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Azerbaigian e Austria: la Formula 1 percorre i 2.900 chilometri che separano Baku da Spielberg con la certezza che questo potrebbe essere un itinerario abituale. L’ultimo gran premio d’Europa e l’imminente gran premio d’Austria rappresentano probabilmente gli unici due modelli in base ai quali poter organizzare un gran premio di Formula 1.

Partiamo da Baku. Praticamente una città-stato, di oltre 2 milioni di abitanti, capace di organizzare il primo “gran premio d’Europa” in Asia. Una pista creata in funzione della città, come sta avvenendo in quest’era di espansione della Formula 1. Sulle rive del mar Caspio, i piloti sono stati costretti a guidare sfiorando lo storico castello di Baku, attori di uno spettacolo promozionale fin troppo esplicito.

Il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, ha puntato tutto sull’immagine: “La Formula 1 attirerà grande attenzione sul nostro paese“, ha orgogliosamente dichiarato recentemente all’Azerbaijan-Germany Economic Forum di Berlino; “Cinquecento milioni di persone guarderanno la gara, in TV o dal vivo. Essi vedranno non solo il circuito cittadino, ma anche una città sviluppata“.

Eppure, come riporta un articolo del sito Eurasianet.org, molti azeri si sono domandati se ciò che resterà della corsa nella loro capitale, saranno solo le enormi spese.

L’inchiesta, pubblicata il 17 giugno, sottolinea come la vendita dei biglietti sia l’unico ricavo reale per gli organizzatori di una corsa. I guadagni derivati dalla pubblicità, dai diritti di trasmissione o dai pacchetti hospitality vanno al titolare dei diritti della gara, cioè la FOM. Per questo motivo solo le nazioni più ricche possono permettersi un GP e gli spettatori di tutto il mondo lamentano l’alto costo dei biglietti. A Baku i prezzi oscillavano tra i 200 e i 590 dollari, in linea con le altre gare.

Le vendite però non sono andate come ci si attendeva, con un incasso che sino a una settimana prima dell’evento superava con fatica 1,3 milioni di dollari. Anche perché molti residenti di Baku, sorpresi dai prezzi, hanno preferito vedere la gara in TV. Gli organizzatori comunque assicurano che circa il 70 per cento delle vendite era riconducibile a cittadini azeri. La quantità di tagliandi acquisiti dalle agenzie governative resta però ignota.

Nel 2014 Baku ha firmato un contratto con Bernie Ecclestone della durata di 5 anni. Secondo Eurasiannet.org si sono sfiorati i 150 milioni di dollari per organizzare la manifestazione. Al di là delle cifre, sembra proprio che lo scopo di questi eventi non sia quello di portare ricavi, ma di creare un’immagine prestigiosa del proprio Paese. Sotto questo profilo il presidente Aliyev può essere soddisfatto del primo gran premio d’Europa asiatico.

Il tratto più suggestivo del circuito di Baku: il passaggio ai piedi del castello
Il tratto più suggestivo del circuito di Baku: il passaggio ai piedi del castello

 
Scenario completamente differente quello di domenica prossima: la Formula 1 correrà sul Red Bull Ring, situato nei pressi di Spielberg, comune austriaco di poco più di 5 mila abitanti.

Qui la storia non è fatta dalla città, ma dal circuito. I primi rombi squarciarono il silenzio di queste vallate nel 1950: una pista rudimentale a forma di L sorse a Zeltweg, nei pressi di un aeroporto militare. Trainati dall’ascesa del pilota austriaco Jochen Rindt, gli organizzatori austriaci riuscirono a portarvi la F.1, nel 1964. La prima vittoria fu di Lorenzo Bandini.

Nel 1970 il tracciato si sviluppò, nacque l’Osterreichring: una pista che andava a blandire le colline ai piedi delle montagne. Alte velocità e curvoni con continue differenze altimetriche sfidavano i piloti. Anche nella nuova configurazione gli italiani continuarono a ben figurare: nel 1975 vinse Vittorio Brambilla, nel 1982 Elio de Angelis. Col passare degli anni l’impianto divenne obsoleto e pericoloso, così l’Osterreichring venne abbandonato dal Circus nel 1987.

La compagnia telefonica austriaca A1 riammodernò il vecchio ring, che tornò in calendario nel 1997, sotto il nome di A1-Ring. Proprio in quella prima edizione Jarno Trulli, al volante della sorprendente Prost, si ritirò a 15 giri dal termine mentre lottava per la vittoria. Nel 2003 però l’Austria perse di nuovo il GP.

Negli anni 2000 è sbarcato in F.1 il fenomeno Red Bull, il cui proprietario è l’austriaco Dietrich Mateschitz. Dopo i titoli iridati di Sebastian Vettel, il formidabile manager ha fatto del vecchio A1-ring la casa della Red Bull: nel 2011 è nato il Red Bull-Ring, un autodromo con strutture degne di un circuito ultra moderno.

L’azione di Mateschitz è stata lungimirante: egli ha coinvolto nel recupero della pista le comunità locali, così tutta la zona trae benefici dalle attività della pista, attrezzata per qualsiasi tipo di competizione motoristica: dal DTM alla European Le Mans, dalle corse di camion alla Red Bull Air Race (competizione aeronautica di velocità). Una vera chicca è l’esibizione di F.1 d’epoca nel fine settimana del gran premio. Insomma, un mirabile mix di innovazione e di recupero delle tradizioni motoristiche.

Il 14 agosto arriverà addirittura il Motomondiale. Vedremo se Rossi, Dovizioso o Iannone, come in passato è successo ad altri piloti italiani, troveranno fortuna tra i boschi di Spielberg. Nel Circus di italiani non ce ne sono più da tempo. Se l’Italia vuole almeno rimanere in calendario dovrà prendere spunto dai modelli Baku e Spielberg. Certamente il lussuoso esempio azero resta un’utopia per l’Italia. Ma il modello Spielberg potrebbe funzionare, a Imola come a Monza. Magari anche con l’aiuto della Red Bull italiana, che non è la Toro Rosso, ma la Ferrari.

Una veduta aerea del Red Bull Ring di Spielberg
Una veduta aerea del Red Bull Ring di Spielberg

 
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