GP Russia, il perché la Formula 1 non dovrebbe correre
Una risposta all’invasione della Russia in Ucraina deve essere data anche dal mondo della Formula 1, che per il momento non si sbilanciata. Ma serve decisamente qualcosa di più
Parlare di Formula 1 in queste circostanze pare assolutamente superfluo, un tema però esiste ed è quello che lega i grandi eventi sportivi alla Russia. Nell’ambito di più nostra competenza ci si chiede se sia corretto che gli organizzatori prendano le distanze annullando le manifestazioni che sarebbero previste. C’è la UEFA che dovrà decidere a brevissimo se lasciare che la finale di Champion’s League si giochi o meno a San Pietroburgo; e c’è Liberty Media che presto dovrà dare una risposta a coloro che invocano la cancellazione della trasferta di metà settembre a Sochi.
We Race As One è l’iniziativa che ci ha accompagnato negli ultimi due anni nelle cerimonie della domenica che anticipavano l’inizio della corsa. Un progetto nato nel 2020 per supportare l’uguaglianza dei diritti e il rispetto delle diversità. E davanti a ciò come potrebbe la Formula 1 rinnegare questi stessi valori da lei professati accordando la presenza di un GP nell’ex Unione Sovietica?
NON SAREBBE IL MOMENTO DI PRENDERE POSIZIONE?
Sotto un certo punto di vista è un discorso che sarebbe potuto esser fatto prima. La Federazione Russa non brilla certamente (tutt’altro anzi) per i principi sopra citati con le sue politiche di limitazione e d’intimidazione, e come questa tanti altri sono i paesi che ospitano una tappa all’interno del calendario. Una contraddizione per cui sono volate critiche legittime. Si è scelto però di chiudere un occhio rispondendo che è il ruolo della Formula 1 quello di farsi carico di proporre tali ideali in luoghi che tutt’ora non li riconoscono.
Dopo un mese passato alla ricerca della diplomazia, quest’oggi il risveglio è stato diverso caratterizzato dalla definitiva consapevolezza che non c’è più alcun spazio di manovra. A dir la verità per qualcuno si è trattato di una nottata lunga in cui con il passare delle ore si stava delineando cosa sarebbe successo da lì a poco. Non sta a me aprir bocca in materia di geopolitica.
Ma posso dire che le ultime mosse del Cremlino non possono passare inosservate nemmeno in ambito sportivo; tanto che le distanze che devono essere prese dovranno essere misurate in milioni di anni luce. A testimonianza del fatto che corsi e ricorsi storici ci hanno insegnato qualcosa. Come che in certi momenti bisogna prendersi la responsabilità di una posizione perché non sempre si può navigare nel mezzo.
“La Formula 1 sta guardando attentamente gli ultimi sviluppi come molti altri. Ad ora non ci sono ulteriori commenti in merito alla gara in programma per Settembre. Continueremo a monitorare la situazione”, questa l’ultimo statement della Formula 1. Ma non basta, serve molto molto di più. Forse in questo caso occorre mettersi in moto prendendo spunto dalla UEFA che ha già in programma per domani un comitato esecutivo straordinario.
O ancora meglio dovrebbe prendere spunto dai suoi stessi piloti. “È orribile quello che sta accadendo. Per quel che mi riguarda credo che non dovrei andare. Io non andrò. Penso che sia sbagliato correrci, e sono dispiaciuto per le persone innocenti che stanno perdendo la loro vita, uccise per ragioni stupide e per un governo strano e folle”, le parole di Sebastian Vettel alla conferenza tenutasi poco fa a Barcellona. Il quattro volte campione del mondo non è il solo, anche Max Verstappen ha espresso la sua opinione: “Non è giusto correre in un paese in guerra“.