Formula 1 | 1 Agosto 1976: quando Lauda sfidò il destino
Oggi, l’1 Agosto di 40 anni fa andava in scena uno degli episodi più drammatici della storia della Formula 1: l’incidente di Niki Lauda al Nürburgring.
Negli anni 70′ a dominare è il Rock&Roll: sregolatezza, ribellione, vita al limite. Così come il resto della società anche la Formula 1 ne è contagiata, i piloti sono delle vere e proprie Rockstar in un periodo in cui la morte in pista è un ospite fissa. Niki Lauda è l’eccezione: arrivato nella massima serie grazie a un prestito, avverso alla mondanità, dedito solo al raggiungimento degli obbiettivi. Il suo stile calcolatore fa da contrasto con questo mondo disordinato, per questo è odiato da gran parte dei suoi colleghi, ma allo stesso tempo temuto. Sì perché Lauda è imbattibile, con la Ferrari ha già conquistato un mondiale nel 1975 ed è il favorito per vincere il prossimo.
E’ il 1976 e Lauda sta dominando il campionato con 61 punti in classifica, ben 35 in più rispetto al rivale Hunt della McLaren. Dopo aver vinto 5 volte nelle ultime sei gare, si arriva alla settima tappa del mondiale, il Nürburgring: 23 Km pericolosissimi immersi nella foresta tedesca.
Un manto di nuvole scure copre il circuito: “Wet Race” (Gara bagnata), i semafori si spengono alle 14. Lauda come Hunt, Mass e tanti altri tenta l’azzardo e decide di tenere le slick, le gomme da bagnato.
Al via l’altra Ferrari, quella di Regazzoni si prende la testa della corsa, mentre Lauda parte male e si ritrova ottavo. La pista è umida, anche se in alcuni tratti è già del tutto asciutta. E’ il secondo giro quando la sua Ferrari 312 T2/76 perde aderenza in prossimità della curva Bergwerk, per motivi che non verranno mai chiariti. Il retrotreno della monoposto sfiora il cordolo, Lauda non può fare altro che andare di controsterzo e va così a battere contro la roccia dalla parte opposta della pista, l’impatto è così violento che il casco dell’austriaco vola via lasciando la testa protetta solo dal passamontagna. La vettura poi rimbalza in pista e si gira su se stessa più volte, lo scontro con la roccia ha lacerato la fiancata lasciando il serbatoio della benzina pericolosamente esposto.
La Ferrari oramai distrutta prende fuoco nel bel mezzo della pista: prima sopraggiunge Edwards che riesce ad evitarla, ma non va altrettanto bene a Lunger che la prende in pieno. Gli altri piloti riescono a fermarsi, corrono verso la Ferrari da cui si vedono solo due braccia che si dimenano nell’aria in cerca di aiuto. Lauda è intrappolato in una palla rovente: lui il fuoco e la morte che gli tende le sue mani.
Ertl riesce a procurarsi un estintore, Merzario si getta tra le fiamme e fa scattare il meccanismo delle cinture di sicurezza e alla fine è Lunger che afferra il corpo di Niki e lo porta fuori.
Lauda è sotto shock, sanguina… c’è chi dice che si sia addirittura alzato in piedi e abbia camminato per qualche metro prima che qualcuno lo costringesse a sdraiarsi.
Poche ore dopo la situazione cambia in maniera drastica, i medici informano Marlene: “Non sappiamo se passerà la notte, le consigliamo di chiamare un prete”. Il problema maggiore non sono le ustioni ma i gas che Lauda ha inalato in quell’inferno di fuoco. Niki riesce a sentire le conversazioni tra la moglie e il dottore, non vuole morire e decide di combattere.
Tre giorni dopo è pienamente cosciente e respira autonomamente, il resto sono dolori atroci e voglia di tornare a vivere, tornare a correre.
4 settimane esatte: volto sfigurato, cicatrici che sanguinano a contatto con il casco e un quarto posto a Monza.
Lauda è leggenda.