Tecnica Formula 1 – La scalata delle power unit verso i 1000 cavalli

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Il nuovo regolamento tecnico introdotto a partire dalla stagione 2014 di Formula 1 ha sancito precisi limiti riguardo il consumo carburante. Per quanto tutti i tifosi ormai siano a conoscenza del limite di 100kg utilizzabili durante l’arco della gara, le norme prescrivono un ulteriore limite, ai più sconosciuto purtroppo, ma assai determinante sulle prestazioni complessive delle attuali power unit.

Per l’esattezza (il regolamento tecnico è disponibile sul sito della Fia) :
5.1.4 Fuel mass flow must not exceed 100kg/h.
5.1.5 Below 10500rpm the fuel mass flow must not exceed Q (kg/h) = 0.009 N(rpm)+ 5.5.

Questi due articoli, tradotti e semplificati, indicano che la portata in massa del carburante non deve eccedere i 100kg/h sopra i 10.500 giri motore, mentre al di sotto di tale regime di rotazioni essa deve mantenersi nei limiti della funzione lineare Q = 0,009 N + 5,5, dove per l’appunto, Q è la portata in massa ed N sono i giri motore.

Come spiegato da Fabrice Lom, ex ingegnere Renault e artefice per la Fia del nuovo regolamento, tale vincolo fu imposto per un motivo molto semplice.
Nella precedente era dei motori turbocompressi, i mitici anni ’80, la pressione del turbo era stata limitata dalla Fia con l’introduzione della valvola waste-gate. Ad una certa pressione di sovralimentazione la valvola era tarata per aprirsi, impendendo il raggiungimento di determinate potenze. In gara, inoltre, il quantitativo di benzina utilizzabile era vincolato dalla capacità del serbatoio, fissato anch’esso per regolamento. Questo poneva un certo tetto alla potenza dei motori la domenica, in quanto chi “spingeva” molto era prima o poi costretto a gestire i consumi, pena il ritrovarsi senza carburante prima della bandiera a scacchi. Il tutto era a discrezione dei singoli team e della loro strategia di gara. Questo discorso, però, non era del tutto valido per la qualifica. Infatti, nel giro singolo si poteva “drogare” il propulsore con quanta benzina si voleva, col solo limite della pressione del turbo, e ciò faceva sì che ci si riuscisse a spingere tranquillamente oltre i 1000 cavalli, come tutti i fan nostalgici ben ricordano.

Il regolamento varato nel 2014 non pone alcun limite alla pressione del turbo. Ciò significa che, teoricamente, si potrebbero raggiungere potenze elevatissime (ben oltre i 1000 cavalli), col solo limite dato dalla resistenza strutturale dei componenti del propulsore e dei 100 kg utilizzabili durante la gara.
Quindi, facendo un esempio molto semplice, se si ipotizzasse una gara della durata di 50 giri, il consumo ideale consisterebbe in 2kg di benzina al giro. Senza limiti alla portata ogni pilota/team sarebbe libero di gestire questo quantitativo giro per giro. Si potrebbe eccedere nella prima fase di gara, spingendosi a 2,5 kg al giro e scalando verso le alte potenze, per poi amministrare nella seconda fase di gara consumando 1,5 kg al giro e attestandosi a potenze inferiori. Nulla vieterebbe ad un rivale di seguire una strategia inversa, o di accelerare in determinate fasi e rallentare in altre, a seconda della gestione gomme e della posizione e strategia dei propri contendenti. Ciò porterebbe a ritrovarsi con monoposto che viaggiano a velocità sul giro molto diverse tra loro.
Ed a detta proprio di Lom in persona, gli articoli 5.1.4 e 5.1.5 sulla portata in massa sono stati voluti proprio per evitare questa situazione, che potrebbe rivelarsi molto pericolosa per la sicurezza in pista.

Importante notare come la formulazione dei due articoli non faccia distinzione tra qualifiche e gara, indicando che i 100kg/h devono essere rispettati durante tutto l’arco del weekend. Pertanto, l’utilizzo dei cosidetti “manettini da qualifica” in grado di fornire al pilota tutta la potenza disponibile per il giro singolo è in realtà un concetto relativo, essendo con questa intesa non tutta la potenza erogabile dal propulsore, ma quella ottenibile rispettando la portata massica prefissata. Un errore di valutazione commesso da molti osservatori inattenti.
E’ su questa norma, quindi, che si infrangono i sogni non troppo reconditi di tutti quei fans che auspicano delle power unit in grado di erogare potenze superiori ai 1000 cavalli. Un limite voluto per la sicurezza in pista, ma che comporta una pesante intromissione della Fia stessa nella libera scelta di impostazione della propria gara da parte dei team.

A questo punto non bisogna dimenticare la proposta avanzata dalla Mercedes alla Fia a Marzo, quando ipotizzò di concedere a tutti i motoristi rivali un surplus di 2kg/h, innalzando così la portata limite a 102kg/h sopra i 10500 giri. Questo avrebbe consentito a Ferrari, Renault e Honda di ottenere “gratis” circa 20 cavalli in più.
La proposta è stata poi ovviamente bocciata, ma ci indica chiaramente come ogni incremento di 1kg/h in più sulla portata massica corrisponda ad un guadagno netto di circa 10 cavalli.
Pertanto, siccome per il 2017 è già stata deliberata una modifica all’articolo 5.1.4 che innalza a 105kg/h il tetto sulla portata massima, facendo due conti è possibile dedurre che si avrà un aumento di una cinquantina di cavalli in termini di potenza disponibile, a cui farà, però, da contraltare l’incremento delle potenze resistenti dovute alla maggior superficie di rotolamento dei nuovi pneumatici e alla maggior resistenza all’avanzamento opposta dai corpi alari maggiorati.

Tutto questo discorso (e tutta la regolarità della competizione) è retto dal tanto vituperato flussometro, o debimetro che dir si voglia, il cui compito è quello di misurare la portata di carburante. Risulta ben evidente come qualsiasi sforamento al tetto dei 100kg/h, anche per brevi istanti al giro, possa fornire un surplus di potenza che si traduce in un guadagno di decimi sul giro su rivali plafonati dal vincolo della portata massica. Una zona grigia su cui lavorare che può fornire un vantaggio molto più proficuo ed immediato rispetto a quanto non possa garantire il limitato affinamento dell’aerodinamica della monoposto.
Ad oggi tutte le monoposto montano un flussometro ad ultrasuoni prodotto dall’inglese Gill Sensor. Uno strumento da alcuni criticato per i propri limiti, in quanto molto sensibile alle vibrazioni interne ed alle variazioni di temperatura.
E occorre ricordare che il debimetro fu scartato dalla stessa Fia negli anni ’80 a favore dell’adozione di serbatoi con una capacità massima uguale per tutti, in nome di una maggiore certezza del rispetto del regolamento e di trasparenza della competizione.