VIDEO Formula 1 | GP Giappone 2016, Suzuka: Analisi del circuito

È veloce, scorrevole e ha tutto quello di cui un pilota ha bisogno: alte e basse velocità, salite e discese, rapidi rettilinei, ampi curvoni in appoggio e strette varianti in stile stop&go”, questo è il commento di Jenson Button sul circuito giapponese di Suzuka alla vigilia del diciassettesimo appuntamento della stagione 2016.
Progettato nel 1962 come un tracciato per i test della Honda, Suzuka si presenta come una delle pochissime piste rimaste con una configurazione “ad otto” in cui il suo lunghissimo rettilineo di 1200 metri che porta al famoso curvone 130R passa proprio sopra il primo settore attraverso un cavalcavia e relativo sottopassaggio.
La sua lunghezza complessiva è di 5 chilometri e 807 metri ed è composto da ben 17 curve alcune delle quali sono tra le più famose al mondo: le “Snake curves”, la Degner, la Spoon, la già citata 130R, la chicane Casio Triangle ma… andiamo con ordine.

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Prima Curva e le “Snakes Curves

Full gas fino all’ottava marcia sul rettilineo dei box fino alla Prima Curva, una doppia destra da affrontare con il fiato sospeso: qua si frena tardi senza esagerare per evitare il bloccaggio delle gomme anteriori, ben oltre l’apice del cordolo.
Nel frattempo si scala fino alla quarta lasciando per lo più scorrere la monoposto, nel giro di qualche secondo si passa da gli oltre 300 chilometri orari sul rettifilo a quasi 160 con un’accelerazione laterale di 2,2G.
Ma è subito il momento di riaccelerare per affrontare le “Snake curves”, quattro esse tutte in appoggio in cui bisogna stare attenti a tenere una traiettoria stretta in entrata per poi allargare in uscita di curva.
Si tratta del settore più difficile e spettacolare dell’intero tracciato in cui l’impegno gravitazionale laterale arriva a 3,6 volte il peso del pilota.

Dunlop Curve
Dunlop Curve

Terminate le Esse è la volta della curva 7 ad ampio raggio chiamata “Dunlop Curve”: qua il tracciato di Suzuka è ingannevole quindi meglio stare molto stretti sulla sinistra parzializzando per bene il gas per poi accelerare in uscita una volta toccato il cordolo sull’esterno curva.
È facile sbagliarsi tenendosi larghi in partenza per poi stringere successivamente, ma questo non porta ad altro che ad una spiacevole gita nella sabbia

La Curva Degner
La Curva Degner

Ok, siamo arrivati alle curve 8 e 9, la prima chiamata “Degner” in onore di quell’Ernst Degner vincitore del Motomondiale classe 50 nel 1962: qui quattro anni più tardi il tedesco sarebbe caduto con la sua Suzuki avvolta tra le fiamme e per questo motivo il circuito di Suzuka ha ribattezzato questo tratto in suo onore.
È un settore difficile in cui si frena in anticipo, si scala dall’ottava marcia fino alla quinta (o alla quarta per i meno esperti) e si va a cercare il passaggio proprio sul cordolo per gettarsi a capofitto verso la 9, una secca svolta a destra in cui è facile raggiungere il bloccaggio se si arriva troppo lanciati.

Il tornantino "Hairpin"
Il tornantino “Hairpin”

Se la Degner ci ha creato qualche problema aspettate di arrivare al tornantino!
Le curve 10 e 11 del circuito di Suzuka prendono il nome di “Hairpin”, ossia forcina come quella a forma di U che le ragazze usano per tener fermi i capelli.
Ecco, il layout ad imbuto di questo settore richiede tanta tecnica ma anche un po’ di… fortuna.
Si stacca attaccandosi dolcemente ai freni all’entrata della 10 quando si è a circa 250 km/h in sesta piena e nel giro di pochi istanti bisogna portarsi all’esterno del tornantino, toccare l’apice al centro del cordolo per poi riaccelerare verso l’esterno della 11 nella speranza di non perdere il grip degli pneumatici posteriori.
Le complicazioni sono tante: se si frena troppo tardi si va dritti nella sabbia, se si anticipa poi si spezza il ritmo ed è tutto da rifare e se si sbaglia la traiettoria ci si ritrova spiazzati quando è il momento di ripartire. Per niente facile eh?

La Curva Spoon
La Curva Spoon

Finalmente un tratto semplice da affrontare!
O Quasi, perchè il curvone numero 12 della pista di Suzuka, da affrontare in pieno appoggio tenendosi all’esterno prima per poi puntare verso l’interno poi è solo un antipasto della successiva curva Spoon.
Qua si stacca al cartello dei 50 metri, dall’ottava marcia si passa alla quinta e nella frenata si perdono circa 100 km/h ma la difficoltà maggiore è la traiettoria da seguire.
All’uscita della 13 bisogna portarsi all’esterno per poi tenersi stretti sul cordolo interno a sinistra in modo da poter riaccelerare in uscita senza perdere aderenza.
Perchè poi ci aspetta il rettilineo e… la famosa 130R.

Curva #15: 130R
Curva #15: 130R

La 130R è entrata nella storia della Formula 1 per il famoso incidente di Allan McNish, pilota della Toyota che nel 2002, in occasione del turno di qualifiche, ha perso aderenza toccando con le gomme posteriori il cordolo esterno.
In pochi attimi la TF102 dello scozzese è entrata in testacoda ed ha sfondato le barriere metalliche a piena velocità.
Risultato? Il pilota è uscito vivo ma gravemente ferito e la curva in questione già dall’anno successivo ha subito forti modifiche in virtù di una maggiore sicurezza: da 130 metri di raggio (come lascia trasparire il suo nome) è stata ridisegnata in una sezione a doppio apice di 85 e 340 metri radiali, da affrontare a pieno regime in ottava marcia, ad oltre 300 km/h e con la massima accelerazione laterale di oltre 5G.

Casio Triangle: chicane o "bus-stop"?
Casio Triangle: chicane o “bus-stop”?

E dopo la 130R ecco l’ultimo ostacolo per vedere se il nostro tempo è sufficiente per conquistare la pole position: la ex-chicane Casio Triangle, diventata una sorta di “bus-stop” per le modifiche del precedente settore, è stato lo sfortunato teatro in cui nel 2003 e recentemente nel 2014 sono capitolati rispettivamente Daijiro Kato (in sella alla Honda RC211V del Team Gresini MotoGP) e Jules Bianchi (al volante della sua Marussia MR03).
Dall’ottava marcia si scala fino alla seconda in un’importante decelerazione negativa che porta ad affrontare quest’ultimo tratto sotto i 100 km/h.
Poi ci si lancia verso l’esterno e si apre completamente il gas verso il rettilineo d’arrivo: un altro giro lanciato ci aspetta!