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249, anzi 250. Fernando Alonso in ogni caso è il sesto pilota ad aver disputato il maggior numero di Gran Premi in Formula 1. Lo spagnolo ha festeggiato i 250 GP nell’ultimo Gran Premio di Russia, ma solo ad Austin, durante il Gran Premio degli Stati Uniti, toccherà realmente le 250 partenze. Nella statistica infatti “balla” il GP di Indianapolis 2005, quando la sua Renault montava le gomme Michelin, che non reggevano il passaggio sulla parabolica. Al termine del giro di ricognizione di quel GP Alonso dovette fare ritorno ai box, insieme a tutti gli altri piloti “gommati” Michelin. Lo spagnolo è dunque tra i veterani della Formula 1, alle spalle solamente di Jarno Trulli (252 GP), Riccardo Patrese (256), Jenson Button (280), Michael Schumacher (307) e Rubens Barrichello (323).

Fernando Alonso ha esordito in Formula 1 nel 2001 con la Minardi; una stagione da collaudatore l’anno successivo alla Renault, squadra che lascerà definitivamente nel 2009, dopo due titoli mondiali consecutivi (2005-2006) e una parentesi alla McLaren (2007); poi il calvario di Maranello: cinque stagioni a rincorrere Sebastian Vettel, anzi la Red Bull progettata da Adrian Newey, come il ferrarista sottolineava spesso e volentieri. Nel 2015, esasperato dalle continue performance insufficienti della Ferrari, decide di ripartire da capo, facendo ritorno alla McLaren motorizzata Honda, con la quale ad Austin effettuerà la 250^ partenza della sua carriera…

Già, le partenze, una specialità di Fernando, un’abilità acquisita, suo malgrado, negli anni passati al Cavallino.
Durante quel periodo, Fernando ha colto solamente 4 pole position, due nel 2010 e altre due nel 2012. Da una parte c’era una Rossa che in qualifica non digeriva gli pneumatici Pirelli non riuscendo a dare “tutto e subito”; dall’altra un pilota come l’asturiano, solitamente più efficace in corsa che in qualifica. Così le sorti di Alonso si decidevano ogni domenica tra il semaforo e l’uscita della prima curva.

Tra le tante partenze che hanno tenuto col fiato sospeso gli spettatori, vanno certamente ricordate quella del Gran Premio di Spagna 2013, dove in due curve Fernando beffò sia Kimi Raikkonen che, all’esterno, Lewis Hamilton, e la partenza del Gran Premio d’Italia 2011, grazie alla quale il ferrarista passò dal quarto al primo posto, dopo una leggera escursione sull’erba.

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Gran Premio d’Australia 2001. “Primo giorno di scuola” per Fernando Alonso in F.1. In quel GP debuttarono anche Kimi Raikkonen e Juan Pablo Montoya (nella foto, a sx)

Il rapporto con la Ferrari sembrava promettente; vittoria al debutto, in Bahrain, impresa che non era riuscita né a Michael Schumacher nel 1996 né a Sebastian Vettel quest’anno. Il Mondiale del 2010 sfumato per 4 punti e quello del 2012 per 3 simboleggiano il lato amaro di quell’esperienza. Vice campione per 3 volte: solo Alain Prost e Stirling Moss hanno fatto meglio, anzi peggio.
Insomma, sfogliando l’albo d’oro, ci si domanda se Fernando Alonso sia un campione o sia un super campione mancato della Formula 1. Due titoli come Alberto Ascari o Mika Hakkinen, che sarebbero potuti benissimo essere cinque, come quelli di Juan Manuel Fangio, se non sette, come quelli di Michael Schumacher.

Curiosamente Alonso nel Circus ha avuto a che fare con diversi personaggi italiani. Con gli uomini del Cavallino la relazione è stata altalenante, sicuramente meno intensa rispetto a quella avuta da Schumacher oppure oggi da Vettel. Con Giancarlo Minardi e Flavio Briatore invece lo spagnolo ha collaborato ottenendo risultati strepitosi.

Subito impressionato dai tempi effettuati nei test, Minardi non esitò a dare una macchina a Fernando per la stagione 2001, quando lo spagnolo aveva appena 19 anni, 7 mesi e 4 giorni: quinto debuttante più giovane di sempre.
Briatore divenne invece manager di Alonso, e lo allevò in Renault come fece con Schumacher ai tempi della Benetton.

Briatore cura tutt’ora la carriera dello spagnolo, a volte rilascia interviste per bocca dello stesso Fernando; in particolar modo nell’ultimo periodo i due, sornioni, sembrano fare a gara nel “punzecchiare” la Ferrari. Battute a parte, il manager italiano è l’unico che abbia saputo tirar fuori il meglio da Alonso, instaurando con lui un rapporto di stima e di complicità.
Il pilota e il manager hanno spesso trascorso le vacanze insieme in Kenya, dove Briatore ha casa. Anche le famiglie si conoscono, e se una volta era Briatore a presentare al giovane Fernando le sue celebri modelle, oggi è Alonso il vero playboy del Paddock.

