Claire Williams rivela il suo difficile percorso: «Ho dovuto lavorare il doppio per arrivare in Formula 1»

Claire Williams

Credits: formula1.com

La Formula 1 è una categoria per uomini? Sbagliato! Lo conferma Claire Williams, deputy team principal dell’omonima squadra inglese, che si racconta su Der Tagesspiel e descrive la Formula 1 come un universo in cui non regna il maschilismo. Tuttavia rivela di aver dovuto lavorare a lungo e il doppio per raggiungere la sua attuale posizione lavorativa.

Al motorsport si è soliti accostare la figura maschile e negli anni è stato inevitabile che si affermasse l’idea stereotipata che lo sport fosse per il classico “macho”.  «Dipende da come definisci “macho” – ha esordito la britannica – La Formula 1 e il motorsport in generale sono considerati dominati dagli uomini, ma questa è la mera percezione dall’esterno. In più penso che il verbo “dominare” sia la parola sbagliata: semplicemente molti uomini lavorano in questo ambito. Non è un mondo maschile, il 38% dei nostri spettatori è costituito da donne. Se una donna diventasse un brand di testa in Formula 1, sarebbe pionieristico. L’impatto sul pubblico sarebbe enorme.» Claire Williams insiste sul fatto di non aver mai dovuto affrontare problemi di sessismo nel percorso in Formula 1: «Non mi sono mai imbattuta nelle discriminazioni sul sesso. Penso che sia una questione più psicologica. Non perderò tempo a parlare di generi. So e posso fare il mio lavoro come un uomo. Non mi sento inferiore perché sono una donna. D’altro canto però riconosco di essere stata fortunata. Qui è molto diverso da altri ambiti e altre compagnie, dove le donne sono svantaggiate e la differenza tra gli stipendi di donne e uomini è ancora un grosso problema. »

Se dal suo ingresso in F1 nel 2002 la discriminazione non è stato un problema per la 39enne britannica, perché ha dovuto lavorare così tanto? «La ragione per cui ho dovuto lavorare il doppio è perché sono la figlia di Frankha risposto– Non mi voleva nella compagnia, non voleva che si parlasse di nepotismo. Le persone non dovevano dire: guarda, Frank regala le posizioni lavorative ai figli. Ho dovuto dare la prova di essere all’altezza del mio ruolo.»

Grazie a questa testimonianza, lungi da strade spianate o scorciatoie, Claire Williams è un solido modello da imitare per molte ragazze che desiderano impegnarsi professionalmente in settori in cui sono in minoranza. La vice presidente Williams desidera infatti promuovere il reclutamento delle donne nel motorsport e si è presa l’impegno di divulgare questo messaggio di forza, emancipazione e valorizzazione del talento. «Trovo che essere una fonte di ispirazione sia importante. Voglio supportare e incoraggiare le donne ad entrare nel motorsport. Avendo tale responsabilità, presenzio nelle scuole e nelle università per parlare con le ragazze, gli sponsor e i forum sulle professioni, di cosa sia essere una donna nel mondo delle corse. Mi sono prefissata l’obiettivo di portare più donne in Formula 1, ma in fin dei conti l’importante è che i nuovi assunti siano le persone giuste per il progresso della squadra, indipendentemente dal genere.» 

A corroborare la tesi della Williams sul sesso della forza lavoro, è un esempio sull’interazione tra i colleghi: «Se voglio andare a parlare con Monisha Kaltenborn, le parlerei non perché è una donna, ma lo farei come con Toto o Christian Horner.»

Un altro ruolo delle donne in Formula 1, ben più lontano dal successo di una squadra è ricoperto dalle grid girls. Queste ultime costituiscono un aspetto chiave nell’estetica del motorsport, ma sono ultimamente state rimosse nel FIA WEC e rimpiazzate con i grid boys. Lo stesso tentativo era stato eseguito in via sperimentale al GP di Monaco. Claire Williams si dimostra piuttosto disinteressata a questo tipo di figura, da molti vista come sminuente, ma non la boccia e conclude esprimendo il proprio parere: «Le grid girls hanno una grande tradizione negli sport motoristici. Non so se sia necessario bandirle. Perché mai dovrebbe essere un’immagine obsoleta delle donne? Queste ragazze non sono mica costrette a fare le grid-girls, giusto?»