GP Belgio 2014: ubi maior minor cessat
GP Belgio 2014. Il circuito di Spa-Francorchamps, assieme a quello di Suzuka, è il più tecnico di tutto il Mondiale. Venerdì 22 agosto, prove libere del GP del Belgio, sul mitico tracciato di Spa-Francorchamps. Metà stagione è alle spalle, e gli echi delle trattative per il mercato piloti risuonano nel paddock già da qualche tempo. In attesa di conoscere il destino di alcuni piloti di vertice, la scuderia Toro Rosso, in Belgio, rompe gli indugi: il team ufficializza l’ingaggio dell’olandese Max Verstappen, che correrà per la squadra italo-austriaca nella stagione 2015. La notizia è piuttosto sorprendente per due aspetti, anzi tre: la Toro Rosso è il punto di approdo in F1 per i piloti del programma giovani Red Bull, e il nome di Verstappen non era tra quelli più papabili all’interno di tale selettivo programma; in seconda battuta l’olandese subentrerà al francese Jean-Eric Vergne (24 anni) che qualche numero interessante lo aveva fatto vedere durante la sua ormai triennale permanenza alla Toro Rosso; terza sorpresa è l’età. Il figlio dell’ex pilota di F1 Jos Verstappen, avrà 17 anni il giorno in cui si schiererà sulla Griglia di partenza della prima corsa del 2015. Max Verstappen è nato il 30 settembre 1997 e ha quindi firmato il suo primo contratto a soli 16 anni.
Durante la diretta TV delle prove, su Sky Sport F1, per tutta l’ora e mezza di libere non si parla d’altro. Presente in circuito, Max Verstappen viene anche prontamente intervistato. Domande di rito, risposte scontate. Il telecronista Carlo Vanzini stupefatto lo paragona al brasiliano Ronaldo, il Fenomeno. Insomma tutti gasati, e al giovane olandese viene riservato un trattamento da star. Jos Verstappen (42 anni) e Max Verstappen (16). Padre e figlio sono stati chiacchierati durante il fine settimana belga. Max sarà pilota titolare Toro Rosso nel 2015. Proprio nel Gran Premio dove si ufficializza l’ingresso nel Circus di un minorenne, sbarca all’improvviso in Formula 1 il tedesco André Lotterer, di 32 anni, pronto per correre il GP. Alla vigilia della corsa belga, infatti, viene ufficializzato, da parte del team inglese Caterham, che il tedesco Lotterer prenderà il posto del giapponese Kamui Kobayashi (27 anni), per un solo Gran Premio.
André Lotterer, come opportunamente ricordato dal telecronista della TV satellitare è pilota di tutto rispetto. Impegnato nel Campionato Mondiale Endurance, durante il quale ha trionfato per la terza volta in carriera nel prestigioso appuntamento della 24 Ore di Le Mans, Lotterer è anche stato collaudatore della Jaguar in F1 nel lontano 2002 e successivamente, in Giappone, ha mietuto successi sia con le vetture formula che con le GT. Però la notizia di mercato non sfonda più di tanto. Al giorno d’oggi nello sport essere ricercati a 32 anni non è frequente, figuriamoci debuttare in F1; tra l’altro proprio nel giorno in cui gli occhi sono puntati su un 16enne che si aggira per i retrobox. La Caterham-Renault è inoltre la vettura più lenta del lotto, unica squadra ancora a zero punti assieme alla Sauber.
Alla vigilia l’ambizione del trentaduenne Lotterer è ovviamente quella di non sfigurare, sopratutto nel confronto col proprio compagno di team, Marcus Ericsson (23 anni), debuttante nel 2014, con all’attivo le sole 11 gare fino ad ora disputate.
Per il vecchio esordiente, al termine del fine settimana, il bilancio è soddisfacente, anzi: nella prima sessione del venerdì mattina capisce al volo la vettura e rifila al compagno un decimo. Nel pomeriggio Ericsson lo precede, ma solo di 4 centesimi. In qualifica, su una delle piste più tecniche del Mondiale, per di più bagnata dalla pioggia, Lotterer chiude 21esimo, ma davanti al compagno di team, con un secondo netto di vantaggio, e addirittura a pochi millesimi dalla ben più competitiva Sauber di Gutierrez.
La gara del tedesco sfortunatamente dura solo un giro, perché cede immediatamente l’assai fragile power unit della sua Caterham (10 ritiri quest’anno). Per Lotterer non resta che allargare le braccia mestamente e incamminarsi verso il proprio box lungo la pit lane. Poco prima della gara però, il pilota Caterham per un solo GP, in tutta sincerità, aveva detto: la mia avventura nel GP del Belgio andrà come andrà, tanto la carriera non ne risentirà. La F1 non è la sola ragione per cui fare il pilota.
