Credits: Media Center Ferrari

L’ultimo Gran Premio di Formula 1 ha regalato un fine settimana intenso, culminato con una gara da ricordare. Tanti i colpi di scena e le variabili che hanno ribaltato i pronostici; tra incidenti, penalità, sorpassi o faticose spinte, ciascun pilota ha tirato un sospiro di sollievo quando è calata la bandiera a scacchi, che non solo ha messo fine alla corsa, ma ha anche dato il via alle vacanze estive del Circus.

A dispetto delle aspettative, sullo stretto e lento circuito di Budapest nessuno ha potuto condurre una corsa lineare, così le avversità hanno fatto emergere le qualità e i limiti dei piloti, alla faccia di chi dice che guidare in F.1 è ormai cosa semplice…

Iniziamo dalle qualifiche.
A metà Q2, Fernando Alonso procede lentamente nell’ultimo settore della pista. La sua McLaren-Honda non ha alcuna spinta propulsiva, è l’ennesimo problema tecnico della stagione. Peccato, perché il lento tracciato ungherese, simile a Montecarlo dove Jenson Button conquistò i primi punti per il team, può nascondere i limiti tecnici della monoposto. Tutte le ambizioni di gloria sembrano così svanire, e Alonso ha tutto il tempo di rendersene conto, mentre la sua McLaren decelera costantemente lungo l’ultimo tornante. La leggera salita blocca definitivamente la McLaren che procedeva per inerzia, a pochi metri dall’ingresso della corsia box. Alonso scende dalla vettura e pericolosamente evita che questa, senza controllo, ridiscenda in contromano. I piloti sfilano, la bandiera rossa sta per essere esposta, quando il neo 34enne spagnolo decide di spingere da solo la MP4-30 in direzione dei box. Inizialmente si aiuta con un piede spingendo sul pneumatico anteriore; con l’aiuto dei commissari poi l’impresa riesce. Alonso, applaudito dalle grandi tribune centrali per lo sforzo (la temperatura è caldissima, l’asfalto supera i 50°), corre mentre con una mano spinge la vettura, all’altezza dell’abitacolo, e con l’altra ha il tempo di rispondere al saluto dei tifosi: un gesto entusiasmante, degno di un campione d’altri tempi.
Purtroppo i meccanici una volta ricevuta la macchina si sono resi conto che il danno era irreparabile. Alonso è scattato domenica 15° e i 10 punti conquistati grazie al 5° posto finale sono stati la degna ricompensa per un campione che il sabato ha dimostrato quanto siano false certe illazioni sulla sua scarsa professionalità nei momenti difficili.

Dalle schermaglie della domenica emerge un altro campione. Dopo Alonso, sale in cattedra Sebastian Vettel. Il pilota della Ferrari aveva già limitato abilmente i danni in qualifica, rimediando poco più di un decimo dalla seconda Freccia d’Argento, quella di Nico Rosberg. La partenza di Vettel è stata leggendaria: subito dopo il brillante scatto affianca la Mercedes di Hamilton, a dividerli ci sono pochi millimetri. La traiettoria esterna intelligente nell’affrontare la prima curva a destra permette al tedesco anche di proteggersi dall’attacco di Rosberg, che nel frattempo alla staccata aveva passato il compagno.
Veloce e immune da errori Sebastian conduce poi la corsa da vero “front runner”, come ai tempi della Red Bull. La Safety car sembra però “riportarlo sulla terra”, rubandogli il rassicurante margine costruito sul compagno di squadra Kimi Raikkonen. Alla ripartenza Vettel non si fa beffare da Rosberg, che nel frattempo aveva guadagnato la seconda posizione grazie al ritiro di Kimi. 15 secondi è infine la distanza che Vettel avrà su Daniil Kvyat, secondo classificato. La dedica finale a Jules Bianchi e le immancabili parole di incoraggiamento alla squadra impreziosiscono il lavoro che il 4 volte campione del mondo ha svolto in maniera magistrale in Ungheria: meno male che Sebastian era uno che vinceva solo grazie alla Red Bull!

