Credits: Mercedes Press Area

Contenti tutti, o quasi. Forse Abu Dhabi 2016 passerà alla storia come una di quelle gare che hanno messo d’accordo migliaia di tifosi, senza rancori e felici per un pilota in grado di conquistare la simpatia di molti.  Nico Rosberg è uno di questi, perché oltre al sorriso smagliante e al suo aspetto da “Britney” porta con sè una storia di resilienza e difficili prove, finalmente superate.

Il nome Rosberg tra gli iridati c’era già, ma 34 anni dopo Keke, Nico lo ha riportato in alto a 10 anni dal proprio debutto in Formula 1 dopo essersi fatto strada nel karting, in Formula BMW, Formula 3 Euro Series, GP2. La pista e il paddock per lui sono sempre stati un nido, un habitat naturale che ha fatto da sfondo alla sua crescita personale e professionale. Il motorsport, però, è un universo in cui persona e professione si fondono, scavando nell’essenza dell’individuo che segue la propria vocazione.

Nico Rosberg ha talento, da vendere. Quello che intendo non è tuttavia la capacità di tradurre le potenzialità in prodezze sull’asfalto, ma la forza di indebolire il nemico con la perseveranza e saper cogliere l’attimo. Indubbiamente la dose di genialità non raggiunge i livelli di Michael Schumacher e Lewis Hamilton, che la sorte gli ha gentilmente posto accanto in Mercedes; eppure è riuscito a sfruttare le occasioni e contemporaneamente migliorarsi come pilota.

La sfida accettata nel 2010 con l’ingresso della Mercedes, che lo ingaggiò insieme a Schumacher, è stata una prova più mentale che fisica. Di fatto Nico ha mostrato maggiore competitività rispetto al Kaiser alle prese con la Mercedes, dalla quale era atteso un livello di performance più alto. Da subito presentato come l’eterno secondo, nel complesso si è rivelato un pilota non destinato a rimanerlo, sebbene contro di lui resistessero strenuamente le convinzioni e la consuetudo secondo cui “Chi è 7 volte campione, è intoccabile”

Evidentemente il destino ha voluto schiaffargli un fardello di entità appena leggermente minore: Lewis Hamilton. Nel 2013 la Mercedes, nettamente in crescita, ha vinto delle gare con entrambi per poi trasformarsi nella dominatrice assoluta l’anno successivo. L’era turbo avrebbe portato la firma della casa di Stoccarda, che era ormai nella condizione di portare alla vittoria i suoi due alfieri e l’ago della bilancia pendeva già verso Hamilton a inizio stagione.

I pronostici hanno ben presto fatto precipitare Rosberg nell’ombra. Ed effettivamente a poco a poco in ombra ci è finito davvero tra problemi tecnici ed errori, nonostante nel 2014 abbia battuto Lewis in qualifica e il mondiale sia rimasto aperto fino ad Abu Dhabi per i doppi punti. Il 2015 non è stato diverso e anzi, dal punto di vista della spettacolarità, si è rivelato peggiore dell’anno precedente, oltre al rapporto tra i due compagni di squadra, che è andato raffreddandosi. La lotta al titolo è stata ancora più serrata e si è conclusa con tre gare di anticipo per la gioia di Hamilton.

Quest’anno, invece, Nico ha detto “No”. Una combinazione di fattori, tra cui una maturità e una sicurezza inaspettate, ha favorito la vittoria di Rosberg, finalmente libero da problemi tecnici. Il karma sembra essersi stabilizzato e Nico, come un artista, è stato libero di esprimersi con piede destro e mani sicure contro le convinzioni di chi non lo riteneva abbastanza.

Nel 2016 ha combattuto con le sue armi preferite: la pazienza e la resilienza. Il non arrendersi mai, il non allontanarsi dalla propria identità e la propria intelligenza lo hanno portato nell’albo d’oro tra l’approvazione di tifosi stanchi della dominazione ingiusta di Vettel e della monotonia Hamilton.