Todt: “Dubitare di se stesso ha portato Schumacher al successo”
E’ un Michael Schumacher diverso, quello raccontato recentemente da Jean Todt in un episodio del podcast Beyond The Grid. Si tratta di una versione più intima del sette volte campione, che sfonda le porte della sua dimensione psicologica tra ansia, insicurezze e una maniacale ricerca della perfezione.
L’attuale presidente della FIA nel suo stint a Maranello ha condiviso innumerevoli ricordi con Schumacher, instaurando una forte connessione con il tedesco. Ancora oggi Todt è una delle personalità più vicine alla figura del Kaiser, una delle più influenti nel processo che lo hanno reso un’autentica leggenda.
Todt spiega che uno dei segreti del successo di Schumacher è stata la capacità di dubitare di se stesso, che lo ha sempre spinto a cercare conferme. Una di queste, come racconta il dirigente francese, era un test privato che il tedesco richiedeva ogni anno, prima dell’inizio della stagione.
“Michael è sempre rimasto con i piedi per terra, cosa che probabilmente lo ha aiutato ad avere così tanto successo nel corso degli anni. Ha sempre dubitato delle sua capacità, ed è ciò che lo ha reso in grado di vincere in F1.”
“Ogni anno mi chiedeva di organizzare una sessione privata a Fiorano per assicurarsi di essere ancora un buon pilota. Ogni anno. E’ sempre stato un tipo ansioso, un aspetto che ho condiviso con lui: l’ansia di non essere bravo abbastanza. Questo lo ha reso così grande, perché era in grado di mettersi in discussione.”
Spesso si dimentica che la costruzione di un personaggio, esaltato e dipinto attraverso il potente filtro dei media, tralascia i dettagli più personaggi, censurando ogni fragilità e debolezza. E sono proprio le rivelazioni e la condivisione degli aspetti nascosti al pubblico a farci apprezzare l’atleta e la sua personalità, così forte e autorevole da essere in grado di tradurre in emozioni e successo le proprie paure, la fatica e le proprie capacità.