Formula 1 | GP Bahrain 2018: la Ferrari, brava a fare e scompaginare i piani

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© Scuderia Ferrari, Press Area

Una piacevole sorpresa questa Ferrari in grande spolvero sulla pista di sabbia. Un gioco di parole che da un po’ di dimensione relativamente gli esiti rossi del GP del Bahrain. Una vittoria thrilling, a dir poco, una magia di Sebastian Vettel, soprattutto, anche da taluni reputata quale colpo di fortuna numero due di due. Eppure, più che puntare il dito sulla pulita, meritata, indiscutibile vittoria Ferrari, occorrerebbe guardare in quel di Stoccarda. Brackley, fate voi.

Mercedes. Verrebbe da dire, questa sconosciuta. In Bahrain hanno commesso qualsiasi peccato, anche veniale, costruito dal pensiero, insito nell’animo umano. Una confusione tremenda durante le 57 tornate di gara, in cui le W09 #77 e #44 sono state l’unica nota positiva, nonché esseri pensanti, presenti durante la faida. Parole forti, per i taluni su citati, ma i dati di fatto non lasciano scampo ad interpretazioni di altra natura.

I grigi si sono trovati in lizza per la vittoria allorché crogiolati e protetti dall’idea di una W09 imbattibile su bianca mescola, dalla certezza di avere due fantini vincenti. Già, proprio così, quel Bottas girovago per buona parte del secondo stint di gara, con anche la scusa dei doppiaggi, da piano tenuto in orbita “Cavaliere Nero”.
Quel Lewis Hamilton, al quale avrebbe potuto cedere la prima posizione virtuale, quasi di concerto alla scontata fermata della SF71H #5. Dopo la sventurata, comodissima per le frecce d’argento, uscita di scena del buon Kimi Raikkonen incappato in un pit-stop di quelli no.

Questa la storia perpetratasi dal giro 26 al giro 43 di gara, nel mentre un team radio mandato in mondo visione di Adami Riccardo annunciante il passaggio al “The Plan D”.

Cosa sarà mai questo inedito piano Ferrari? Un depistaggio, certo. Ma a circa una ventina di giri dalla bandiera a scacchi il dubbio diventa sempre più un macigno.
“Ciao Lewis, buona fortuna. Valtteri vallo a prendere, che qui stiamo finendo dalla padella alla brace.”
Troppo tardi. Nonostante la W09 #77 sulla carta come la #44, una uguaglianza insoddisfatta a guardare i due piloti Mercedes.

Eppure, il famoso, ingombrante asino ancora non casca. La stellare condotta del paladino di Heppenheim può solo far invidia ai più irriducibili detrattori. Com’anche, senza una fantastica monoposto, quale è in potenziale la Loria, certe resistenze, incantesimi, non possono riuscire. C’è poco da fare. Questo il problema grosso, imprevisto, per i compari d’armi dell’opposta fazione di Germania. Nonostante, tempi alla mano, Sebastian ha piena coscienza nel sentenziare che alla sua rossa 2018 manchi ancora un qualcosina.

L’inghippo è qui, dietro l’angolo. La pura teoria restituirebbe una SF71H concettualmente superiore alla conservativa W09. Una vettura che parte da lontano, con la SF70H, con quell’idea di monoposto che, evidentemente, per fortuna ed immenso orgoglio, fu appena di striscio covata dal Sig. James Allison. Un mezzo ancora in divenire nelle segrete di Maranello, nelle mani e nelle sensazioni di pilotaggio del “Predestinato”.

Un qualcosa da ricercare nelle parole proferite dal Lord di Stevenage alla vigilia della gara nell’Emirato, costituenti una tesi rivelatasi certa già dal sabato con le qualifiche. Un pauroso pensiero originato quando all’inseguimento dell’allora fortunato rivale rosso, finito dinanzi il muso argenteo della grigia #44 ad opera della VSC all’Albert Park. Quello, il lasso di gara incriminato, ove notò il potenziale di quell’astronave di cavallino rampante marchiata, quella impressionante trazione contribuente al raggiungimento di velocità a fine dritto sorprendenti.

Una piccola dote facente il paio agli attuali difettucci tecnici Mercedes, e si. Affaticata dalla mancanza di olio magico, forse da una non identificata diabolica turbolenza prodotta dal retrotreno della Loria. Un quadro traducentesi in una invisibile perdita di aderenza generale della W09, qualora al cospetto di quella tetra sagoma posteriore rossa. Il tutto, targato Vettel, tangibile nelle esse veloci in appoggio del T2, in quell’ultimo giro di gara su Soft oramai stanchissime dopo il prolungatissimo servizio.

Banale questione di supponenza? Di errori di valutazione? Oppure di lenta, inesorabile mancanza di contromisure? Lo si scoprirà nel corso della guerra, di certo, l’approccio Mercedes allo sviluppo annuale della vettura non sembra seguire l’insegnamento Ferrari 2017. Quel dettagliatissimo piano di sviluppo step by step, di gara in gara, incessante, complicato in attuazione, forse, favorito da una apparente lungimiranza tecnica sempre più consistente.

Or ora arriva la Cina, la terra del Re Nero, lì dove monopolizza tutte le statistiche, lì dove è capacissimo di fare la differenza. Un asfalto temperato che si dovrebbe sposare con il connubio Medium/Soft-Mercedes, una botte d’argento per ristabilire le gerarchie. Per affondare il primo gancio alla sbeffeggiante rivale di rosso dipinta. Sempre che una avversaria invisibile non decida, stavolta, di voltare le spalle proprio al rettore di Shanghai. Quella statistica glorificatrice di Vettel & Loria, tanto a Melbourne quanto a Sakhir.