Cannabis terapeutica, migliaia di pazienti diventano automaticamente “tossici” | Cure sospese per tutti
L’introduzione del nuovo Codice della Strada ha suscitato un acceso dibattito sulla posizione dei pazienti che utilizzano la cannabis terapeutica
La questione della cannabis terapeutica e del nuovo Codice della Strada è un tema di grande attualità e complessità. La normativa, eliminando l’articolo 187 che prevedeva la possibilità di dimostrare uno stato di alterazione psicofisica, ha creato un vuoto legislativo che mette a rischio i diritti di una categoria di cittadini che si affida a questa terapia per migliorare la propria qualità di vita. È necessario un confronto aperto e costruttivo tra tutte le parti coinvolte, al fine di trovare una soluzione che tuteli i diritti dei pazienti, senza compromettere la sicurezza stradale. In attesa di una modifica legislativa, è possibile che si assista ad un aumento delle cause legali da parte dei pazienti che si vedono negare ingiustamente il diritto di guidare.
Distinzione tra stato di alterazione e stato di ebrezza
Uno dei punti cruciali della questione è la distinzione tra stato di alterazione e stato di ebrezza. Nel caso dell’alcol, la presenza della sostanza è sufficiente per configurare il reato, indipendentemente dai sintomi manifestati. Per la cannabis, invece, gli effetti sono più soggettivi e dipendono da numerosi fattori, come la dose, la frequenza d’uso, la tolleranza individuale e il tipo di prodotto utilizzato. Il nuovo codice, equiparando in modo semplicistico la positività al THC alla guida con lo stato di ebbrezza alcolica, non tiene conto di queste differenze. Di conseguenza, un paziente che assume cannabis terapeutica a dosaggio terapeutico e non presenta alcun segno di alterazione psicofisica rischia di incorrere nelle stesse sanzioni previste per gli stupefacenti.
La battaglia dei pazienti
Le conseguenze di questa normativa sono molteplici e preoccupanti. Molti pazienti potrebbero essere scoraggiati a denunciare l’utilizzo terapeutico della cannabis, temendo di subire sanzioni penali e amministrative. La paura di perdere la patente potrebbe costringere i pazienti a rinunciare a svolgere attività quotidiane essenziali, come recarsi al lavoro o a visite mediche. Secondo le associazioni di categoria l’equiparazione tra uso terapeutico e uso ricreativo rappresenta una forma di discriminazione nei confronti dei pazienti, che vengono privati di un diritto fondamentale come quello alla mobilità. Inoltre, è probabile che le associazioni dei pazienti intensifichino le loro azioni di sensibilizzazione e di pressione politica, al fine di ottenere un cambiamento normativo. In definitiva la mancanza di chiarezza normativa crea un clima di incertezza sia per i pazienti che per gli operatori sanitari e quelli della polizia stradale.