Formula 1, il vaso di Pandora nel Principato
Al giorno d’oggi l’espressione “scoperchiare il vaso di Pandora” viene usata metaforicamente per alludere all’improvvisa scoperta di un problema o una serie di problemi che per molto tempo erano rimasti nascosti.
L’ultimo Gran Premio di Monaco, in un paio di situazioni, ha smascherato alcuni limiti del Circus di oggi, e ha dimostrato perché correre nel Principato abbia ancora senso. Un lussuoso vaso di Pandora è stato scoperchiato, tra il “glamour di Montecarlo” (come dicono quelli di Sky…).
Il contesto cittadino, atipico, riporta la Formula 1 alle sue origini. Il tracciato del Principato, nonostante le pessime modifiche che ogni anno lo snaturano semplificandolo, resta sempre quello di un tempo. L’animo economico e mondano del Circus viene qui esaltato, i grandi sponsor manifestano tra il porto e il Paddock, stretto ai piedi della montagna, la propria preponderanza. Quanto ai piloti viene richiesto un impegno particolare sia dal punto di vista della precisione di guida, sia dal punto di vista della lucidità nella tattica di corsa, poiché il circuito li riporta a lottare con problematiche insolite.
Per esempio gli spazi per sorpassare sono pressoché nulli, e lo spettacolare incidente fra Max Verstappen e Romain Grosjean lo ha dimostrato pericolosamente. Il botto tra la Toro Rosso e la Lotus ha chiuso anche un primo Gran Premio di Monaco privo di colpi di scena, e ne ha aperto un secondo spettacolare, corto circa 15 giri.
In seguito al rovinoso incidente infatti è entrata la Safety Car. Lewis Hamilton, partito dalla pole position e saldamente in testa alla gara, dopo un rapido scambio di opinioni via radio col proprio team, decide di assecondare la decisione della Mercedes e di entrare ai box per cambiare le gomme. Le sue Soft Pirelli sono usurate e si preferisce sostituirle pensando di riuscire a tornare in testa al gruppo. Questa mossa invece non riesce e costringe il pilota inglese a rientrare in pista in terza posizione, alle spalle di Sebastian Vettel e Nico Rosberg, il compagno rivale, oggi distanziato di sole 10 lunghezze, grazie al successo regalato di Monaco.
Si dice che Lewis Hamilton sia l’unico personaggio in Formula 1, con una personalità carismatica, un tipo che fa parlare di sé anche lontano dalla pista, frequentando eventi mondani; cambia occhiali da sole ad ogni Gran Premio e vanta un repertorio tra orecchini e collane a livello di una grid girl. Anche su Sky sport F1, l’inglese è stato soprannominato “Hollywood” e viene costantemente elogiato per il suo forte ego. Persino il boss F.1 Bernie Ecclestone si è ultimamente sbilanciato a favore della “pop star” inglese della Mercedes.
Sarà, fatto sta che nell’ultimo appuntamento, proprio Lewis Hamilton ha perso la gara per non essersi imposto sul proprio ingegnere di pista, decidendo invece di cambiare le gomme come gli era stato suggerito.
Come ha scritto una firma storica della Gazzetta dello sport, Pino Allievi, campioni del passato come Niki Lauda o Ayrton Senna, non avrebbero ascoltato il team e non sarebbero entrati a cambiare le gomme, a poco più di 10 giri dal termine di un Gran Premio di Montecarlo, dove i sorpassi sono quasi impossibili.
Michela Cerruti, 28 anni, attuale pilota e valente opinionista di Sky, nel dopo gara ha confessato che invece anche lei sarebbe rientrata per il pit stop, perché al giorno d’oggi gli uomini di un team che stanno al muretto hanno così tanti dati che è impossibile per un pilota contraddire le tattiche da loro previste.
Insomma, la questione è intricata. Se un pilota intelligente e di personalità come la Cerruti confessa questo, significa che è anche il mondo dei motori ad essere mutato e a relegare l’essere umano a pensare di meno rimettendosi negli strumenti tecnici, o in coloro che li sanno leggere e utilizzare.
