W Series: sicuri di aver compreso il suo vero scopo?

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© formula1.com

W Series, la nuova serie tutta al femminile, aprirà le danze in primavera e farà tappa nei circuiti più famosi di tutta Europa. Sulla griglia saranno schierate 18-20 donne, le quali hanno passato una dura selezione che include giri al simulatore, allenamenti, test teorici e pratici in pista. Il launch avvenuto mercoledì mattina ha diviso il web, tra reazioni inconsulte e incondizionato supporto.

C’è chi ritiene che la serie abbia perso in partenza, come la pilota IndyCar Pippa Mann, la quale ha condiviso la propria opinione a riguardo senza filtri tramite Twitter. “Che giorno triste per il motorsport! Chi possiede i fondi per finanziare le donne ha scelto di segregarle invece di supportarle. Sono profondamente delusa nel vedere un clamoroso passo indietro come questo.”

Il supporto offerto dalla W Series ai giovani talenti di sesso femminile è visto dall’atleta britannica come un chiaro segnale di segregazione, lontano da ogni forma di pari opportunità e valorizzazione. In molti hanno aderito alla tesi della Mann, trascinati dall’exploit mediatico della serie in rosa e scagliandosi con veemenza contro il premio in denaro e l’ammontare investito nella formazione delle giovani. Tali risorse potrebbero essere impiegate nel finanziamento diretto dei talenti in F2, F3, F4, senza generare isolamento. E’ un ragionamento che obiettivamente non fa una piega, tuttavia è opportuno documentarsi meglio, senza permettere al web di offuscare la nostra capacità critica.

Innanzitutto è necessario guardare allo scopo primario di W Series. Come si legge nella home del sito ufficiale: “La missione di W Series è dare alle atlete di talento un’opportunità nel motorsport che non hanno avuto modo di ricevere prima d’ora”.

E’ proprio così. Alla base della mancanza di opportunità c’è un circolo vizioso innescato dall’inadeguata formazione e la conseguente scarsa esperienza (track time e lavoro al simulatore) della maggior parte delle donne, derivante dalla riluttanza degli sponsor nel supportarle, in un mondo in cui il denaro qualifica e genera chance.

Il motorsport, già ostile ai talenti in mancanza di risorse monetarie, non garantisce alle donne la possibilità di muoversi liberamente e costruire indisturbate la propria ascesa. La W Series nasce quindi per offrire un’adeguata formazione per arrivare a gareggiare ad alti livelli in modo competitivo, rompendo lo schema fisso in cui il denaro e le statistiche (in cui -nessuna sorpresa- campeggia un confronto impietoso tra donne e uomini) la fanno da padrone.

Inoltre, non si tratta di femminismo estremizzato ed esasperato, soprattutto tenendo a mente il motivo per cui la categoria esiste. Si tratta, invece, di costruire uno step intermedio al momento inesistente tra il karting l’accesso a una categoria motoristica superiore, mirando a incentivare le giovani ad avvicinarsi al motorsport. L’obiettivo è sfidare e abbattere gli stereotipi, amplificare la voce delle donne che si rifiutano di ridurre la propria carriera a una triste statistica.

Non c’è nulla di sessista nell’offrire un sedile a un pilota donna per autopromuoversi e dimostrare le proprie abilità per progredire. D’altronde la W Series non si propone di essere un obiettivo finale, un punto di arrivo, bensì l’esatto contrario. Come ha affermato la nostra connazionale Vicky Piria: “Fungerà da trampolino di lancio per avanzare nelle nostre carriere e raggiungere i nostri obiettivi”.