Formula 1 | Lauda, il coraggio di combattere la morte

Niki Lauda non c’è più. Lei stavolta ha vinto, dopo che Niki era riuscito a prenderla in giro tante volte.

Lei, la morte, colei che Niki aveva già sconfitto una volta, in quel terribile incidente del 1976 al Nurburgring.

Ne uscì col volto segnato, testimonianza di un uomo duro e vero, che timore non aveva a mostrarsi per quello che era.

Lo fece subito, tornando in pista 42 giorni dopo, a Monza, obbligando la Ferrari a schierare 3 monoposto, ottenendo un miracoloso quarto posto.

“Preferisco avere il mio piede destro che un bel viso”, disse in una delle sue più celebri frasi. Senza paura di mostrarsi appunto, senza paura di rinunciare alla lotta per il Mondiale in quel Gp del Fuji che consegnò il Mondiale a James Hunt. Insegnandoci, ancora una volta, che la più grande forma di coraggio delle volte può essere mostrare le proprie paure per quelle che sono.

Tre i suoi titoli Mondiali (1975, 1977, 1984), 25 vittorie, 177 GP disputati. Un’eredità lasciata che però va oltre i semplici numeri, compresa una tristezza infinita nel sapere che non sarà più nel paddock, lì a commentare i piloti della sua Mercedes piuttosto che quelli della sua ex amata e odiata Ferrari.

Già, la Ferrari. Le vittorie, le sconfitte, il rapporto difficile con Enzo, l’amicizia con quel Clay Regazzoni che gli insegnò a vivere in maniera positiva, come Lauda ammise tempo fa.

“Mollare è qualcosa che un Lauda non fa”: sono sempre parole sue e noi, siamo certi, non ha mollato nemmeno nei suoi ultimi giorni di ricovero, finché Lei non ha vinto.

Per stavolta.

Ciao Niki, ci mancherai.