senna mclaren

Credits: f1i.com

A 26 anni dalla scomparsa di Senna, Ramirez rivive l’epopea del brasiliano alla McLaren, segnata, nelle prime due stagioni, dalla rivalità con il pilota francese

Se c’è un personaggio che meglio di tutti può descrivere Ayrton Senna pilota e uomo è Jo Ramirez. Team principal e coordinatore della squadra McLaren durante gli anni della rivalità con Alain Prost, Ramirez ben presto divenne amico del pilota brasiliano, con il quale diede vita a un rapporto idilliaco, terminato tra le lacrime di Adelaide ’93, il giorno dell’ultima vittoria di Ayrton. Alle colonne del sito iberico soymotor.com, Ramirez ha ripercorso la parabola di Senna alla McLaren, condensata dai tre titoli mondiali, i veleni di Suzuka (’89 e ’90) e la fase calante del ’92-’93, quando il brasiliano si ritrovò fuori combattimento contro le imprendibili Williams dotate delle sospensioni attive e del super motore Renault.

Cominciamo dal 1988. Senna arriva alla McLaren dopo tre stagioni in Lotus. Il suo palmares è ancora scarno: 6 vittorie, 2 per stagione, contando però che la vettura non era da titolo. Con la MP4/4, la musica è destinata a cambiare, anche se al suo fianco c’è Alain Prost, già campione affermato. “Volevamo Ayrton in McLaren già nell’87 – ricorda Ramirez – ma non riuscimmo a prendercelo. Ci fu un braccio di ferro con la Lotus, sua squadra dell’epoca. Noi offrimmo ad Ayrton molti soldi, ma Peter Warr della Lotus ne mise sul piatto ancora di più, e la ebbe vinta lui. Ron Dennis disse che l’unica consolazione fu che, a quel punto, la Lotus non avrebbe avuto il denaro per sviluppare la macchina…”.

L’ascesa di Senna è rapida, rapidissima. Già a Montecarlo, a inizio stagione, rifila un secondo e mezzo sul giro secco a Prost, a parità di vettura. È qui che emerge il lato mistico di Ayrton, che dopo quel giro racconta di essersi sentito come in un’altra dimensione: “Fece un tempone, una cosa incredibile – rammenta Ramirez – in un tracciato dove Alain era sempre stato il riferimento. Ayrton mi raccontò di cosa provò durante quella performance. Entrò come in un tunnel, fu come se avesse perso il controllo di sé e facesse ogni azione in modo automatico. Disse che a un certo punto gli venne paura e volle fermarsi, invece proseguì”.

Prost capisce subito che con Senna è una storia dura: il brasiliano non vuole batterlo, ma umiliarlo: “C’era un differenza di base tra Senna e Prost – ricorda Ramirez – Alain era imbattibile quando aveva una macchina che gli piaceva al 100%. Lì non lo prendeva nessuno. Ma quante volte ti capita di avere una monoposto che ti dà il feeling che vuoi tu? Su 20 gare, forse in 2 o 3. Quello era il terreno di Alain, ma Ayrton aveva una dote: sapeva andare al limite anche quando la macchina non era come la voleva lui. In quel caso, modulava il suo stile di guida a seconda del comportamento della vettura. E fu quello che fece la differenza.

ROTTURA

Fino a fine 1988, in un modo o nell’altro, la coppia Senna-Prost regge. Ma già a fine anno, a Monza, il Professore comincia a nutrire sospetti di favoritismi nei riguardi del pilota brasiliano: “Eravamo a Monza, pista velocissima e senza grandi frenate – ricorda Ramirez – È sabato, giorno delle qualifiche. Ayrton piazza un tempo incredibile, 1″8 più veloce di Alain. In una pista del genere, è qualcosa di sensazionale, perché in pratica ci sono solo rettilinei. Io credo che Senna fece qualcosa di magico, ma Prost non la pensava alla stesso modo”.

“Alain cominciò a convincersi che non ci fosse parità di trattamento, che la Honda avesse inserito sulla McLaren di Senna un propulsore più aggiornato. Volete la mia opinione? Non lo so, la verità la sapeva solo la Honda. Concordo con Alain che a Monza prendere 1″8 è giustificabile solo se hai un motore inferiore, a parità di vettura. Ma vi assicuro che era una ruota che girava, ossia anche a Prost, in certe occasioni, capitava di diritto il motore più aggiornato.

