddisfare. Questo ci rende frustrati.”
“Poi c’è la frustrazione personale di non poter lottare per il podio, le vittorie e a volte di non mostrare ciò di cui sei capace perché dopo 10 giri ci sono dei problemi e devi depotenziare il motore o le batterie. Magari arriva una Sauber, ti supera e tutti applaudono un sorpasso fantastico ma in realtà tu hai 100 cavalli in meno.”
Umiliazione, frustrazione per un drastico e ingiusto rimescolamento delle carte in gioco. Il talento però rimane, freme sotto quel telaio impotente ed emerge appena il circuito adatto e la fortuna lo assistono.
“Non è che ci si dimentica come si guida, solo che certe situazioni non si possono controllare.”