Fernando Alonso si alza, prende e se ne va: saluta la Formula 1 e va probabilmente in Indycar, alla ricerca della Triple Crown.

L’assenza dell’asturiano in griglia sarà pesante, essendo lui uno dei piloti più carismatici presenti: antipatico o no che sia, è tra i pochi che in questi anni ha avuto il coraggio di dire quello che pensava dietro a un microfono piuttosto che attraverso un team radio. Esagerato a tratti, sincero e senza filtri praticamente sempre.

Non ha risparmiato critiche feroci alla Honda, alla McLaren, e nemmeno alla Ferrari. Questo modo di affrontare la realtà lo ha portato a una quasi totale solitudine all’interno del Circus, ma tant’è e non si torna indietro.

Uno stile alla samurai, come piace a lui. Da solo, spesso contro tutti, un pilota che andava spesso coccolato per rendere al meglio. Uno dei piloti più talentuosi, controversi, amati e odiati allo stesso tempo che ci si ricordi.

Alonso resta l’unico ad aver interrotto il dominio di Schumacher nel biennio 2005/2006, portando a casa due titoli due in carriera che potevano essere di più senza qualche errore suo e del box negli anni in Rosso dal 2010 al 2014. È quindi quasi del tutto ingiustificato l’odio ferrarista verso di lui, lui che si “permise” di denunciare i limiti di una Ferrari non al livello della Red Bull e compagnia bella.

Intanto la certezza è quella di aver perso uno dei migliori talenti di sempre, persosi tra scelte sbagliate, limiti caratteriali e sfortune. Il ritiro annunciato ieri non era altro che l’unica vera alternativa tra le sue mani.

La solitudine dei numeri uno porta anche a questo. A sbagliare, ma sempre per seguire se stessi.

La solitudine dei numeri uno, quale Fernando è stato, sarà un po’ anche la nostra. Mancherà a chi l’ha amato, mancherà a chi l’ha preso di mira negli ultimi tempi.

Grazie di tutto, Nando.