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Credit: Zak Mauger / Motorsport Images

Sebastian Vettel ha avuto il coraggio di dire basta. A 35 anni appena compiuti, il pilota tedesco ha comunicato di aver deciso per il ritiro dalle corse al termine del Mondiale 2022

Nessuno, questa mattina, ha lontanamente immaginato che l’apertura del suo profilo Instagram nascondesse, all’effettivo, l’annuncio a sorpresa del suo ritiro. Forse potrebbe sembrare un po’ esagerato a ‘scriversi’. Ma possiamo dire che Sebastian Vettel ha avuto il coraggio di dire basta.

La crescita mostrata da Aston Martin dall’inizio della stagione non è stata sufficiente per convincere Seb a restare. E, anche se magari non riuscirà a ritoccare le cifre che già compongono il suo palmarès sportivo da qui a fine stagione, Vettel saluterà la Formula 1 con numeri da record: 4 titoli mondiali, 53 vittorie, 122 podi, 57 pole position, 38 giri veloci per un totale di 3076 punti ottenuti in carriera.

La notizia del ritiro del pilota 35enne dalla Formula 1 è stata accolta con grande tristezza, non solo dagli appassionati, ma proprio dall’ambiente della Formula 1. Perché Seb non era solo un grandissimo pilota (e non solo solo i numeri a dirlo) ma era, ed è soprattutto, un grandissimo uomo.

Non è solo un pilota che è praticamente arrivato bambino in Formula 1, ma che nel Circus è cresciuto, maturato. Alcuni diranno invecchiato. Che si è fatto uomo, con la U maiuscola, e che in un certo senso si è fatto portavoce di questo sport, segnando in maniera significativa il futuro della Formula 1, quel bisogno di cambiamento sempre più inclusivo e attento alle battaglie sociali.

Vettel, il bambino prodigio

Seb arrivò in Formula 1 nel 2006, con la stessa faccia pulita da bravo ragazzo che ha ancora oggi. Venne ingaggiato dalla BMW Sauber come terzo pilota e fu confermato dalla scuderia svizzera anche per il 2007. Quando Vettel arrivò in Formula 1, di lui ci fu un gran vociare. Era arrivato con la nomea di bambino prodigio.
Il debutto vero e proprio nella massima formula automobilistica avvenne il 17 giugno 2007 nel GP degli Stati Uniti, quando Seb si trovò a prendere il posto di Robert Kubica, a seguito del tremendo incidente occorso al polacco in occasione della gara di Montreal.

Seb non ha tradito la nomea di “bambino prodigio”. Ancora oggi, coi suoi 23 anni 4 mesi e 11 giorni resta il più giovane pilota ad aver vinto un mondiale in Formula 1. Dopo aver mostrato tutto il suo talento in Toro Rosso, per il tedesco arrivò la promozione in Red Bull, nel 2009.
Non voglio risultare meschina. Ma non si può di certo nascondere che Vettel abbia avuto l’accortezza di trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Proprio quando la Red Bull era praticamente una monoposto imbattibile.

Nel 2010 il tedesco si portò a casa il primo titolo battendo Webber, suo compagno di squadra, e Fernando Alonso sul tracciato di Abu Dhabi. Seb ha replicato: nel 2011, nel 2012 e nel 2013, infine. Dopo aver vinto i suoi quattro titoli, tutti col team di Milton Keynes, le difficoltà del 2014 in Red Bull gli hanno aperto la strada per la Ferrari.

Il biondo e la Rossa

Riuscire a correre un giorno col Cavallino Rampante e, in un certo senso, seguire le orme del suo eroe e amico, Michael Schumacher. E perché no, riportare quel titolo iridato a Maranello dopo anni di astinenza. Questo è sempre stato uno dei sogni di Sebastian Vettel. Un sogno realizzato. Il tedesco si è unito alla Ferrari nel 2015 prendendo non solo il posto di Alonso in macchina, ma soprattutto nel cuore dei tifosi.
In cuor suo, forse, Vettel sognava di replicare quello che era riuscito a ottenere Michael Schumacher con la Ferrari. Il Kaiser di Kerpen si era sempre preso cura di Vettel durante i suoi primi anni in Formula 1. Un po’ come ha fatto Seb nei confronti del figlio di Schumacher, Mick, da quando è arrivato nel Circus.

