Haas e Uralkali, quando la livrea diventa marketing

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Credits: Haas F1 Team

In un periodo orfano di gare e sorpassi, il mercato e le livree rappresentano gli unici argomenti di discussione. Tuttavia, le sorprese non sono mancate

Diversi giorni fa, la Haas ha presentato la livrea per il campionato 2021, annunciando anche una partnership con Uralkali, azienda russa produttrice di potassio di proprietà del padre di Nikita Mazepin. Naturalmente, com’è consuetudine, gli sponsor possono diventare ingombranti nell’immagine di un qualunque team, mettendo mano nella sua identità sportiva.

Nonostante non sia un team storico – prende parte alla Formula 1 dal 2016 -, colori come il rosso, il grigio e il nero avevano costruito l’identità del team. I più attenti ricorderanno che, nel 2019, la livrea Haas era diventata nera e oro grazie all’accordo con l’azienda bibitara Rich Energy.

Di conseguenza, passano gli anni, cambiano i colori, ma il quesito resta sempre lo stesso: è giusto il fatto che i team, in balia della crisi economica, debbano sacrificare la propria storia per un soldo in più? Io sono convinto di no.

IL CASO DELLA LIVREA HAAS “FILORUSSA”

Questa posizione non nasce dal fatto che la Haas, scuderia statunitense, indosserà i colori della Russia, ma da un altro ragionamento. Nel XXI secolo, per gareggiare insieme a piloti e scuderie che hanno scritto la storia, è sufficiente avere un padre dalla buona disponibilità economica. Disponibilità economica che, peraltro, rischia di congelare anche la storia, seppur breve, di un team.

Per un momento, immaginate che cosa accadrebbe se la Ferrari rottamasse il rosso, colore storico, per il verde acqua dello sponsor Kaspersky. Sarebbe un insulto alla storia sportiva! La mossa del team di Kannapolis, inoltre, mi sembra molto scorretta nei confronti di Mick Schumacher. Arrivato nella Classe Regina unicamente grazie al suo talento, dovrà gareggiare a bordo di una monoposto agghindata con i colori scelti dal compagno di squadra.

Non bisogna dimenticare neanche la grande ambiguità del caso: gli atleti russi non potranno esibire la propria bandiera, a causa della squalifica inflitta a Mosca dalla giustizia sportiva per casi di doping, ma la livrea potrà esibire liberamente il vessillo nazionale. E che dire, inoltre, di quando la Formula 1 farà tappa nel paese eurasiatico per il Gran Premio di casa?

Insomma, i vertici che guidano lo sport dovrebbero chiarire diverse situazioni, che rischiano di creare casi ambigui e precedenti nell’interpretazione delle norme. Liberty Media e FIA, piuttosto che fare accordi con regimi autoritari, cerchino di curare e preservare l’identità di questo meraviglioso sport, messa in pericolo dal profumo del denaro e da sponsor viventi.