Jules Bianchi: un ricordo che non muore mai

Jules Bianchi Ricordo

© Scuderia Ferrari Website

Alla vigilia della 33esima edizione del Gran Premio del Giappone, il ricordo di Jules Bianchi si fa più intenso. Ricorre infatti il decimo anniversario dell’incidente che costò la vita al giovane pilota francese

Ogni anno numerosi piloti omaggiano il ricordo di Jules Bianchi, prematuramente scomparso all’età di 25 anni a seguito di un incidente durante il GP di Suzuka. Sono passati dieci anni da quel tremendo giorno che, nel bene o nel male, segnò un profondo cambiamento nel mondo delle quattro ruote. A seguito della scomparsa del francese venne infatti introdotto obbligatoriamente l’halo, un sistema di protezione posizionato sopra l’abitacolo del pilota che può reggere fino a 12 tonnellate di peso. Nonostante numerose lamentele iniziali da parte dei team, l’halo si è rivelato uno strumento indispensabile, avendo già salvato la vita di numerosi piloti.

Uno di questi è Charles Leclerc, figlioccio dello stesso Bianchi, salvato dall’halo in occasione del GP di Spa del 2018. Leclerc e Bianchi sono cresciuti insieme, ed è proprio sulla pista di kart del padre del francese che il monegasco ha mosso i primi passi sulle quattro ruote. Questa grande amicizia ha permesso inoltre il successo di Leclerc, arrivato al suo manager Nicholas Todt per via di Bianchi, che gli ha poi permesso di arrivare in Ferrari. Il pilota del cavallino ha quindi deciso di omaggiare l’amico scomparso con un casco speciale, in occasione del GP di Suzuka.

Le parole di Lowdon

La testata giornalistica RacingNews365 ha avuto l’opportunità di parlare con Graeme Lowdon, CEO di Marussia F1 Team ai tempi della scomparsa di Bianchi. Durante questa intervista hanno avuto modo di discutere su ciò che cambiò dopo quel fatidico giorno in Giappone, e su cosa la morte del pilota francese abbia potuto “lasciare in eredità” al Motorsport odierno.

“Quando ti guardi indietro, dopo tutto questo tempo, cosa ricordi?”
“Ripensando a quel giorno l’emozione predominante è sicuramente la tristezza. È difficile pensare che siano già passati 10 anni. Nonostante sia passato tanto tempo, ci sono momenti che ricordo come se fosse ieri, è qualcosa che nessuno di noi dimenticherà mai. 
Ricordo che ero seduto al muretto box e le condizioni erano davvero critiche“.

“Dal GPS potevamo vedere Jules ma all’improvviso la sua telecamera si è bloccata, perciò capii che fosse successo qualcosa. Inizialmente era difficile capire cosa, inizialmente pensavamo fosse andato un po’ lungo oltre le telecamere, ma dopo abbiamo capito che c’era stato un impatto a bordo pista. Fin da subito abbiamo intuito che non si sarebbe trattato di un semplice incidente in cui il pilota diceva di star bene e saltava giù dalla monoposto, infatti non è stato così”.

Le difficoltà e l’arrivo in ospedale

“Come sei riuscito a gestire il tutto, non avendo avuto la possibilità di vedere il replay dell’incidente?”
“Non è stato possibile ricevere notizie nell’immediato, a differenza di quando Guanyu Zhou fece l’incidente a Silverstone, infatti proprio in quella circostanza nella mia mente si è proiettato l’incidente di Jules. A Silverstone le informazioni sono arrivate subito, mentre a Suzuka è stato molto più complicato”.

“Ricordo che eravamo andati al centro medico in quanti più potevamo, ma non ci hanno permesso di accedervi. L’elicottero medico non era operativo e sapevamo soltanto che Jules era stato portato in ospedale, quindi siamo saliti in macchina e ci siamo immediatamente diretti da lui. È stato un viaggio terribile poiché non sapevamo nulla sulle condizioni del nostro pilota. Avevo parlato con Bernie Ecclestone, e ci aveva sin da subito chiarito che avrebbe curato tutto ciò di cui avevamo bisogno”.

