Essere Alonsista, una scelta di vita: questa è la mia Formula 1

Credits: McLaren Media Hub

 

Fin da quando ci siamo buttati a capofitto nel progetto del Popolo Alonsista, una delle domande che le persone mi fa più di sovente è «perché sei Alonsista?», un po’ come se si trattasse di uno status symbol per alcuni, sinonimo di emarginazione per altri. Tifare il pilota o la squadra? Per capire se sei nella norma o meno, tanto dipende anche dal Paese dove abiti. Noi siamo in Italia e già, tifare una scuderia che non sia la Ferrari, per la maggior parte dei fan del Cavallino Rampante, è un’opzione nemmeno lontanamente immaginabile. Pensare, tifare un pilota che poco o niente ha a che fare con l’Italia, una Nazione spudoratamente schierata verso il gioco di squadra. E proprio quest’ultima filosofia di tifo è quella che meno sento vicino alla mia persona, come appassionata.

Il tifo di squadra cancella il passato. Non importa quello che un pilota ha fatto o detto negli anni precedenti, nei confronti della squadra. Basta entrare a far parte del gruppo per godere, improvvisamente, di sostegno incondizionato. Basta una vittoria o un podio o una frase in italiano, per riappacificare gli animi. No, io questo non l’ho mai fatto e non lo potrei mai fare. Il passato è storia e non si può cancellare. È ipocrisia, è come voler depennare una parte, esistita, di noi stessi. Ecco perché sto col pilota, indipendentemente dalla squadra per la quale corre. Del resto, soldi dai diritti televisivi a parte, è il Mondiale Piloti quello che conta, il Costruttori è praticamente visto dal 90% dei tifosi come un premio di consolazione. Pensateci un attimo: tifare un pilota, non è poi così tanto distante dal tifare una squadra.

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Essere Alonsista è un sentimento, una scelta di vita, una passione o una bella illusione. È molto più di leggere o scrivere notizie, non perdersi un telegiornale sportivo per carpire ogni curiosità o novità riguardante il tuo beniamino. Per me, vuol dire di più che seguire prove libere, qualifiche e gare della stagione di Formula 1, se non in televisione, con qualunque mezzo a nostra disposizione. È qualcosa di più che applaudirlo a ogni vittoria e criticarlo, ove necessario, nella sconfitta.

Essere Alonsista vuol dire saper apprezzare il suo stile di guida, la grinta e determinazione nel portare la vettura in pista, anche quando la macchina non ti permette di vincere, ma a mala pena di combattere per la zona punti. Vuol dire saper apprezzare il tempo e i sacrifici sostenuti dalla sua famiglia per farlo correre e l’orgoglio dei suoi genitori di averlo visto finalmente debuttare nella classe regina del Motorsport.

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Essere Alonsista è riconoscere l’effettivo valore degli avversari, dare valore a ognuno di loro e riuscire a sfruttare al massimo delle emozioni che riesce a infonderti questo meraviglioso sport, che si chiama Formula 1.

Essere Alonsista è quel sentimento che ti riempie il cuore ogni volta che lo vedi scendere in pista, che sia un filmato promozionale o una gara, è quell’incontenibile esaltazione mista a inquietudine che ti fa stare incollata sul divano per tutta la gara, che riesce a farti sognare con le sue fulminanti remuntadas. È incrociare le dita delle mani, congiungerle, come a chiudersi in una preghiera, pensare che lui possa sentirti, al momento della partenza, nella speranza che tutto possa filare per il verso giusto, senza intoppi. È preoccuparsi, quando in un incidente ci mette un po’ ad alzarsi dalla macchina, è piangere, arrabbiarsi, stressarsi, nei momenti più duri, come se ti trovassi in macchina con lui, forse più di lui.

Essere Alonsista è sapere dove tutto è cominciato. Da quel kart, coi colori che furono della vittoriosa McLaren di Ayrton Senna, che il padre gli donò all’età di 3 anni. È sapere che tutto iniziò in Minardi, poi in Renault, dove poco a poco ha imparato a vincere, è proseguita in McLaren, a più riprese, in Ferrari, dove abbiamo imparato che non sempre il pilota più vincente è quello maggiormente amato.

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Essere Alonsista è lodare il tuo pilota quando vince, ma recriminargli eventuali errori, quando vengono commessi. Non siamo nati per essere dei cavalli col paraocchi. È rispettare le decisioni del pilota, anche quelle estreme. È attendere una stagione dopo l’altra, farsi illusioni, aspettative. È riuscire a farti suggestionare e sognare di vedere, ancora una volta, il nostro Fernando sul gradino più alto del podio, applaudito non da tutti, ma da quelli che sono spinti a stargli accanto, sempre e comunque e che vengono spinti a sostenerlo nei momenti felici, ma soprattutto in quelli difficili.

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Per quello che ho scritto c’è chi mi appoggerà, chi mi criticherà, mi darà della pazza. L’importante è essere sempre coerenti con se stessi, rispettosi, soprattutto con gli altri e apposto con la propria coscienza.