Ecco com’è morto Ayrton Senna: il racconto di chi ha vissuto gli ultimi attimi

Sono passati quasi vent’anni da quel maledetto 1° maggio 1994 che si portò via Ayrton Senna. Il pilota brasiliano ha visto lo spegnersi della sua esistenza in una fredda stanza d’ospedale, italiano, per la precisione stiamo parlando dell’Ospedale Maggiore di Bologna. L’ultima persona che tentò di strapparlo dalla morte fu una donna, la dottoressa Maria Teresa Fiandri, primario del reparto di Rianimazione. Tutto è stato inutile, il pilota arrivò in Ospedale già in condizioni critiche, era in coma e i risultati della Tac fecero capire fin dai primi attimi che le lesioni erano enormi. Solamente un miracolo poteva salvarlo. Era stata la dottoressa Fiandri a darne il triste annuncio in diretta tv. A quasi vent’anni dalla morte del brasiliano, la donna che ha provato a salvare la vita di Ayrton Senna è tornata a parlare di quella drammatica giornata in un’intervista esclusiva rilasciata al quotidiano Libero.

«Quella domenica stavo guardando il GP in tv con i miei figli, appassionati di F1, io non ero di guardia ma ero reperibile. Ho capito subito che l’incidente era molto grave, mi sono cambiata e sono saltata in macchina. Non ho neppure aspettato che mi chiamassero, il bip del cercapersone è suonato quando ero già per strada – ha ricordato la dottoressa Fiandri – Sono arrivata all’ospedale Maggiore contemporaneamente all’elicottero. Ayrton era in coma molto profondo, ma aveva battito cardiaco e prima di esaminare la Tac non si poteva sapere quante speranze reali ci fossero. Che era molto grave lo avevamo capito subito».

Un quadro clinico disperato: «Quando poi abbiamo visto la Tac abbiamo capito che le lesioni erano enormi e inoperabili. Il cervello era così danneggiato. Il resto del corpo era integro, non c’erano altre lesioni importanti. Ayrton ha avuto un’incredibile sfortuna. Bastava un palmo più a destra: non posso dire che non sarebbe successo nulla, ma certamente altri danni significativi sul corpo non ce n’erano». Ha continuato: «Quando arrivò in ospedale Senna era bello e sereno. Ovviamente il viso era un po’ gonfio per il trauma ma ricordo che c’era una persona accanto a me che anche lei esclamò: Quanto è bello».

Uno dei momenti più concitati è stato sicuramente quello in cui è stata costretta a dare la notizia ai media, in diretta tv, in mondovisione perché nel mentre Senna veniva trasportato a Bologna, anche la stampa ha seguito quella che era la stella più brillante del Circus, nonostante a Imola si stesse correndo il GP: «Non avevamo nessuna tabella di marcia per le comunicazioni ai media, come qualcuno ha riportato, così come non è vero che a Senna praticammo 18 trasfusioni. Io credo di aver dato notizie due o tre volte, una di sicuro quando abbiamo visto l’elettroencefalogramma che non dimostrava attività, cosa che oggi consentirebbe di dichiarare la morte, ma allora non potevamo farlo perché per la legge italiana la morte coincideva con l’arresto cardiaco: e finché non si è fermato il cuore, noi non potevamo constatare il decesso – ha specificato la dottoressa – Annunciare la morte di qualcuno è una sensazione brutta per quanto si cerchi di preparare i parenti e condividere il momento ma sempre con un minimo di filtro, altrimenti nessuno riuscirebbe a fare il nostro lavoro. Quelle volte in cui riusciamo a dare buone notizie però ci ripagano. Cosa provo oggi quando vedo Senna in tv o sui giornali? Una sensazione strana, affetto, come se ci fosse un legame. Però non vado mai a riguardare sue foto, perché il ricordo di quel giorno mi crea ancora molta emozione».

Una bel ricordo, nel sua drammaticità. Noi vogliamo regalarvi questa foto, stimolando la vostra immaginazione. Chissà se Ayrton si fosse salvato se la Formula 1 che conosciamo sarebbe la stessa o forse no.