“Anche in ospedale non era facile ottenere informazioni chiare. Alla fine riuscimmo a ottenere ciò che desideravamo, ma il quadro clinico non era per nulla buono. Piloti e membri del team avevano iniziato ad arrivare e noi abbiamo cercato di fornire maggiori informazioni possibili anche se era molto complicato. Naturalmente non incolpo nessuno per questo, ma al tempo funzionava così.

Il rapporto con la famiglia

“Un’altra cosa che ricordo vivamente è che eravamo in costante contatto con la sua famiglia, in particolare con il padre Philippe. Abbiamo organizzato loro i voli in modo tale da permettergli di raggiungerci. Ho mantenuto i contatti con la famiglia Bianchi, naturalmente non parliamo di quel giorno in se, ma parliamo molto di Jules. È davvero importante che le persone non lo dimentichino“.

“Non possiamo fare nulla per riportarlo indietro, ma possiamo fare di tutto per assicurarci che il suo ricordo resti. Jules Bianchi ha pagato con la vita un l’ultimo sacrificio per lo sport. Il minimo che possiamo fare è onorare la sua memoria e commemorare tutti i bei momenti, per assicurarci che non venga mai dimenticato. Era un grande talento e ci è stato portato via decisamente troppo presto”.

Jules Bianchi, la Ferrari e il ricordo di un giovane Leclerc

“Credi che prima o poi sarebbe arrivato alla Ferrari?”
“Già, me lo immaginavo alla Ferrari. È il padrino di Charles Leclerc e lo ha portato a un paio di gare, dicendo a me e a John Elkann che sarebbe diventato il prossimo grande successo. Si assomigliano un po’: sono cresciuti insieme e i loro padri erano molto legati. Abbiamo avuto l’opportunità di averlo come ospite e abbiamo potuto vedere quanto Jules pensasse a lui”.

“Guardando una gara recente a Monaco, Charles ha fatto un sorpasso alla Rascasse che era quasi identico a quello che fece Jules quando portò la Marussia a punti nel 2014. Stavo guardando la gara da casa e mi era venuta la pelle d’oca; ho dovuto fare una passeggiata, perché era davvero inquietante. Sebbene ci fosse una differenza d’età tra loro, sono cresciuti l’uno accanto all’altro e non mi sorprende che ci siano molte assonanze tra loro“.

“Jules sarebbe potuto essere un pilota di grande successo alla Ferrari. È davvero una tragedia che sia stato derubato della sua vita così presto, a soli 25 anni. Anche la Formula 1 ha perso la grande opportunità di vedere gareggiare un futuro campione. Lo sport è stato privato di un talento e della possibilità di vederlo fare grandi cose“.

L’halo e l’eredità lasciata alla Formula 1

“Quando guardi indietro alla vita di Jules e all’eredità che ha lasciato, ovviamente l’aspetto chiave della sicurezza è stato l’halo, ma è l’unico aspetto positivo?”
“In seguito ci si è concentrati molto sulla sicurezza, e ci sono stati diversi cambiamenti tra cui l’introduzione dell’halo. Purtroppo, per il tipo di incidente che ha avuto Jules non avrebbe avuto alcun effetto, ma ci sono incidenti in cui ha fatto la differenza: Monza con Lewis Hamilton e Max Verstappen, Bahrain con Romain Grosjean, e sicuramente l’incidente di Zhou”.

“Un’altra cosa semplice che ha fatto la differenza è il non avere più enormi veicoli pesanti a lato di una pista con le vetture in corsa. Ci sono stati anche un sacco di altri cambiamenti in termini di sicurezza, a esempio segnalazioni effettuate molto più frequentemente e tempestivamente. Se guardiamo all’eredità, quell’incidente è stato un crocevia in tutta una serie di aree”.

“Ciò che ho in mente ogni anno è la sua famiglia e il fatto che abbiano perso qualcuno di così prezioso. Per loro è molto importante che tutti noi ricordiamo Jules ogni anno. Sono tornato ogni anno a Suzuka, anche quando non si è corso, e ho portato dei fiori sul luogo dell’incidente. Lo farò nuovamente quest’anno, perché la cosa più importante è che il ricordo di Jules Bianchi non venga mai dimenticato“.

Lavinia Masciocchi