Formula 1 VS Moto GP: Ducati e Ferrari, pressione pericolosa
Bizzarro il calendario 2016 delle due principali competizioni motoristiche: Formula 1 e Moto GP hanno disputato i primi due Gran Premi della stagione nelle stesse domeniche. Al terzo appuntamento è tornata la classica alternanza, necessaria visto che lo sport è sempre più schiavo delle televisioni. Ma 2 e 4 ruote sono rimaste simbolicamente legate ancora, per un’altra domenica…
Gran Premio di Cina 2016. Sebastian Vettel (28 anni) e Kimi Raikkonen (36) discutono sull’incidente alla prima curva
Due autoscontri fratricidi nel giro di quindici giorni: le due Ducati nel Gran Premio d’Argentina si sono scontrate come le due Ferrari nell’ultimo fine settimana in Cina. Andrea Iannone come Sebastian Vettel, colpevoli; Andrea Dovizioso come Kimi Raikkonen, centrati in pieno, sfortunati, come al solito. Che il contatto tra i due italiani sia avvenuto all’ultima curva dell’ultimo giro, mentre quello tra i due ferraristi alla prima curva del primo giro, conta poco. Così come è secondario il fatto che le due moto siano finite nella sabbia, mentre Vettel abbia recuperato sino al podio e Raikkonen si sia piazzato 5°. Le immagini delle carene e delle fiancate bianco/rosse che vanno a confondersi l’una sull’altra restano un’immagine indelebile; sorprendente se consideriamo che siamo pur sempre ad inizio stagione e se pensiamo che Ducati e Ferrari, secondo la filosofia sportiva italica, dovrebbero essere rette da precisi ordini di scuderia e rigide gerarchie interne.
Italia, già. Quanti appassionati, quanti tifosi, quanta pressione per Ducati e Ferrari; ogni anno è sempre l’anno di qualcosa: della rinascita, della conferma, della vittoria, della rifondazione. Pochi piloti e tecnici riescono a sopportare tali inesauribili aspettative. Certo, un trionfo con uno di questi due team ti porta direttamente sull’Olimpo: chiedere a Casey Stoner e a Michael Schumacher, per esempio.
Casey Stoner (30), indimenticabile campione del mondo Ducati 2007
Dopo un 2014 deludente, il 2015 è stato, manco a dirlo, l’anno della rinascita per la Ferrari: “Siamo stati bocciati due anni fa, eravamo ripetenti lo scorso anno e adesso vogliamo essere promossi“, queste le parole del team principal Ferrari Maurizio Arrivabene alla vigilia della stagione 2016. Soprattutto, 12 mesi fa, hanno brillato i piloti del Cavallino: il 4 volte campione Vettel ha dimostrato di saper fare la differenza anche con un mezzo inferiore e di poter guadagnarsi il titolo iridato appena la Ferrari sarà competitiva.
Il 2015 ha ridato linfa anche alle rosse di Borgo Panigale, dopo un 2014 deludente con la coppia Dovizioso–Crutchlow. Moto finalmente guidabili, nate da un progetto pragmatico, libero da certi crismi della tradizione ducatista. Il merito va dato certamente all’ingegner Gigi Dall’Igna. I piloti Ducati conquistarono nello scorso campionato 7 podi in 18 GP, fortissimi nelle prime gare, con Iannone autore di guizzi interessanti.
Per il 2016 le ambizioni per entrambi i team italiani erano e restano alte. Vettel e Raikkonen sono saliti sull’aereo per l’Australia con il presidente Sergio Marchionne che fissava l’obiettivo della vittoria. Stagione decisiva, insomma. Ma la pressione è forse distribuita in modo diverso all’interno di Ferrari e Ducati: la prima deve dimostrare di avere un mezzo all’altezza perché i piloti non si discutono; la seconda, viceversa, dopo gli ottimi test invernali, è consapevole di avere un mezzo competitivo, mentre i piloti sono sotto esame.
A Maranello sembra di rivivere i tempi di Fernando Alonso, con un pilota, Vettel, in attesa di ricevere una degna monoposto, per combattere non più la Red Bull ma le Mercedes. I capi tecnici e il boss del muretto Arrivabene rischiano invece il posto se i risultati non dovessero arrivare. Dopo le prime tre gare (Australia, Bahrain, Cina) la nuova SF16-H non ha ancora mostrato di che pasta è fatta: strategie sbagliate in gara o in qualifica e problemi di affidabilità hanno costretto i ferraristi a corse ad ostacoli.
Dopo i GP del Qatar, di Argentina e degli Stati Uniti, in tanti considerano la Desmosedici GP16 la moto migliore. Dovizioso e Iannone, invece, sono stretti dalla presenza ingombrante, e assai discutibile, del collaudatore di lusso Casey Stoner e dall’ingaggio di Jorge Lorenzo per la stagione 2017, ufficializzato già in questi giorni. La competizione è esasperata e la squadra, affidata a Paolo Ciabatti, sembra ignorare il benessere psicologico dei due piloti ufficiali, messi costantemente sotto pressione. I due nelle prime gare, oltre al plateale contatto argentino, si sono più volte ostacolati a vicenda nell’inseguire i leader della corsa. La forte competizione tra i due compagni di squadra non pare essere motivo di sprono, anzi. E’ difficile trovare un equilibrio; sta di fatto che le ultime gare di Moto GP e Formula 1 hanno mostrato come Ducati e Ferrari abbiano sulle spalle pesi esagerati. Probabilmente è il destino di questi due leggendari team, ma intanto si sono innescati due imbarazzanti autoscontri fratricidi.
Un’ulteriore postilla sul contatto Vettel–Raikkonen.
Nel dopo gara, a Shanghai, Vettel è sembrato innaturale. Si è rivolto in modo polemico contro Daniil Kvyat, reo, secondo il tedesco, di averlo attaccato e superato alla prima curva in modo troppo aggressivo. Per questo Seb è finito addosso all’altro ferrarista. In realtà il russo aveva di fronte a sé un’autostrada che chiunque avrebbe sfruttato. Semmai l’errore, anzi gli errori, sono stati dei ferraristi: Raikkonen, come al solito, ha ciccato la partenza finendo lungo, e lo stesso Sebastian, ingannato dall’errore del finlandese, ha aperto la porta all’interno a Kvyat.
Però a fine gara i commentatori di Sky Sport si sono ben guardati dal criticare Vettel. Anzi, impressionati dalla verve polemica del tedesco, lo hanno subito paragonato ad Ayrton Senna, quando al Gran Premio di Francia del 1992 redarguì pesantemente un giovane e scapestrato Michael Schumacher. Ma il parallelismo non tiene, chiaro argomento per far passare il ferrarista dalla parte dei grandi della F1. Senna aveva semplicemente ragione e Schumacher era recidivo. Invece Kvyat ha fatto bene a rispondere a Vettel, anche in modo irriverente. Vettel, pilota troppo onesto per sceneggiate di questo genere, è stato vittima della pressione, perché dopo tre GP si trova a 42 punti da Nico Rosberg. La sua partenza non è stata efficace e ha voluto indicare il capro espiatorio, in favor di telecamere, poco prima della premiazione.
Così recita quel banale ritornello che i telecronisti F1 si affannano a ripetere ad ogni occasione, giusto per mantenere i telespettatori incollati ai monitor: le Mercedes, se messe sotto pressione, sono battibili. Vero, ma per ora ad annullarsi per eccesso di pressione sono stati i due piloti Ferrari, così come quelli Ducati.
Cina 2016, Francia 1992: Sebastian Vettel come Ayrton Senna?