La Russia anti-sportiva non si merita Olimpiadi e Formula 1
Sul nostro portale sono passate le lotte della popolazione bahrenita, attanagliata dai soprusi delle forze di polizia, contro il Gran Premio, gli attacchi di Anonymous avvenuti in più contesti e non potevamo sottrarci da quanto sta andando in scena a Sochi dove sono partiti ufficialmente le Olimpiadi invernali. L’ultima volta che i cerchi olimpici sono sbarcati sul suolo russo, era il 1980, e la città ospitante era quella di Mosca. A distanza di trentaquattro anni, i Giochi sono tornati nella terra degli Zar, ma questa volta a Sochi, una cittadina a cavallo tra le montagne e il Mar Nero, che il prossimo 12 ottobre ospiterà il Gran Premio di Russia. La gara, voluta ardentemente da governo e federazione, finalmente si farà, perché è il caspo di dirlo, che non solo le Olimpiadi, ma anche la Formula 1 inizia a parlare russo.
Nel Circus sono presenti due piloti della terra degli Zar, Daniil Kvyat, che guiderà la Toro Rosso avendo preso il posto lasciato libero da Ricciardo, e Sergey Sirotkin, tester della Sauber in attesa della convalida della superlicenza. Poi c’è la Marussia che sventola bandiera moscovita. Eppure, lasciando in un angolo la questione piloti e team, ancora una volta è il business che ha richiesto la necessità del Gran Premio. Sponsor e investitori russi sono sempre più presenti nel Circus iridato: Kaspersky Lab è uno dei più importanti partner tecnici della Ferrari, RBC finanzia la Marussia e tanti sono gli investitori che aiutano con milioni di euro la Lotus.
Proprio il team di Enstone, in queste ultime ore ha fatto scoppiare un caso politico: nella giornata di ieri la scuderia inglese, regina sul piano della comunicazione attraverso i social network, ha pubblicato su Twitter un messaggio rivolto agli atleti che prenderanno parte all’Olimpiade: «Prima della cerimonia di apertura, vogliamo augurare a tutti gli atleti dei Giochi olimpici invernali 2014 pieno succeso #Sochi2014». Niente di strano, se non fosse che il messaggio da 140 caratteri è stato accompagnato da una foto che raffigurava due uomini mentre si scambiavano un bacio, un messaggio che ha rischiato di creare un vero e proprio incidente diplomatico.
Si, perché il post è schierato contro il governo russo e il presidente, Vladimir Putin, accusato di aver voluto e firmato un’assurda legge restrittiva delle libertà delle persone omosessuali. Non appena il tweet è stato affidato alla rete, in Lotus, che proprio non naviga in acque limpide, l’atmosfera di è fatta pesante perché non sarebbe andato giù proprio a quegli investitori russi (Yotaphone in primis) che, secondo La Gazzetta dello Sport, «si sono fatti sentire minacciosi» obbligando il team di Enstone a un clamoroso passo indietro per evitare che possano saltare le sponsorizzazioni: «Vogliamo sinceramente scusarci per un messaggio non autorizzato postato sul nostro account Twitter quest’oggi e assicuriamo che non si ripeterà».
Ma quanto si merita la Russia eventi mondiali come le Olimpiadi e la Formula 1? I Giochi dei cinque cerchi, che da sempre portano avanti la battaglia contro qualunque tipo di discriminazione, in questo specifico caso vogliono essere una celebrazione per Putin e non smettono di alimentare polemiche a riguardo delle restrittive leggi civili. Uno spettacolo monumentale dove mancavano i principali rappresentanti degli stati europei che hanno declinato l’invito del presidente russo. Il presidente degli States Barack Obama, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Francois Hollande e il primo ministro britannico David Cameron hanno fatto sapere che avrebbero disertato la cerimonia in polemica contro le leggi anti-gay. La Germania ha perfino sfilato con una divisa arcobaleno proprio per ricordare la battaglia per i diritti degli omosessuali, gli Stati Uniti hanno fatto sfilare il pattinatore Brian Boitano e la giocatrice di hockey Caitlin Cahow, entrambi omosessuali dichiarati. E l’Italia, invece, ha voluto prendere parte all’esaltazione di Putin, grazie alla presenza di Enrico Letta, sbarcato a Sochi tra le polemiche nella speranza di cercare appoggi economici e istituzionali per la candidatura romana ai Giochi del 2024, perché i soldi vincono sempre sui diritti dei civili.
Ma a tener banco sui tavoli della diplomazia internazionale non c’è solo il tema dei diritti civili. Terrorismo e geopolitica la fanno da padroni in uno scenario mondiale che vede la Russia contrapposta alle potenze occidentali, la condizione siriana e quella dell’Ucraina, rappresentano solo le basi di un braciere che è alimentato da troppi dissapori passati.