Blog Life Formula 1 Dieci motivi per NON vedere il documentario “Schumacher” 20 Settembre 2021 David Bianucci © michael-schumacher.de ll documentario su Michael Schumacher può commuovere, ma anche lasciare delusi. Dieci motivi per dimenticarsene in fretta Dopo averlo visto, recensito e promosso proviamo a fare l’esercizio inverso. E guardare il bicchiere mezzo vuoto. Perchè in fin dei conti non mancano i motivi per cui questo documentario prodotto in Germania e palesemente voluto dalla famiglia lasci un pizzico di delusione nel pubblico. Magari anche tra i tifosi più appassionati di Schumacher. E’ il destino di ogni opera cinematografica, a maggior ragione quando racconta di un personaggio che ha davvero diviso il pubblico. E la cui lunga carriera comunque rimane davvero difficile da concentrare in un’ora e cinquantadue minuti di durata totale. DAI KART ALLA FORMULA 1: MA NON C’E’ NIENTE IN MEZZO? 1) L’inizio della carriera. Le immagini di repertorio con la famiglia, lo Schumacher ragazzino, le prima gare in kart sono molto interessanti. Ma poi si passa direttamente alla Jordan di Spa ’91. E invece in mezzo ci sono le gare nelle formula minori, un’imperdibile scorrettezza su Hakkinen al Gran Premio di Macao del 1990 e addirittura la 24 ore di Le Mans. Perchè tagliare tutto? © Wikipedia: Michael Schumacher 2) L’esperienza con Mercedes. Ma la parte più importante è la partecipazione di Schumacher al programma Junior della casa di Stoccarda. Con Frentzen e Wendlinger venne formato un team di giovani a cui affidare la vettura che partecipava al campionato Prototipi. Un’esperienza che non può essere tralasciata. Volendo fare i pettegoli, forse le pagine che riguardano Frentzen non sono delle più facili da scrivere visto che Corinna era la sua fidanzata prima di conoscere Michael. I PRIMI ANNI IN FORMULA 1: QUANTI PERSONAGGI TRASCURATI 3) Anche le prime stagioni in Formula 1 non sono particolarmente dettagliate. Michael ha avuto come compagni di squadra in Benetton piloti molto importanti: Piquet, Patrese, Brundle, Verstappen, Herbert. Nessuno avrebbe potuto raccontare qualcosa di veramente inedito? 4) Gli avversari più duri. Oltre a quelle di alcuni compagni di squadra “notevoli” mancano anche le testimonianze di altri piloti, che a Schumacher hanno dato filo da torcere pur guidando macchine non certo superiori. Tre in particolare: Montoya, Alonso, Rosberg. Nel documentario non sono nemmeno menzionati. © Twitter scoopnest.com 5) L’avventura in Ferrari è stata una vera e propria epopea. Anni di sconfitte e poi dal 2000 in poi un’irripetibile serie di successi. Eppure, dopo il culmine di questa vicenda (Suzuka 2000) il resto non viene quasi preso in considerazione. Anche le interviste a Montezemolo, Brawn e Todt sembrano fermarsi alla vittoria del primo titolo. 6) I compagni di squadra in Ferrari sono personaggi pressochè di contorno. Irvine racconta della sua stima per il compagno di squadra, per il suo metodo di lavoro e per la sua bravura in pista. Non si va oltre. E Barrichello? E Massa? IL TEAM FERRARI: ATTORE NON PROTAGONISTA 7) Il legame tra Schumacher e la Ferrari è ben delineato. Si racconta del rapporto strettissimo tra pilota e scuderia, tra Schumi e Todt. In pratica però niente di nuovo. Si sente la mancanza di una voce “dal sottobosco”, di un tifoso, di un personaggio, insomma, meno in prima linea. Perchè era anche tra loro che l’uomo Schumacher riscuoteva simpatia. 8) Le pagine buie: ci sono le interviste a Hill (meno battagliero di altre volte), Hakkinen, Coulthard. Ad avversari insomma, che col tedesco hanno avuto scontri abbastanza vivaci. Ma alcune delle vicende oscure della carriera del campione tedesco sono del tutto assenti. Il “Rascassegate” che fece scandalizzare l’intero mondo del motorsport? Mai successo. L’ATMOSFERA GENERALE DEL DOCUMENTARIO SU SCHUMACHER: TRIBUTO O AGIOGRAFIA? 9) La famiglia è la vera protagonista del racconto. Non c’è dubbio che è la dimensione di padre e marito, quella che prevale nel documentario. E il drammatico epilogo della vita pubblica di Schumacher getta su tutto il racconto un’ombra di grande malinconia. Comprensibile. Mancano un po’ i contributi del padre e del fratello però, nettamente in subordine rispetto a moglie e figli. © Lewis Hamilton Official Instagram 10) A costo di risultare cinici occorre evidenziare che il tono generale del documentario è molto celebrativo. Un’aggettivo più “scorretto”? Beh, melenso. L’accompagnamento musicale è lo stesso per tutta la durata dell’opera, una sonata di pianoforte malinconica e lacrimosa. Questa dimensione evocativa che pervade tutta l’opera ne è la caratteristica più evidente. Se ne conclude che si tratta di un documentario che ha gioco facile nel commuovere i tifosi e avvicinare, ancora di più, gli spettatori al dramma della famiglia. Chi cerca però episodi inediti, retroscena piccanti o testimonianze che fanno pensare “Però…non l’avrei mai immaginato”, non può che restare deluso. E adesso vediamo se vincono i dieci motivi del “Sì” o i dieci motivi del “No”. Comunque “Keep fighting Michael“. Tags: 2021, Corinna Schumacher, Juan Pablo Montoya, Mercedes AMG Petronas, Michael Schumacher, Mick Schumacher, Mika Hakkinen, Scuderia Ferrari Continue Reading Previous Test Pirelli 2022: problemi tecnici in pistaNext Alonso: “Non vorrei essere compagno di Verstappen”