GP Italia McLaren

© McLaren via X

McLaren potrebbe aver aperto il vaso di Pandora a Monza

Dopo il GP d’Italia a Monza, la decisione del team McLaren di ordinare a Oscar Piastri di far passare Lando Norris ha acceso un vivace dibattito nel paddock e non solo. Se da un lato si è cercato di mantenere equità tra i due piloti, dall’altro si teme che questa scelta abbia destabilizzato le dinamiche interne della squadra

L’ordine di scuderia, impartito quando Norris era rimasto indietro per un pit stop rallentato di circa quattro secondi, ha suscitato perplessità tra gli addetti ai lavori. Il team, che solitamente evita interventi simili, ha mosso un precedente «molto difficile da annullare», nelle parole di Toto Wolff

Andrea Stella, team principal di McLaren, ha chiarito che la manovra non è stata un capriccio, ma una decisione ponderata basata su due criteri fondamentali: equità e coerenza nei principi della squadra.
La strategia prevedeva che i piloti entrassero ai box secondo un preciso ordine: prima Piastri, poi Norris. L’obiettivo era mantenere le posizioni originali, ma il pit stop lento di Norris ha scombussolato i piani, portando alla richiesta di rimettere tutto a posto.

Durante la conferenza stampa post-gara, entrambi i piloti si sono mostrati compatti. Norris ha affermato che l’ordine era stato concordato dal team, mentre Piastri ha fatto notare, quasi con un sorriso, che alcune cose meritano una discussione più approfondita.

Uno sguardo esterno: la riflessione di Toto Wolff

Toto Wolff ha riconosciuto la complessità della decisione della McLaren al GP d’Italia: «Non esiste una risposta giusta o sbagliata», ha osservato. Il vero problema, secondo lui, è che simili precedenti possono aprire scenari futuri difficili da gestire — cosa succederebbe, ad esempio, se un altro errore di squadra costasse una posizione determinante?

L’ordine di scuderia ha determinato un’inversione di sei punti nel campionato: Norris ha guadagnato tre punti aggiuntivi, mentre Piastri ne ha persi altrettanti.
Questo equilibrio, fatto di merito, strategia e decisioni umane, è ciò che rende la questione così delicata. In un ambiente in cui ogni minima variabile può influire sul risultato finale, decidere cosa è parte della competizione e cosa no diventa un bivio etico complicato.