Lewis Hamilton ha rinnovato l’ingaggio con la Mercedes proprio alla vigilia del GP di Monaco, 3 anni di contratto e oltre 100 milioni di ingaggio; non rispettare la chiamata ai box del team sarebbe stata anche una mancanza di rispetto per un datore di lavoro che ti porta a guadagnare certe cifre. Però è proprio con scelte strategiche azzardate, prendendosi responsabilità pesanti, che un pilota si può creare un’aura da personaggio carismatico. Non certo sfoggiando solamente nuove paia di occhiali ad ogni intervista…
Nonostante quello che dicono a Sky, che hanno il vizio di esagerare nell’enfatizzare ogni aspetto dello sport di cui detengono i diritti TV, in F.1 i piloti hanno difficoltà ad emergere sotto il profilo umano. Troppo giovani, troppo protetti dai team o dai manager, oggi, nonostante l’età in Griglia sia sempre più bassa manca quella spontaneità che appassiona gli spettatori.
Nonostante gli hashtag e le interviste registrate in bizzarri angoli di improbabili hospitality, Montecarlo ci ha rivelato la precarietà della tecnocrazia che a volte regola questo sport.
C’è un secondo motivo per cui al GP di Monaco è stato scoperchiato il vaso di Pandora.
La Virtual Safety Car è stata utilizzata per la prima volta in gara proprio a Monaco. A differenza di quando in pista entra la reale macchina di sicurezza, la Virtual Safety Car (VSC) impone ai piloti di transitare a velocità limitata solo nel tratto di pista dove sono esposte le bandiere gialle. La regola non è sembrata subito chiara, nemmeno a quelli di Sky, tanto è vero che i telecronisti ipotizzavano vantaggi per coloro che sarebbero rientrati ai box in regime di VSC. Poi quando Hamilton è stato richiamato al pit, perdendo la corsa, sono partite le critiche al muretto per la scelta scellerata…
Effettivamente è probabile che la scelta del cambio gomme sia stata ponderata durante l’iniziale fase di VSC. Poi una volta che la Medical Car ha dovuto raggiungere il luogo dell’incidente tra Verstappen e Grosjean, la Safety Car è dovuta entrare rallentando tutto il gruppo e mandando in confusione la Mercedes e Hamilton.
A creare ulteriore caos è stata la regola che permette alle vetture doppiate di superare la vettura di sicurezza e di mettersi in coda tornando a “pieni giri”. Da tempo nel regolamento, in un circuito così angusto, i piloti di testa hanno dovuto compiere manovre rischiose per cedere strada ai doppiati, mentre la Safety doveva rallentare ancor di più, facendo crollare le temperature degli pneumatici delle monoposto in coda.
Insomma, una regola da tempo all’interno del regolamento ha mostrato i suoi limiti proprio nel Principato. Tra l’altro la Safety Car con i sorpassi dei doppiati è dovuta rimanere in pista più del necessario.
Un terzo episodio controverso del fine settimana monegasco è stato il terribile incidente di Max Verstappen, rimasto in secondo piano.
L’olandese della Toro Rosso è il celebre debuttante minorenne della F.1 2015. Tutti parlano di lui da inizio stagione. Il figlio dell’ex pilota Jos Verstappen, ha disputato sino ad oggi un buon campionato, rimediando 6 punti. I telecronisti Sky non perdono occasione per elogiarne la maturità che Max dimostra in pista e durante le sue dichiarazioni.
In realtà il pilota della Toro Rosso parla come un “vecchio” del Circus, e questo anziché mandare in visibilio i telecronisti dovrebbe far riflettere. Manca di nuovo la spontaneità e l’esuberanza dell’adolescenza, la genuinità che appassiona e che ti porta ad essere un vero personaggio. Verstappen, protetto o costruito dal team, dal manager e da un padre ingombrante, alla prima curva ha sferrato un attacco impossibile, dopo che il muretto via radio lo aveva esortato ad attaccare avendogli montato le gomme più morbide per il finale di gara. Dopo il forte impatto, che poteva costare caro al pilota e ai commissari appostati sopra le barriere della Santa Devota, proprio dalla cabina di commento Sky sono arrivate diverse critiche all’olandese.
Poi però, a fine gara, ecco la presentatrice di Sky, Federica Masolin, che dopo averci ricordato per l’ennesima volta che Montecarlo è “glamour, spettacolo e emozioni uniche“, loda nuovamente un altro giovane debuttante 2015, veloce ma a volte “a rischio”, Carlos Sainz, giunto 10°: chissà se un giorno Max o Carlos entreranno ai box dopo un ordine errato della squadra…
Durante l’ultimo GP sono state scoperchiate alcune perversioni che aleggiano attorno questo sport: personalità costruite che affondano alle prime difficoltà, tecnicismi regolamentari controproducenti e qualche commentatore TV un po’ troppo gasato.