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Uno stoico Fernando Alonso (34 anni) spinge la sua monoposto all’interno della corsia dei box, di fronte ad un pubblico entusiasta
Il Gran Premio di Ungheria ha mostrato chiaramente l’indole da attaccante nato, nel bene e nel male, dei due più grandi combattenti della Formula 1 attuale: Lewis Hamilton e Daniel Ricciardo.
L’inglese della Mercedes, pole-man, ha rovinato tutto la domenica in partenza. Un problema alla frizione pare essere stata la causa di una partenza sciagurata che lo ha portato dalla 1^ alla 4^ posizione dopo le prime due curve; alla sesta però Lewis ci ha messo del suo: vistosi sopravanzare dalle due rosse e soprattutto dal compagno di team, il leader della classifica iridata non ci ha visto più, e ha sferrato un attacco impossibile alla chicane. Una manovra inutile, dettata solo dalla pressione e dalla smania di provarci sempre, ad ogni costo. E’ bastato infatti che Rosberg allargasse in protezione, che Lewis è volato nella sabbia, dando il via ad una serie di errori che hanno portato l’inglese ha compiere una delle peggiori gare della sua carriera. Ma forse Hamilton non sarebbe tale se non corresse come ha corso domenica, sempre “col coltello tra i denti”, a cercare spazi per attaccare anche dove questi non ci sono. Alla fine con sincero fair play, Hamilton è sceso dal piedistallo sul quale spesso decide di porsi, si è spogliato dei panni della sprezzante star, e si è scusato col team via radio.

Domenica si è rivisto anche uno spumeggiante Daniel Ricciardo. Alla fine la sua condotta di gara esagerata che lo ha visto protagonista di ben tre sportellate, lo ha privato di un secondo posto sul podio. Eppure, in uno scriteriato tentativo di sorpasso, negli ultimi chilometri, ai danni di Rosberg, si è vista quella carica agonistica che solo Hamilton in questi anni ha saputo mostrare in F.1. L’australiano consapevole di avere un passo gara migliore di Nico ha frenato a ruote bloccate, si è aggrappato al punto di corda come un pirata all’assalto e si è ributtato in traiettoria in modo maldestro toccando involontariamente l’ala anteriore della Mercedes, mandandola in frantumi. E’ vero, Ricciardo in questo modo ha rovinato la sua corsa e quella di Rosberg, proprio quando mancava pochissimo al termine del GP, ma Daniel, al 5° anno di F.1, è sempre un pilota capace di regalare manovre all’arrembaggio, che sorprendono, divertono, appassionano.

Hungarian Grand Prix, Hungaroring 23 - 26 July 2015
Daniel Ricciardo (26) alla frenata della prima curva a ruote bloccate infila un sorpreso Nico Rosberg (30)
Amaro fine settimana magiaro per due piloti sotto la lente di ingrandimento in questo 2015: Nico Rosberg e Kimi Raikkonen. A onore del vero quello di Kimi Raikkonen non è stato un GP negativo, ma anche con una Ferrari competitiva Kimi è rimasto alle spalle di Vettel, sia in qualifica che in gara.
La classifica mondiale, a metà campionato, parla chiaro: Raikkonen e Rosberg sono i due piloti che hanno meno punti rispetto ai propri compagni di squadra, e spesso recitano il ruolo di gregari. In particolare Kimi soffre il confronto con Sebastian rispetto ai podi (1 contro 7) e alle vittorie (zero contro due). Raikkonen ha dimostrato lo scorso anno di esser meno efficace nell’adattamento alle monoposto ibride rispetto ad Alonso. E’ stato l’ultimo pilota a vincere il titolo a Maranello, è vero, ma anche quando trionfò nel lontano 2007, Kimi non si dimostrò particolarmente costante.
In realtà alla Ferrari non hanno mai conosciuto il vero Ice Man, quello che vinceva ai tempi della McLaren-Mercedes. Sulla sua permanenza al Cavallino ci sono oggi tanti dubbi, giustificati. Domenica scorsa un guasto alla power unit lo ha privato di un secondo posto meritato, ma non si può parlare di accanimento della sfortuna: ogni pilota nell’arco di una stagione subisce delle noie meccaniche; sta a Kimi trovarsi sempre nelle posizioni di vertice, in modo tale da avere più chance per vincere anche l’affidabilità.

Nico Rosberg infine è il grande deluso del GP ungherese. A meno di 5 giri dal termine era in testa al Mondiale. Perdente è stata la strategia di montare gomme medie all’ultimo pit stop, in regime di Safety car. Mai pericoloso, come è capitato spesso in stagione, si è limitato a fare la corsa su Hamilton. Alla fine, con Ricciardo alle costole, non ha saputo nemmeno difendersi evitando un eventuale contatto, che invece c’è stato: 8° posto finale e altri 4 punti persi dalla vetta.
Rosberg ha gli stessi podi di Hamilton, ma con una Mercedes così competitiva ha ottenuto una sola vittoria in più rispetto al ferrarista Vettel (3 contro 2). In qualifica poi Lewis ha battuto Nico 9 volte su 10: sono numeri da “seconda guida di lusso”, e se Hamilton riesce a guadagnare punti anche quando fa una sosta in più e un drive-through la vittoria del titolo iridato per Nico sembra quasi impossibile, e forse anche immeritata.

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Da sx, Nico Rosberg (30) e Kimi Raikkonen (35): entrambi stanno vivendo una stagione difficile, nell’ombra dei propri compagni di squadra
La Formula Magica