Briatore ha sempre ammirato Alonso, definendolo anche più forte di Schumacher, non solo per le doti di guida, ma per la sua astuzia dentro e fuori la pista e il suo “essere politico” all’interno del Circus. Fernando però non è il classico spagnolo loquace, non è un “uomo squadra” alla Vettel; è un tipo più ombroso, più individualista che collettivista, certamente un caparbio lavoratore, come hanno riconosciuto i suoi nuovi datori di lavoro della Honda.

Oggi è forse l’unico pilota che, grazie alla sua esperienza, sa sfruttare interviste e nuovi media al meglio, magari per mettere in difficoltà i rivali o spronare il team. Oppure, quando occorre, sa anche omertosamente tacere, come è successo in seguito al misterioso incidente dei test di Barcellona quest’anno, o ai tempi del crash-gate di Nelson Piquet Jr, che gli regalò la vittoria a Singapore.

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Gran Premio di Spagna 2013. L’ultima vittoria di Fernando Alonso in Formula 1

A proposito delle sue “uscite”, negli ultimi due GP, in Giappone e Russia, Alonso ha dato il meglio via radio: prima in casa della Honda definisce imbufalito la propria power unit un “Motore da GP2!“; a Sochi, durante la gara, ha il tempo di rispondere in modo ironico al suo ingegnere, che lo invitava a lottare con la più rapida Williams: “Amo il vostro senso dell’umorismo…“.
Anche sulle frequenze di Maranello, durante i frustranti anni in rosso, Alonso fece pervenire esplicite critiche ai propri uomini. Non faranno squadra né fanno parte del politicamente corretto, eppure sono esclamazioni spontanee, che hanno fatto discutere gli appassionati: insomma, una faccia tosta da “pilota di una volta”, che affascina, simile guarda caso alla tipica verve “briatoriana”.

Anche coi rivali Alonso è stato protagonista di lotte sopra le righe. Come non dimenticare la bagarre con la Ferrari a Monza nel 2006, quando lo spagnolo venne penalizzato per aver ostacolato Massa durante le qualifiche; Briatore e Fernando diedero vita ad una conferenza stampa scoppiettante.

Nel 2007 la convivenza con Hamilton fu difficile: probabilmente il primo segno di debolezza della carriera. Distratto dalla tensioni con il team e implicato nella delicata questione spy story, lo spagnolo perse un Mondiale che lo vedeva nettamente favorito. Da allora le lotte in pista con Hamilton divennero tese e combattute. Paradossalmente Alonso cercò in Lewis una spalla durante l’era Vettel: i due, apertamente, si consideravano vicendevolmente i più forti del Circus, sminuendo apposta il giovane tedesco.

Lo spagnolo è uno dei piloti che si consulta maggiormente con gli ingegneri al muretto, non usa la radio solo per sfogarsi. Calcola i distacchi, chiede il tipo di gomma che hanno gli avversari, legge l’andamento delle gare come nessun altro collega. E mentre corre non dimentica nemmeno le vecchie ruggini: nonostante una monoposto inferiore, quest’anno in Canada ha reso la vita difficile all’acerrimo nemico Vettel, che stava recuperando dalle ultime posizioni.

In tanti sbeffeggiano la scelta di correre per la McLaren-Honda, ma il calcolo di Alonso potrebbe rivelarsi vincente.
La Ferrari anche nel 2015 arriverà seconda, pardon, prima tra gli sconfitti. Dopo 12 mesi, netti sono stati i miglioramenti a Maranello, ma non per questo è automatico un passo avanti anche nel 2016. Invece le risorse di un colosso come Honda, potrebbero realmente portare il team di Ron Dennis ad essere l’unico capace di porre fine al dominio Mercedes. Nell’era dell’ibrido e delle power unit anche alla 24 Ore di Le Mans si assiste al dominio delle grandi case, tedesche e nipponiche, come Audi, Porsche, Nissan e Toyota.

Alonso in 14 anni di attività raramente ha avuto la macchina migliore. Poteva aprire un ciclo alla McLaren, poi un altro alla Ferrari, e invece Fernando si è ritrovato spesso al posto giusto nel momento sbagliato. Eppure, anche se in Formula 1 esordiscono i ragazzini di 17 anni, è possibile dare una svolta alla propria carriera anche dopo la 250^ partenza.

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Gran Premio di Russia 2015. Fernando Alonso festeggia col proprio team i 250 GP

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