Gli anni di Alonso in Ferrari: grandi imprese ma poca fortuna 8 Dicembre 2014 Giuseppe Lucera Ci sono storie che risultano essere belle anche se finiscono male. La storia della relazione tra Fernando Alonso e la Ferrari è una di queste. Una storia in cui, però, con tutto il rispetto per il cavallino, la bellezza è stata fornita solo dal pilota di Oviedo e non dal team di Maranello. Sono storie d’ostinazione. E l’ostinazione è una delle tante forme con le quali l’amore si manifesta. Alonso e la Ferrari, però, si sono separati da poco. Lo hanno fatto usando dolci parole che hanno, tuttavia, nascosto il grigiore di un’annata priva di vittorie, hanno nascosto l’oramai palese insensatezza della loro unione. Gli anni spesi in Ferrari senza essere riuscito a cogliere il terzo titolo mondiale potrebbero apparire come anni fallimentari agli occhi di molti. Eppure Fernando Alonso gode di una stima illimitata da parte di colleghi, giornalisti e addetti ai lavori in generale. Jackie Stewart si è sbottonato più volte dicendo che Alonso è il pilota più completo che esista al momento all’interno del Circus. In molti la pensano come lo scozzese, io compreso. Il fatto è che questa affermazione arriva in una delle stagioni più disastrose della carriera dell’asturiano e della Ferrari. Come ha fatto Alonso a mantenere intatta la sua reputazione in questi anni in cui, invece, la reputazione della Ferrari non rimaneva altrettanto integra? La risposta è nell’impegno che lo spagnolo ha sempre messo in pista. Nell’intensità che ha sempre messo in pista. Alonso è un pilota per il quale posso anche capire certe riserve da parte di chi lo critica per l’aspetto caratteriale, aspetto che non sempre e non da tutti è stato compreso e che spesso gli si è rivoltato contro, ma al di là delle polemiche varie, una volta calato nell’abitacolo, allacciate le cinture e abbassata la visiera, Alonso è sempre stato una belva in pista. Che avesse una vettura competitiva o meno. Anzi, proprio questo aspetto sembra lo abbia esaltato agli occhi di molti. La Ferrari non gli ha mai fornito una vettura competitiva. Al massimo, la vettura del 2010, era appena decente e infatti con quella Alonso sfiorò il titolo. Poi, cosa più unica che rara nella storia della F1, dal 2010 in poi, invece di crescere, la Ferrari regredì. Ma in questi anni Alonso non ha mai issato la bandiera bianca. Neanche quando sapeva che non avrebbe cavato un ragno dal buco. Era sempre lì, a lottare a testa bassa in primo luogo con la monoposto che guidava e poi con gli avversari. Tutti sapevano che bastava dargli una mezza chance e Alonso l’avrebbe colta. In questi anni in rosso, Alonso avrebbe dovuto perdere la testa e invece, in molti casi, faceva perdere la testa ai suoi avversari. Ci ricordiamo dello psico-dramma in casa Red Bull durante la stagione 2010? Certo, direte voi, si è anche trattato di un conflitto interno al team di Horner, in cui le ambizioni di Webber si scontravano col talento di Vettel, ma la costante presenza di Alonso alle loro spalle favorì tutta una serie di rischi pazzeschi presi dal team anglo-austriaco che li costrinse a lottare fino all’ultima gara per ottenere un titolo che avrebbero dovuto vincere a mani basse. Ci ricordiamo del Gp di Corea 2010? Ecco, quello fu un chiaro esempio di come Alonso riesce ad adattarsi in fretta a qualsiasi condizione mentre, spesso, nei suoi avversari, quest’elasticità manca. E che dire del Gp di Malesia del 2012? Dategli un mezzo monsone, una tattica folle e lui porta la Ferrari in cima al podio, nonostante le gomme finite e un Perez arrembante, nonostante le mille insidie di un Gp del genere, nonostante la pochezza della sua monoposto. Quel giorno Andrea Stella, suo ingegnere di macchina, disse che Alonso aveva disputato la gara più bella della sua carriera. Alonso è un campione. E i suoi colleghi lo sanno. Paradossalmente, questi anni in Ferrari hanno accresciuto la stima dei veri esperti nei confronti di Alonso. Si dice spesso che in F1 il mezzo conti più dell’uomo. Alonso, in questi anni, ha, in qualche modo, dimostrato il contrario. La Ferrari di queste ultime annate è stata Alonso. L’asturiano non ha vinto il titolo, ok, ma ha raggiunto il massimo che poteva ottenere con le monoposto che ha avuto a disposizione. Il suo talento ha nascosto la paurosa crisi tecnica del cavallino. Alonso uomo squadra si è detto tante volte, ma anche Alonso uomo che ama le corse. Tutte. Gp di Spagna 2013. In mattinata, come di consueto, c’è l’appuntamento con la gara sprint della Gp2. Alonso è a bordo pista che guarda con attenzione tutto. Nel corso del Gp, un giovane pilota francese, tale Tom Dillmann, si fa notare per l’incredibile serie di sorpassi effettuati all’esterno della curva 3 di Montmelò. Un punto assurdo. Alonso capisce che, quell’anno, il livello di grip presente in quella curva è tale da poter pensare a traiettorie mai provate prima. Pronti via, Alonso scatta come un fulmine e, giunto alla curva 3, effettua uno dei sorpassi più belli di sempre nella storia della F1, ai danni di Hamilton su Mercedes. Un sorpasso decisivo per un Gp che l’asturiano vincerà. Alonso è anche questo. Abbiamo detto anche del controverso aspetto caratteriale. Certo, Alonso non è avulso da polemiche di ogni tipo. Dal mass dumper ai duelli con Hamilton e Dennis, fino al famigerato “geni/scemi” di Monza. Però Alonso è stato anche uno dei pochi piloti in rosso ad aver cercato sempre un contatto diretto col pubblico. Ha sempre fatto parte di sè anche prima del suo arrivo in Ferrari. Io, per esempio, ricordo della presentazione della nuova Renault per la stagione 2004 a Palermo, una città poco avvezza a certe manifestazioni motoristiche. La città intera si riversò nella centralissima P.zza Castelnuovo, più comunemente riconosciuta come P.zza Politeama. Fu un bel pomeriggio. Trulli, Symmonds, Briatore, Permane e poi lui, Alonso: totalmente a suo agio con una folla strabordante. Lui e Trulli ci deliziarono con una scorta assortita di ciambelloni a ruote fumanti. Se poi penso al famoso selfie sul podio di Monza, allora si capisce che Alonso aveva un rapporto diretto con i tifosi. E quando guardo le immagini del commiato dalla Ferrari ad Abu Dhabi, e scorgo una leggera commozione in fondo al suo volto, mi viene il dubbio che quella leggera malinconia presente anche negli addii voluti sia dovuta a quella gente che esaltava. Dicono fosse il nuovo Prost. Forse in pista, ma Alain mai si sarebbe sognato di scendere dalla vettura e agitare la propria bandiera come un ossesso davanti ad una tribuna in delirio come accadde a Valencia nel 2012. Quel giorno il team Ferrari scrisse “Tanta roba” nella lavagna del pit wall. Tanta roba, nonostante tutto,questi anni in Ferrari. Tags: 2014, Andrea Stella, Fernando Alonso, Flavio Briatore, Jarno Trulli, Lewis Hamilton, Mark Webber, Ron Dennis, Scuderia Ferrari, Sebastian Vettel