Formula 1, il paradosso del GP di Spagna
Il gran premio di Spagna si disputa a Barcellona dal 1991. In 26 edizioni è capitato una volta soltanto che il vincitore sia scattato allo spegnimento dei semafori più indietro della quarta posizione. 2013 l’anno, Fernando Alonso il pilota. Lo spagnolo prese la rincorsa dal 5° posto: una delle più belle partenze della storia della Formula 1.
Questa curiosa statistica dice alcune cose e ne spiega altre.
Innanzitutto sabato pomeriggio Max Verstappen si era qualificato alle spalle del compagno di squadra Ricciardo, in 4^ posizione. Domenica invece Max è diventato il più giovane vincitore di un gran premio in F1, a 18 anni e mezzo, primo olandese e alla prima gara al volante della Red Bull-TAG Heuer, sigla che nasconde il nome Renault. Tanti primati, un evento impossibile da pronosticare, soprattutto per un pilota che alla partenza non aveva una visuale sgombra sulle colline del Montmelò.
Gran premio di Spagna. Il vincitore più giovane, Max Verstappen (18 anni)
Una pista tecnica quella spagnola, con curvoni in appoggio e dove l’aerodinamica conta. E dove è maggiore l’incidenza aerodinamica la possibilità di fare sorpassi è tremendamente minore. Il GP di Spagna è infatti stato spesso un noioso test primaverile, dove emerge la vettura migliore, metro di paragone per il resto della stagione, ma i sorpassi latitano. In realtà, col passare degli anni, si sta assistendo ad un ricambio dei circuiti; con l’aumento dei cittadini stop&go in calendario al posto di piste tradizionali, oggi, probabilmente, primeggiare a Barcellona è meno indicativo di una volta.
Per favorire i sorpassi, nonostante i KERS o gli alettoni mobili, si è dovuta addirittura ridisegnare la parte finale del circuito, nel 2007: una lenta chicane ha il compito di ridurre l’incidenza aerodinamica sulle vetture quando escono dall’ultima curva, in modo tale da poter restare vicine le une alle altre, favorendo gli attacchi alla curva successiva, la prima, opposta all’interminabile rettifilo. Nonostante tutto questo, le gare della Catalogna restano poco spettacolari. Nemmeno i piloti possono inventarsi molto, considerando che qui macinano chilometri durante i test invernali e tutti conoscono ogni angolo d’asfalto.
Ecco perché la vittoria di Max Verstappen, partito 4°, è così speciale; ecco perché le Mercedes hanno finito la corsa alla 4^ curva, in un estremo tentativo di sorpasso di Hamilton su un troppo lento Rosberg; ecco perché il 5° appuntamento del Mondiale F1 2016 è stato finora il più emozionante, nonostante, paradossalmente, non si sia visto praticamente nemmeno un sorpasso in pista…
Gran premio di Spagna. Alla prima curva dopo la partenza Nico Rosberg (30) guadagna la testa della corsa
In Spagna, dunque, la partenza è tutto, ma, per la terza volta su tre in stagione, Lewis Hamilton spreca la pole position. Lo scatto dell’inglese è buono, la progressione e la staccata della prima curva lo sono meno. Nico Rosberg, grintosissimo in questo inizio di stagione, agguanta la testa con un sorpasso deciso all’esterno. Poi il contatto, subito dopo la lunga curva successiva.
Le responsabilità dell’incidente? Gli steward non le hanno sancite, giustamente, perché né Lewis né Nico hanno tratto alcun vantaggio o commesso errori plateali in quella manovra. Eppure, ad un’analisi più accurata emergono alcuni errori dei due piloti.
L’errore di Rosberg è quello di aver pasticciato con la mappatura del motore e di non aver saputo mantenere per questo la leadership nel modo autoritario con cui se l’era presa, qualche metro prima. Il tedesco ha ammesso che la regolazione del motore non era idonea per quella situazione di gara, e dunque non poteva sfruttare al meglio la macchina (come segnalava la luce posteriore accesa sulla sua Mercedes, segnale che ha ingolosito Hamilton). Se ciò sia avvenuto per un errore del pilota o del team non è chiaro.
L’errore di Hamilton, invece, oltre aver sprecato di nuovo la pole, è quello di aver attaccato il compagno di squadra alla seconda staccata, in un punto dove il sorpasso è proibitivo, con ancora 66 giri da effettuare. Questa critica è stata mossa all’inglese, a caldo, anche dal presidente del team tedesco, Niki Lauda.
Ma a Barcellona è difficile avere una seconda chance per attaccare e, considerando che la Mercedes gestisce le strategie dei pit stops in modo tale da evitare qualsiasi situazione di bagarre tra i due piloti, è chiaro che Lewis difficilmente avrebbe potuto vincere senza provarci in quell’istante.
Gran premio di Spagna. Nico Rosberg (30) e Lewis Hamilton (31) nella sabbia dopo il contatto al primo giro
L’uscita di scena delle Mercedes ha alzato la posta in palio del duello Red Bull/Ferrari. La fisionomia del tracciato, di nuovo, ha fatto sì che i cambi gomme determinassero l’andamento della corsa. Ricciardo e Verstappen hanno diversificato la strategie per evitare sorprese, i ferraristi, di rimessa, hanno copiato le scelte del duo Red Bull, rispettivamente con Vettel (3 soste) e Raikkonen (2). La scelta di un cambio in più non ha pagato, così Ricciardo e Vettel, nella parte finale di corsa, si sono giocati intensamente il gradino più basso del podio, Raikkonen e Max Verstappen la vittoria.
Ma alla fine i sorpassi non ci sono stati.
Né Ricciardo ha potuto attaccare Vettel e avvicinarsi al duo di testa, come da strategia; né il trentaseienne Raikkonen ha superato il diciottenne Verstappen. Senza sorpassi, è vero, ma è stata una sfida di nervi, logorante, entusiasmante. Dalla sua Raikkonen aveva il passo, Ricciardo le gomme poco usurate: fossimo stati ad Abu Dhabi, con carreggiate autostradali, Kimi e Daniel avrebbero superato i rivali con un colpo d’ala mobile. Il tanto detestato tracciato catalano ha, invece, costretto i piloti ad una straordinaria prova di resistenza fisica e psichica. Cosa che di rado capita, nei camera-car si è potuto cogliere la fatica del pilotare sfidando le turbolenze aerodinamiche nei curvoni, per non perdere il contatto con l’avversario.
Il paradosso del Gran Premio di Spagna 2016 sta proprio qui: tanto agonismo ma nessun sorpasso decisivo, tanta azione su una pista tutt’altro che disegnata per la battaglia.