Formula 1 | Ferrari regina dei test F1 di Barcellona, Mercedes permettendo
Primo atto della stagione di Formula 1 2018. Lì, nella palestra delle regine a ruote scoperte, si è consumata la otto giorni di test collettivi. Una parade incessante di avveniristiche monoposto, un po’ sfregiate da un tizio inanimato di nome Halo. Lì dove, da tempo quasi immemore, una chimera, incarnata da un paulista, era l’ambito trofeo. Sì, Barcellona è oramai caduta!
Dopo questa ondata di test catalani, tutti pronti per la prima tappa, Melbourne, Australia, di un lungo mondiale di Formula 1 tutto da scoprire, vivere. Non senza timori di sorta, facili entusiasmi, convinzioni alquanto aleatorie.
Spunta un’unica sentenza, un coro affiatato indisturbabile, a rimarcare equilibri intatti nella più classica delle teorie recenti. La Mercedes, con la nuova W09, la Diva 2.0, guarda tutti dall’alto. Di certo, non a caso, vista la scelta conservativa adottata a Brackley, quella di perseguire la strada tecnica della Diva 1.0. La comunque trionfante W08, che di riffa, di raffa, per meriti, in tutti i sensi, ha agguantato con relativo anticipo il titolo 2017. Doti suggellate dalla nuova monoposto 2018, carenze apparentemente appianate visti i risultati entusiasmanti delle simulazioni nelle due ultime giornate test al Montmeló.
Se ne sentono di ogni a favore, da ogni ad osannare la grandiosità dei tiranni di questo, quasi, ultimo lustro di storia della beneamata. Eppure in questa marea di oro luccicante c’è molto che torna, ma qualcosina resta alquanto in ombra. Mercedes ha gozzovigliato nelle impegnative pieghe del tracciato di Barcellona sulle mescole dalla banda bianca. Snobbando, quasi completamente, i compounds di pneumatici più morbidi. La già famigerata W09 pare affetta da visivo sconquassamento della suddetta classe di scarpe in gomma nere, di rosso e viola marchiate. SuperSoft ed UltraSoft. Le uniche morbide che hanno avuto l’onore di calzare i cestelli della freccia d’argento 2018. Eloquenti foto immortalano lo smembramento superficiale del battistrada, una sorta di craterizzazione vistosa. Un blistering, in gergo tecnico, abbastanza molesto, non ben identificato sul piano del conseguente deficit prestazionale.
Fesseria, questione di asset vettura in divenire, di facile risoluzione per i geni argentati. Quante volte risulteranno determinanti in gara le morbide? Poche. O no? Ah, anche la ritinta in azzurro, la Hard sembra ben maltrattata. Ma quest’altra chi la userà, suvvia. Allo stadio attuale, lato Germania, tutto apposto. Anche un occulto GPS avrebbe relegato il lato Italia un gradino sotto la crucca corazzata. Nonostante la nuova nata in rosa, la mescola Hypersoft. Adottata e gongolata per qualche mini run dalla Ferrari SF71H, con entrambi i driver. Nonché da Daniel Ricciardo, da Fernando Alonso, e non solo. Un torneo non ufficiale, all’attacco dell’ufficioso record della pista catalana, quel lontano 1’18″3 segnato da Felipe Massa versione 2008. Una chimera paulista sfiorata dalla SF70H nei test 2017, varcata dalla RB14, surclassata dalla vettura in rosso integrale 2018.
1’17″182 il tempo di Sebastian, 1’17″221 il tempo di Kimi.
I migliori crono dei test, ovviamente. Prestazioni del tutto relative, tirate senza forzare, non a serbatoio vuoto, con la Pirelli in rosa non prevista per il gran premio spagnolo. Non utile alla causa test prestagionali di quel di Stoccarda, visto quel 1’18″825 di Valtteri Bottas su Medium. La mescola più dura prevista per Barcellona.
Strada in salita per Maranello, del tutto apparentemente, visto che il miglior crono rosso su banda bianca è di 1’20″396 segnato dalla #5 con cospicuo carico di carburante. Un divario nettissimo, fin troppo in verità, troppo ampio per considerare il cavallino rampante fuori dai giochi a partire dall’Australia. Lì dove, la mescola più dura sarà la Soft. Con la quale Vettel ha segnato 1’19″541, mentre il miglior tempo dei grigi su banda gialla è stato di 1’20″596 con la #77.
È allora? Di che si parla?
Delle simulazioni di gran premio. La Ferrari ha tenuto un ritmo gara medio, simulato complessivo, inferiore a quello espresso dalla Mercedes con la maledetta banda bianca. Non fosse per quell’ultimo giro, 1’19″9, una mosca bianca a guardare quel 1’21″1, media tempo dell’ultimo stint simulazione gara del tedesco rosso. Una anomala incongruenza. In perfetto accordo con la media tempo dell’ultimo stint simulazione gara del finlandese d’argento. 1’19”, alto.
Piuttosto la SF71H è molto più rivoluzionata della W09, relativamente le rispettive basi ottime 2017. Soprattutto dal punto di vista meccanico e telaistico.
Semmai una Diva in vestito rosso, da corteggiare un attimo, da conquistare completamente.
Tempi? Vi sono una quindicina di giorni dove analizzare i riscontri offerti da una Montmeló bizzarra. Completamente riasfaltata, e forse, un tantino più ruvida. Affetta da escursioni termiche eccessivamente variegate per tutta la otto giorni. Un rompicapo, se unito all’arcobaleno Pirelli, tendente al settore cromatico morbido nella prima parte di campionato. La fascia mescole risultata un po’ indigesta alla vettura tedesca, definita dal secondo in grado “mangiagomme”.
Tutte elucubrazioni, si ritorna sulla terra. GPS scripsit! Ci si prepara alla SF71H più lenta in curva della W09. Lì a tenere testa alla rinata Red Bull, la bellissima, in pista, RB14. E pace.
I punti certi sono gli pneumatici, ammorbiditi di gamma, tutti, tendenti a ribollere in superficie. Un neo un po’ bistrattato, una evidenza che potrebbe scatenare uno scandalo, il primo 2018, già nella prima fase di mondiale. In nome di mamma sicurezza, non la prima volta. Al resto della compagnia i migliori auguri per la più degna figura possibile.