E arriviamo a Imola ’89, la giornata che segna la rottura definitiva tra i due. Alla McLaren vige un patto: chi transita per primo alla prima curva, non deve essere attaccato. Prost è davanti, Senna dietro. Al primo start tutto ok, ma poi la corsa viene interrotta per l’incidente di Berger. Alla seconda partenza, Ayrton viola il patto. Passa il francese e si invola. Prost, nel dopo-gara, è furibondo. 

“Per Ayrton, era giusto così – ricorda Ramirez, scoppiando a ridere – In quella corsa c’era un patto chiaro, nato in virtù della superiorità della nostra macchina. Eravamo talmente sicuri di vincere che non occorreva rischiare, così stabilimmo che non dovevano esserci manovre di sorpasso del secondo verso il primo durante il giro iniziale. Alla prima partenza andò tutto bene. Poi, dopo l’incidente di Berger, Alain era davanti, ma alla frenata della Tosa Ayrton lo superò… Dopo la gara, Prost era furioso. Ricordo che non voleva salire sul podio, tanto era fuori di sé. Pochi giorni dopo, avevamo in programma un test nel Nord dell’Inghilterra, e parlammo anche con Ayrton dell’accaduto”.

“Ayrton era così: lui doveva convincersi di avere ragione. Ci disse che lui aveva capito che il patto parlava di non superarsi durante la frenata e che lui lo aveva rispettato, perché aveva superato prima della frenata. In realtà, Ayrton passò in frenata. Ma questo era lui: doveva trovare una maniera per dimostrarci che aveva ragione. Quell’episodio ebbe degli strascichi. Alla fine perdonammo Ayrton, ma a quel punto il problema divenne Alain, che a un quotidiano francese rilasciò parole molto brutte verso Ayrton, a cui la cosa non piacque. Ecco, da quel momento la relazione tra i due si era rotta. Eravamo praticamente due squadre separate, una con Senna, l’altra con Prost”.

SUZUKA, TORTI E VENDETTE

E veniamo all’epilogo: Suzuka ’89. In tanti hanno parlato della manovra di Prost, della sua complicità con Balestre, dell’impresa di Senna di ripartire e vincere comunque la corsa, salvo poi incorrere nella squalifica. Ramirez offre uno spunto diverso, e molto interessante, puntando l’attenzione su ciò che fece Prost immediatamente dopo lo scontro con Senna

“Prost ha fatto l’errore più grande della sua carriera a Suzuka nell’89, e gliel’ho anche detto – rammenta Ramirez – Subito dopo l’incidente alla chicane Casio, Senna è ripartito, pur se a fatica, mentre Alain è subito sceso dalla macchina, pur avendo la possibilità di ripartire. Lì Prost ha completamente sbagliato: gli bastava riprendere la corsa, tanto la sua vettura non aveva nulla, e avrebbe vinto facilmente, perché invece la vettura di Senna era danneggiata e infatti poi Ayrton rientrò ai box per sostituire il muso. Se Prost fosse ripartito, avrebbe vinto e non ci sarebbero state polemiche”.

Nel ’90, dodici mesi dopo, la vendetta del brasiliano: “Ma fu orribile, un brutto modo di vincere il mondiale. Lì restai deluso. Avevamo un livello altissimo quel fine settimana, e come team tornammo a casa con un ritiro. Avrei preferito conquistare quel campionato in pista, e non in quella maniera”.

Dopo il terzo titolo del ’91, la McLaren piomba in difficoltà. Prima la mancanza delle sospensioni attive, poi la perdita del motore Honda in vista del ’93. “Sapevamo che la Honda avrebbe smesso con il programma Formula 1 – conclude Ramirez – ma fino all’ultimo speravamo che rimanessero. Anche Ron Dennis fece di tutto per convincerli. Il problema è che nel ’92 avevano esaurito quel vantaggio di cui godevano, e decisero che ne avevano abbastanza. Noi come McLaren ci ritrovammo senza motore. E la partenza di Ayrton fu una conseguenza logica. Ma questa è un’altra storia”