Formula 1, intervista ESCLUSIVA a Helmut Marko «Kvyat non ha retto la pressione. Lavoreremo per migliorare la F1»
Helmut Marko, gran capo, insieme a Dieter Mateschitz, della Red Bull Racing, intervenuto alla celebrazione della centesima edizione della Targa Florio, ha rilasciato un’intervista in esclusiva al nostro sito e ci ha dato la sua visione delle corse, la sua personale visione dell’odierna F1 e ci ha spiegato perché il team austriaco sia ricorso alla clamorosa mossa di scambiare i sedili di Verstappen e Kvyat a partire dal Gp di Spagna. Prima di addentrarci a pieno nell’intervista, vediamo di delineare il profilo umano e agonistico di Helmut Marko, grande amico di Jochen Rindt. Fu proprio quest’ultimo ad avviarlo nel mondo delle corse. A partire dal 1969 è già un pilota rinomato all’interno del mondo dell’endurance e, qualche anno dopo, per la precisione nel 1971, coglie il suo più grande successo: la vittoria alla 24 ore di Le Mans al volante della mitica Porsche 917. Un anno dopo, ecco che l’Alfa Romeo decide d’ingaggiarlo per correre proprio la classica siciliana, la Targa Florio. Quell’anno, nel 1972, giungerà secondo alle spalle della Ferrari 312 PB di Merzario-Munari. La sua carriera da pilota, però, terminò un anno dopo, durante il Gp di Francia di F1 del 1973, un sasso sparato dalla vettura di Emerson Fittipaldi trapassò la visiera del casco dell’austriaco e lo ferì in modo indelebile all’occhio. Ma noi vogliamo riprendere la sua storia tornando a quel lontano 1972, alla sua magica rimonta lungo le strade delle madonie.
Marko, come si sente ad essere tornato a Cerda tanti anni dopo la sua esperienza alla Targa Florio?
«È un’esperienza fantastica, è estremamente emozionante. Rivedere le strade in cui ci sfidavamo a più di 300 all’ora, le tribune ed i box di Cerda restaurati e, soprattutto, il tanto pubblico, il calore della gente, è semplicemente fantastico. In fondo, l’automobilismo è anche questo ed è proprio questo quello che manca all’attuale F1»
In questa fantastica rievocazione del glorioso passato della Targa, lei oggi tornerà a guidare l’Alfa 33 barchetta con la quale giunse secondo nel ’72. Che differenze ci sono tra le attuali vetture di F1 e i prototipi che guidava lei?
«Beh, (accenna ad un sorriso) le vetture di adesso non hanno niente a che vedere con quelle che guidavamo noi. Tanto per iniziare le attuali F1 non hanno neanche il pedale della frizione! E quel pedale, te lo posso assicurare, nelle auto da corsa era davvero duro. Negli anni ’70 non c’erano aiuti alla guida, non c’era comfort. Il cambio non era al volante e dovevi spesso guidare con una mano sulla leva e l’altra sul volante. Le vetture erano molto più esigenti dal punto di vista del fisico del pilota. Inoltre la sicurezza era decisamente inferiore»
Già, ma dal punto di vista dello stile di guida, vede tante differenze tra l’automobilismo odierno e quello del passato?
«Mah, diciamo che adesso è più facile portare al limite le vetture. Una volta dovevi prima pensare a rimanere in pista, poi iniziavi a pensare come battere i tuoi avversari»
Dato che abbiamo iniziato a parlare dei piloti, parliamo dei piloti Red Bull. Contento della scelta fatta?
«Sì, certo! Siamo super soddisfatti di Ricciardo, è un grande pilota e pensiamo possa fare grandi cose. Se ti riferisci a Kvyat posso dirti una cosa: si è messo da solo un’immensa pressione addosso e alla fine non ha retto. La pressione stava diventando troppo grande per lui. Alla Red Bull aveva il materiale per fare bene così come aveva fatto in alcune gare. Dirottarlo alla Toro Rosso potrà solo fargli del bene. Ora andiamo avanti con Verstappen. Siamo contenti di questa scelta»
All’inizio di quest’intervista, lei ha detto che l’atmosfera respirata qui alla Targa è ciò che manca alla Formula 1. Ha una ricetta per la Formula 1 del futuro?
«Guarda, guardati attorno. Tu stai parlando con me, la gente ferma piloti come De Adamich, Merzario, Vaccarella, Van Lennep e chiede loro degli autografi, vede le auto da vicino, respira la corsa, si fa le foto con il presidente della FIA Jean Todt, insomma, questo è l’automobilismo! E la cosa bella è che è semplice da attuare: basta aprire il paddock! Certo, serviranno sempre con delle limitazioni, però è necessario far avvicinare la gente alle corse. È per il bene della Formula 1 e questo è quello su cui stiamo cercando di lavorare per il futuro»