Dopo queste parole tornano all’orecchio le frasi tanto banali quanto sicure del giovanissimo Verstappen, e anche questo ragionamento: se i protagonisti della Formula 1 avessero qualche anno in più, probabilmente gli spettatori sarebbero portati a fantasticare meno su ipotetici giovani prodigi; contemporaneamente team manager e ingegneri avrebbero meno potere sulla gestione del proprio pilota, che a volte non solo è dipendente ma anche figlio di alcuni proprietari di scuderie.
In F1 i grandi vecchi, boss autoritari alla Bernie Ecclestone o alla Helmut Marko, preferirebbero forse comandare un paddock fatto di innocui ragazzini senza personalità, piuttosto che uomini capaci di prendere decisioni autonomamente. Negli anni i piloti hanno subito da organizzatori e tecnici scelte contrarie alla loro categoria… Sarà, fatto sta che alla fine in F1, così come nello sport e non solo, mancano troppo spesso i personaggi. Per esser tali però i soggetti devono avere la possibilità di esprimersi, di maturare costruendo la propria originalità, il proprio carisma; carisma che conquista poi anche gli spettatori. Ma è evidente come ormai l’andazzo nel mondo dello sport sia questo: vige la caccia alla giovane promessa, perché sembra che arrivare il prima possibile ad alti livelli sia sinonimo di gloria eterna. Anche se poi spesso si impressiona all’esordio, ma con le prime difficoltà il talento sembra sgretolarsi. Provocatoriamente possiamo fare l’esempio dell’ex astro nascente Lewis Hamilton: fino ad oggi l’inglese ha conquistato un titolo iridato, all’ultimo giro, sprecando però tante ottime occasioni.
Anche il calcio offre questo frenetico scenario da qualche tempo. Suggestiva la notizia, quasi contemporanea a quella del neo acquisto della Toro Rosso, riguardante il calciatore italiano Mario Balotelli. Il giocatore è stato scaricato per l’ennesima volta da un club titolato. Curiosamente Balotelli ha esordito in Serie A proprio a 17 anni. Trattato da campione affermato sin da quella fragile età (fragile anche per uno sportivo già in aria di professionismo) ancora oggi ci si chiede se Balotelli sia un campione reale o una promessa mancata. Esempio lampante di una smania nel cercare il campione nella culla, puntando esclusivamente sulla capacità tecnica e ignorando la maturazione dell’individuo, a cui le abilità tecniche sono tuttavia naturalmente subordinate. Molti sportivi ormai vengono cresciuti come si dice avvenga in certe scuole di atletica cinesi: i ragazzini vengono allevati in progetti tecnici sofisticati, organizzati da esperti freddi e cinici, nei quali è richiesta velocità nell’apprendistato e l’unica regola è bruciare le tappe. Il rischio è quello, banalmente, di ignorare la crescita caratteriale ed emotiva dell’atleta. E lo sviluppo della personalità di un individuo non lo si può misurare con un cronometro in mano. Non ci può essere precocità, sono necessarie l’esperienza e l’abitudine a vivere certe situazioni.
Combinazione nel fine settimana di Spa si sono registrati diversi errori: il venerdì Maldonado (non proprio una matricola) va a sbattere per un errore di distrazione; sabato Kvyat, il russo ventenne debuttante quest’anno, si gira in testacoda per aver imprecato battendo la mano sul volante dopo aver sbagliato il proprio giro; infine domenica Magnussen, altro esordiente e figlio di papà, spinge sul prato Alonso, in uno scriteriato tentativo di difesa (sarà penalizzato a fine gara).
Nel dopo corsa di Sky Sport F1, Jacques Villeneuve, campione del mondo F1 ’97 e persona di rara intelligenza, evidenzia questi errori commessi dai baby piloti, definendoli come sciocchi e da principianti. Il canadese, sempre intervistato sul caso del fenomeno Verstappen, dichiara: «Questa è la cosa peggiore di sempre per la Formula 1 perché avrà in ogni caso due effetti negativi: o distruggerà lui come pilota, oppure, se avesse successo questa operazione, toglierà qualsiasi credibilità alla Formula 1». Ha continuato: «Cesare e Napoleone sono stati grandi fin dall’inizio ma hanno necessitato di tempo per diventare imperatori, bisogna costruirlo. Questo non significa che non occorra avere talento o doti velocistiche, ma che un uomo deve costruirsi con l’esperienza per crescere. Max è ancora giovane ed è molto rischioso, non si prende un ragazzo di 16 anni che non è neanche mai stato in un università e lo si piazza nel migliore ospedale come medico, per quanto sia capace e intelligente».
Ecco lo spunto interessante che arriva nel dopo gara; il cursus honorum evocato da Villeneuve, è imprescindibile per una categoria prestigiosa e di vertice come la Formula 1. I motori intanto in Belgio sono ormai spenti e di André Lotterer, ultimo e ritirato, ci si è già dimenticati.
Francesco Bagini