Formula 1 | Pronta la rivoluzione delle power unit nel 2018… e i costi aumentano! 18 Ottobre 2017 Giulio Scrinzi © Scuderia Ferrari press area Dopo le recenti modifiche in merito ai limiti di olio da bruciare senza l’utilizzo degli additivi per potenziare i motori termici, ecco l’ultima trovata della FIA per il 2018: l’anno prossimo tutti i team avranno a disposizione solamente tre power unit per l’intera stagione! In questo modo ogni propulsore dovrà avere una vita utile pari a sette Gran Premi, l’equivalente di circa 7mila km, ovvero una distanza maggiore rispetto alla celebre 24 Ore di Le Mans. Un’ulteriore limitazione che si aggiunge a quella dell’MGU-K (il motore elettrico che recupera l’energia cinetica in frenata rendendola disposizione a quello termico), della batteria e della centralina elettronica, dispositivi che non potranno superare le due componenti per ogni Campionato. Lo scopo di tutto questo? Una riduzione drastica dei costi, che in questo modo, tuttavia, si concretizzerà proprio nell’effetto opposto. Se a livello aerodinamico le differenze rispetto ad oggi non saranno troppo evidenti, dal momento che le monoposto 2018 avranno a disposizione l’HALO e perderanno le T-Wing, per quanto riguarda il lato dei motori le cose potrebbero portare presto in un vicolo cieco. Ad oggi, infatti, l’unico motorista in grado di interpretare al meglio la tecnologia turbo-ibrida è stato la Mercedes, che ha raggiunto, tra l’altro, un livello di efficienza endotermica al banco pari al 50%. Tutti gli altri Costruttori, invece, pur di rimanere al passo con lo sviluppo sono andati incontro a degli inevitabili problemi di affidabilità: la prima è stata la Honda, che con le sue fragilissime power unit ha messo praticamente in ridicolo un team storico come la McLaren. A seguire si è presentata all’appello la Renault, la quale tuttavia ha presentato degli inconvenienti che sono stati sapientemente gestiti nella loro risoluzione sia da parte del team ufficiale che nei confronti della partner Red Bull, che monta il propulsore marchiato Tag Heuer. Infine, la Ferrari, che negli ultimi appuntamenti asiatici ha dimostrato sì di avere una monoposto veloce tra le mani… ma allo stesso tempo fragilissima, che ha ceduto prima per dei condotti in carbonio poco resistenti e poi per una candela che, sul più bello, ha sventolato bandiera bianca. La verità? Fino ad oggi la tecnologia turbo-ibrida è stata il tallone d’Achille di quasi tutti i costruttori del Circus, per cui la volontà di allungare la vita delle power unit 2018 costringerà a un ulteriore sviluppo ancora più costoso che in passato. Per il 2021, invece, il cambio di regolamento dovrebbe portare un po’ di respiro: l’idea di base è quella di semplificare, stavolta sul serio, la complessità dei sistemi presenti sulle attuali monoposto, togliendo innanzitutto l’MGU-H (il motore elettrico che recupera il calore del turbo) e sostituendolo con una seconda turbina. Questo, però, rappresenterebbe un forte passo indietro che andrebbe a forte svantaggio di coloro che hanno investito decine di milioni di Euro in questa tecnologia, prime tra tutte Mercedes e Ferrari. In poche parole, la volontà è sempre quella di abbattere i costi, ma con la tecnica della Formula 1 attuale questo è praticamente impossibile, nonostante i mille tentativi da parte dei motoristi e della FIA. Con le ultime modifiche, quindi, si sta imboccando un vicolo cieco. L’unica soluzione? Tornare a sistemi più semplici, ma non tutti sono disposti a buttare nel cestino così tanti anni di sviluppo… Tags: 2017, FIA, Mercedes AMG Petronas, Scuderia Ferrari