Ecco la Formula 1 disinteressata alla violazione dei diritti umani

Passano gli anni ma, nonostante se ne parli sempre troppo poco, la situazione resta pressoché immutata. La Formula 1, sempre più interessata agli introiti commerciali, continua a essere sorda nei confronti delle richieste della popolazione bahrenita. Il Gran Premio del prossimo 6 aprile si farà. Questo è quanto ha deciso il governo del piccolo emirato, congiuntamente con Bernie Ecclestone, Patron massimo del Circus, che ha più di una volta affermato come la situazione sia da ritenersi calma e tranquilla. Il piccolo Emirato sta affrontando da tre anni una continua guerra civile che mette gli attivisti e la gendarmeria locale, gli uni contro gli altri. Ma quando arriva la Formula 1, the show must go on, e così quello che viene definito dalle autorità del posto come un affascinante fine settimana di sport e spettacolo, deve prendere il via, passando sopra ogni emergenza umanitaria. L’unica cosa che conta è disputare la gara e rispettare gli accordi.

Ahmed Humaidan sarà uno dei grandi assenti per il Gran Premio di Formula 1. Nonostante la giovane età, appena 26enne, è già un fotografo di fama internazionale e attraverso il suo obiettivo ha fermato in immagini la rivolta che tiene in scacco la popolazione bahrenita da ormai tre anni. Il 26 marzo, Humaidan è stato condannato a 10 anni di carcere, assieme ad altre 25 persone, accusati di aver assaltato la stazione di polizia di Sitra nell’aprile del 2012. Una confessione che secondo gli avvocati deglia ttivisti è stata estorta sotto tortura.

Sono già passati tre anni dall’inizio della rivolta dimenticata. Il 14 febbraio 2011, alla rotonda della Perla, si sono riuniti migliaia di donne e uomini che chiedevano a gran voce giustizia, uguaglianza, diritti e libertà. Alla manifestazione pacifica seguì una repressione durissima che portò a uno spaventoso quadro di violazioni dei diritti umani, tutt’ora in corso. Se effettivamente a Manama, la capitale, la situazione è tenuta sotto controllo, è bei villaggi poco frequentati da stampa e telecamere che vanno in scena le peggiori repressioni tra cacce all’uomo alla ricerca dei presunti terroristi e lancio di gas lacrimogeni che causano gravi problemi respiratori. L’edizione 2011 del Gran Premio non venne disputata proprio a causa dei violenti tumulti, mentre nel 2012, la Force India aveva deciso che non avrebbe preso parte alle prove libere del venerdì per permettere ai propri dipendenti di rientrare anticipatamente in albergo dopo che quattro membri della scuderia indiana erano rimasti coinvolti in scontri tra dimostranti e polizia.

«Sport e politica, due fattori che devono rimanere divisi», commentarono alcuni piloti in conferenza stampa. Un modo per tergiversare sulla questione? L’unica cosa certa è che per il terzo anno consecutivo la monarchia assoluta del Re Hamad bin Issa al Khalifa sta facendo di tutto per fare in modo che l’opposizione non abbia la possibilità di turbare lo svolgimento del Gran Premio del Bahrain, una delle vetrine mondiali più importanti del paese, e allo stesso modo team e piloti sono obbligati a ignorare la violenta repressione e la violazione dei diritti umani perché così vuole lo spettacolo.

Eppure il Bahrain non è il solo paese toccato dalla Formula 1 dove vengono violati i diritti umani e la libertà di stampa. Secondo un recente studio redatto da Reporters sans frontières, oltre alla penisola del Golfo Persico, anche la Cina figura nella lista di quelli ritenuti i Nemici di Internet, tanto da non essere consentito l’accesso a portali stranieri come Facebook, Twitter o YouTube. Una situazione riscontrata proprio l’anno scorso anche dai reporter che seguono il Circus che, una volta a Shanghai, hanno toccato con mano le evidenti difficoltà.

In certi casi risulta davvero impossibile chiudere gli occhi. Cosa dire della situazione in India, dove almeno 60 milioni di abitanti vivono al di sotto della soglia minima di povertà e molti bambini muoiono in tenera età per aver bevuto acqua contaminata o del Brasile che, nonostante sia indicato come il modello da seguire per la sua rapida crescita economica dai quotidiani economici e finanziari, al suo interno porta ancora forti diseguaglianze ed enormi contraddizioni. In tutto ciò non possiamo dimenticare nemmeno la Russia, una delle realtà più vicine alla nostra, geograficamente parlando dove è la legislazione a farla da padrona tra limiti alle proteste pacifiche e legge che circoscrivono i diritti alla libertà di espressione delle persone omosessuali, che incoraggiano atti di violenza omofobica in tutta la Russia.

di Eleonora Ottonello per Wakeupnews.eu