Formula 1 | Prost: “Troppa tecnologia, dovremmo tornare a puntare sul lato umano”
Il mondo del motorsport, nel quale spicca la Formula 1, è andato negli ultimi anni verso la massima ricerca della tecnologia, spesso riconducibile a maggiori prestazioni, ma anche ad un enorme aumento dei costi.
Se qualche decennio fa la mano dell’uomo faceva la differenza, ora tutto lo studio e la progettazione di vetture e motori è affidata a dei calcolatori, in grado di prevedere (quasi) tutte le condizioni che si potrebbero verificare in pista.
L’implementazione della tecnologia ha portato i motori di Formula 1 ad essere dominati dall’elettronica, cosa che permette sempre meno ingegno da parte dei motoristi:
“Questa tecnologia è fantastica e per i principali costruttori di motori, è molto buona, poiché esiste sempre più un legame tra società e concorrenza” – ha detto Alain Prost, consulente del team Renault.
“Detto questo, se parliamo della direzione futura dello sport, allora secondo me dovremmo andare verso una Formula 1 dove c’è più ingegno, dove abbiamo più sorprese, più possibilità strategiche.”
“Abbiamo bisogno di rendere lo sport più umano, più di piloti ed ingegneri, dobbiamo accentuare il lato umano e concentrarci un po’ meno sulla tecnologia.”
“Ovviamente abbiamo bisogno di un Engeneering estremo, ma penso che dobbiamo avere più equilibrio. Quindi penso che in questo modo la Formula 1 sarebbe un po’ più comprensibile per le persone al di fuori dello sport.”
“Abbiamo avuto piloti incredibili: Clay Regazzoni, Emerson Fittipaldi, Carlos Reutemann, Alan Jones, Gilles Villeneuve, Jody Scheckter. Non puoi credere com’erano questi ragazzi, con il loro carisma, la loro personalità.”
“E le macchine! Le macchine erano incredibili, avevamo squadre piccole, un telaio in alluminio e purtroppo, un sacco di incidenti. Oggi è forse un po’ diverso. (I piloti n.d.r.) iniziano molto più giovani, le macchine sono molto diverse ed il rischio è molto inferiore.”
“Quando ho incontrato Alan Jones o Carlos Reutemann alla mia prima gara, quasi ci siamo abbracciati e potevi vedere i loro occhi che dicevano ‘siamo ancora qui, siamo scappati”.