hamilton austria 2020

Credits: Mercedes AMG Petronas, Press Area

Nel 1991, al Gran Premio di San Marino, durante il giro di posizionamento in griglia, la Ferrari di Alain Prost si perse nella vasca da bagno del circuito di Imola, andando per prati. A causa delle condizioni da bagnato per una forte pioggia, e alla Rivazza sia lui che Berger (al tempo in McLaren) escono di pista, ma se l’austriaco rientra subito in pista, al francese si spegne il motore e non può più ripartire, prima che inizi la gara. Il destino che sarebbe potuto toccare oggi a Max Verstappen, scivolato fuori nel giro di posizionamento e con danni apparentemente irrimediabili.

E invece la sospensione ha retto, le ruote sane sono state accompagnate da un nuovo musetto montato dai tecnici Red Bull una volta messa la vettura in griglia, e l’olandese, a ragione, parla di un secondo posto che vale come una vittoria. Segno che in Red Bull, unica vera alternativa alla Mercedes, nonostante qualche difficoltà in questo inizio di stagione, si è provveduto a lavorare presto e bene, meritando il risultato. E’ solo uno degli episodi in cui il lavoro di chi sta fuori dalla pista e la strategia hanno giocato un ruolo chiave in un GP d’Ungheria sorvegliato da nuvoloni neri che hanno in primis scombinato la strategia Ferrari.

“Pioggia fra dieci minuti” è stato detto dopo circa una trentina di giri, e così Leclerc ha girato a vuoto con gomma rossa montata dopo pochi chilometri, prima stazione di una via crucis che lo ha accompagnato per tutta la gara. L’attesa per la pioggia, e quindi per un unico pit-stop che avrebbe permesso di montare direttamente gomma bagnata, è stata vana. Ciò ha costretto il monegasco a governare una Ferrari già ingovernabile di per sé e con grande sottosterzo, con una gomma piena di capricci.

Segno che non è solo la macchina ad essere un progetto già da buttare, bensì anche ai box regna la confusione. Tanto più che, nonostante un Vettel orgoglioso e battagliero, che ha perso molto solo negli ultimi giri, pur peccando di due “lunghi” che hanno permesso ad Albon di scavalcarlo, la rossa è finita pure dietro alla Haas, partita subito con gomme medie e che nella prima parte di gara è stata in zona podio.

A proposito: merito al tedesco di aver detto via radio ai box che sarebbe stato meglio montare gomma media, al contrario di quanto accaduto con il compagno di squadra. Anche Sainz, futuro compagno di Leclerc, ha sopravanzato il 16 della Ferrari, finite doppiate (lo sono stati tutti dal quarto posto in giù, a dire il vero) in una istantanea che racconta tutta la desolazione del momento. Un solo ritiro, quello di Gasly per colpa del motore della sua Alpha Tauri, e la possibilità per tutti i team di poter trarre indicazioni sui 70 giri percorsi.

Ah già, scusate… Lewis Hamilton. Il resto, è roba sua. Aggiorniamo il pallottoliere e giocatevi i numeri 44, 90 e 86. Ovvero il numero della sua freccia nera, il numero delle pole-position in carriera raggiunto sabato, e le vittorie che ha portato a casa dopo quest’altra affermazione in Ungheria. Schiacciante e travolgente, opera di un cannibale che non vuole vincere, ma umiliare. Hamilton, ci sono pochi dubbi, raggiungerà le 91 vittorie di Schumacher molto probabilmente già in questo Mondiale. L’era ibrida è totalmente a suo appannaggio. 

Abbiamo aperto con la storia, chiudiamo allo stesso modo: mi è tornata alla mente la gara di Ayrton Senna nel 1988 a Monaco, quando, nonostante il largo vantaggio su Prost secondo, continuò a spingere a tavoletta. Col risultato di finire contro i guardrail al Portier, e buttare all’aria quella che sarebbe stata poi la settima perla nel principato. Hamilton invece no: via come una scheggia, con Bottas che trova comunque il terzo posto dopo una partenza da dimenticare ma perde la leadership in classifica. E che, e vorremmo essere nella sua testa, penserà ancora a cosa ha fatto di male per avere un compagno di squadra così fuori dal comune.

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