VIDEO Formula 1 | GP USA 2017: analisi del circuito di Austin

GP USA 2017: analisi del circuito di Austin

© Haas F1 Press Area

Mancano solamente quattro gare al termine della stagione 2017 e ora lo spettacolo della Formula 1 entra veramente nel vivo: questo fine settimana, per l’appunto, prenderà vita il 17esimo round iridato, ospitato su quel Circuit of The Americas localizzato ad Austin (Texas), sede del locale GP degli Stati Uniti.

Un appuntamento che, in passato, si teneva su alcune delle piste storiche del Circus, come quelle di Watkins Glen (dal 1961 al 1975), di Dallas (1984), di Detroit (1985 – 1988), di Phoenix (1989 – 1991) e di Indianapolis, che ritornò ad ospitare il Gran Premio a stelle e strisce rispettivamente dalla stagione 2000 a quella del 2007.
Poi, dal 2012, fu la volta del Circuit of The Americas, costruito appositamente per far tornare le monoposto più veloci del mondo nella terra delle Libertà.

Il Circuito delle Americhe è stato progettato da Hermann Tilke in collaborazione con lo studio di architettura HKS: è lungo 5,513 km e presenta un layout molto particolare, che segue l’andamento naturale della zona circostante con dislivelli veramente spettacolari. Delle 20 curve che lo compongono, la più famosa (e ostica) è sicuramente la numero 1, un lento tornante posto al termine del rettilineo principale tutto in salita dove si vede l’apice del cordolo solamente all’ultimo momento, seguita dalle “esse” del primo settore che richiamano le Maggotts e Becketts di Silverstone, dalla zona dello stadio tra la 12 e la 15 che ricalca la mitica Hockenheim e dall’ultimo settore dalla 16 alla 18, che riprende il circuito di Istanbul.

Ma cos’è cambiato rispetto al nostro giro di pista dell’anno scorso? Scopriamolo assieme al volante della HAAS VF-17 di Kevin Magnussen!

GP USA 2017: analisi del circuito di Austin

PRIMO SETTORE: Al termine del rettilineo principale si arriva lanciati in ottava marcia ad oltre 300 km/h quando, al cartello dei 100 metri, ci si attacca ai freni per affrontare la prima curva. Qui, come già detto, è molto difficile valutare il punto di staccata per via della conformazione del circuito: una volta trovato, si percorre il tornante a poco meno di 100 km/h e poi ci si lancia nelle esse successive. Dentro di nuovo le marce fino alla settima e… vietato togliere il piede dall’acceleratore: per fare un buon tempo qua bisogna tenere una velocità di circa 280 km/h, che scende a 250 solamente in prossimità del rilevamento del primo settore.

GP USA 2017: analisi del circuito di Austin

SECONDO SETTORE: Mancano solamente le ultime curve di questo lungo settore delle esse: via un’altra marcia e attenzione all’ultimo destra-sinistra, dove bisogna rallentare abbastanza per non perdere aderenza e andare in sottosterzo. Dopodichè, a tutto gas verso la curva 11: qua si arriva a quasi 290 km/h, si scalano le marce fino alla terza e si affronta quello che è uno stretto tornantino che spezza il ritmo e ci separa dal lungo rettilineo di 1 km dove è possibile utilizzare il DRS. Qui si raggiunge la velocità più elevata dell’intero circuito: 320 km/h in ottava marcia… ma il bello deve ancora arrivare. In prossimità del cartello dei 150 metri, di nuovo forte frenata in modo da aggredire al meglio la curva 12, che poi ci porterà nell’ultimo settore.

GP USA 2017: analisi del circuito di Austin

TERZO SETTORE: L’ultima parte della pista di Austin è chiamata anche “zona dello stadio”, perchè richiama la stessa conformazione del mitico tempio della velocità di Hockenheim. A termine della curva 12, quindi, acceleriamo prontamente e andiamo verso la 13 in quinta, scaliamo in terza e puntiamo verso l’esterno in quarta. Il successivo punto è molto importante per un buon tempo sul giro: qui bisogna tenere una traiettoria completamente esterna, in modo da lanciarci a tutta velocità verso il lungo curvone seguente, dove arriviamo alla velocità di 270 km/h. Mancano solamente le ultime due curve, delle quali la penultima presenta il punto di corda cieco mentre l’ultima è una svolta molto secca, da smussare al meglio per evitare spiacevoli perdite di aderenza che potrebbero compromettere tutto il nostro impegno.