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Credits: Scuderia Ferrari Press Area

Non tutte le ciambelle escono col buco

Tutto sembrava essere cominciato nel migliore dei modi. Ma un mix di fatti spiacevoli (la morte di Sergio Marchionne a esempio, e la conseguente guerra interna in casa Ferrari tra Arrivabene e Binotto) e di errori del pilota, ha permesso a Lewis Hamilton e alla Mercedes di regnare in maniera incontrastata sulla Formula 1 tra il 2017 e il 2020.

Con l’arrivo di Leclerc a Maranello, tutto è cambiato per Vettel. L’attenzione si spostò completamente sul monegasco. Un giovane di belle speranze. Nato e cresciuto, sportivamente e non solo, sotto l’ala di Jules Bianchi, un talento cristallino che ha lasciato Vettel in disparte. Tanto da portare il tedesco a decidere di congedarsi dalla sua amata Rossa.

Aston Martin: la fine di un’era per Sebastian Vettel

Dopo l’avventura in Ferrari, chiusa nel modo più improbabile possibile, Seb si unì all’Aston Martin. Proprio la sua esperienza è stata fondamentale per la crescita del team, che punta ai massimi livelli di Formula 1 entro il massimo quinquennio.
Il bello di Vettel è che in Aston Martin, come non aveva fatto in nessun altra scuderia prima, non ha portato solo il suo talento e le abilità di guida. Ha portato anche sé stesso. Le sue battaglie, fuori e dentro la pista, tanto che Aston Martin si è fatta un po’ cassa di risonanza delle sfide sociali che il tedesco ha deciso di sposare.

L’uomo davanti al pilota

Anche se non sono stata, sportivamente parlando, una sua tifosa, mi sento di dire una cosa, che sono disposta a urlare a gran voce. Seb è prima di tutto una brava persona. Una gran brava persona.
Seb è un po’ un pilota di altri tempi che ha sempre difeso con grande ostinazione, un po’ come Michael Schumacher, la sua famiglia e la sua privacy. Fino a oggi, ricordiamolo, Seb era l’unico pilota che non avesse un account (ufficiale) sui social network.

Seb ama in maniera spasmodica ciò per il quale decide di metterci la faccia. Ama la Formula 1. O forse l’ha amata. E ora ha deciso di lasciarla forse perché si sente emotivamente parlando, lontano da quello in cui si è trasformato il Circus iridato. Gli ultimi anni di Vettel nella massima formula automobilistica non saranno ricordati solo per i suoi sforzi in pista. Ma anche e soprattutto per le nobili cause che ha sposato fuori dalla pista.

Vettel ha rappresentato un po’ la voce di cui la Formula 1 aveva bisogno. Si è impegnato in campagne di notevole importanza sociale a sostegno delle minoranze e dell’inclusione. Si è battuto, esattamente come Hamilton, contro ogni forma di razzismo, e non si parla di colore della pelle.
È diventato il “Greta Thunberg” del Circus. È anche un convinto ambientalista che più volte ha messo in risalto le problematiche legate alla crisi climatica che sta affliggendo il mondo intero, tanto da aver manifestato più volte il suo impegno nei confronti della natura, degli oceani e degli animali.

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Credit: Getty Images

Esattamente un anno fa, all’Hungaroring, Seb si è presentato nel paddock con ai piedi un un paio di scarpe bianche con impresso un arcobaleno, il simbolo della comunità LGBTI per manifestare il suo disappunto nei confronti della legge Orban, etichettata come “discriminatoria e vergognosa“.

Seb, in un certo senso, ha provato a seguire le orme di Lewis Hamilton iniziando a seguire una dieta vegana nel 2019. Seb è anche quel pilota, e prima di tutto uomo, che si è esposto in prima persona nel mostrare tutto il suo sostegno all’Ucraina, a seguito dell’invasione da parte della Russia. Il tedesco corse in Bahrain con un casco speciale dove spiccava la scritta in nero No War, oltre al disegno di una colomba bianca e il testo della canzone “Imagine” di John Lennon.
Seb è uno di quel ristrettissimo gruppo di piloti che ha imparato a guardarsi attorno e a lottare per il mondo che lo circonda, fuori dall’autodromo.

Personalmente non credo che Seb abbia completamente appeso il casco al chiodo. Magari un giorno tornerà in pista. Magari tornerà in Formula 1 oppure affronterà altre sfide. E magari il Circus gli mancherà e fare il papà e il marito non gli sarà sufficiente. Ma ecco perché oltre che il pilota, a tutta la Formula 1 e ai tifosi mancherà il Sebastian Vettel uomo. Il ritiro del tedesco è stato un colpo per tutto il Circus, per tutti gli appassionati. Per i suoi tifosi. E anche per chi non lo tifava.